Di recente, molte testate culturali sono tornate ad affrontare il tema “opere realizzate da autori spregevoli”, non nuovo nell’ambito di pittura e letteratura, campi pullulati da personalità con condotte ballerine. Nessuno sa bene che risposta darsi, e di certo non esistono risposte applicabili a tutto. Esistono risposte facili, che non sono quasi mai giuste ma lo appaiono nell’immediato e sono ottime per essere date in pasto a chi invoca, con la schiuma alla bocca, una po’ di sana giustizia.
E la risposta più facile è la censura, una damnatio memoriae senza data di scadenza che dovrebbe raddrizzature tutte le storture semplicemente togliendo dalla circolazione le opere dei colpevoli. Censura è la stessa risposta che si è data DC Comics quando si è trattato di gestire l’eredità problematica di uno dei suoi personaggi più importanti, Capitan Marvel/Shazam. Anche in questo caso, la risposta più facile, la risposta meno giusta.
Preludio: chi è Capitan Marvel?
Capitan Marvel – ufficialmente noto come Shazam dal 2012 – è un personaggio creato alla fine del 1939 da Bill Parker e C.C. Beck, pubblicato per i tipi di Fawcett Publication su Whiz Comics #2. L’orfano Billy Batson viene scelto dal mago Shazam come campione del bene: potrà trasformarsi nell’eroe Capitan Marvel urlando il nome del mago, acronimo per le figure mitologiche Salomone, Eracle (Hercules), Atlante, Zeus, Achille e Mercurio, che rappresentano altrettanti poteri dell’eroe – saggezza, forza, resistenza, potere, coraggio e velocità.
La sua arcinemesi: il dottor Thaddeus Bodog Sivana, uno scienziato e inventore geniale che mira a diventare il padrone dell’universo dopo essere stato ostracizzato dalla società conservatrice, impaurita dall’istanza di progresso che rappresentava Sivana. Tra Marvel e Sivana è assente una dinamica che diventerà standard nel fumetto supereroistico: Sivana è a conoscenza della doppia identità dell’eroe e, invece di sfruttare questo elemento, si impegna a trovare nuovi modi per impedire al ragazzo di dire “Shazam!”.
Whiz Comics #2 vendette mezzo milione di copie e, tempo un anno, le storie di Capitan Marvel furono dirottate sulla nuova testata Captain Marvel Adventures, che iniziò a macinare 1,4 milioni di copie al mese, più di Superman e Capitan America, favoriti dai lettori per il loro spirito gocciolante americanità. La Seconda guerra mondiale strappò Parker dal suo lavoro, e al suo posto arrivò Otto Binder, che inventò i comprimari Rosso Boccalarga (una tigra parlante amica di Billy), la famiglia Marvel e i cattivi Black Adam, Mister Atom, Sabbac e Ibac.
Il costume iconico, la storia delle origini lineare ma non sciocca, la leggerezza delle sceneggiature e lo stile affabile di Beck resero la serie un esempio fulgido di intrattenimento per ragazzi, una versione divertita e divertente di Superman. Molte delle idee più semplici, come il passaggio repentino da Billy a Capitan Marvel, o il fulmine come elemento centrale del character design sono ormai impresse nel DNA della mitologia supereroistica.
«Riuscirono in un’impresa irripetibile» ha affermato Chip Kidd, designer e autore di Shazam!: The Golden Age of the World’s Mightiest Mortal. «Crearono un mondo in cui perdersi, che i ragazzi potevano abitare e sentire proprio».
Seguitissimo dal pubblico, Capitan Marvel fu il primo supereroe a essere adattato per il cinema, nel serial The Adventures of Captain Marvel. La popolarità lo fece piombare in un contenzioso legale con DC Comics, che lo accusò di essere un plagio di Superman. Il personaggio e i suoi comprimari sparirono e tornarono negli anni Settanta proprio grazie alla DC, che li integrò nel proprio catalogo. Da allora è stato protagonista di una serie di rilanci ed è apparso in alcune storie importanti del canone DC (Kingdom Come, Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora) ma sono pochi i fumetti meritevoli a portare il suo nome. Tra questi, ce n’è uno che si intitola The Monster Society of Evil, che però è fuori commercio dal 1989 per precisa volontà di DC Comics. L’editore si rifiuta di ristamparla perché la considera problematica e inadatta ai lettori contemporanei.
La mostruosa società del male
The Monster Society of Evil è una lunga storia a puntata che uscì tra il 1943 e il 1945 su Captain Marvel Adventures #22-46, realizzata da Binder e Beck insieme al disegnatore Pete Costanza.
La vicenda inizia con il giovane Billy Batson che intervista la principessa indiana Dareena Rajabuti per il suo programma radiofonico. Dareena è giunta in America per donare la perla nera agli alleati. Il gioiello permette di vedere e sentire un evento a grande distanza, come fosse una sfera di cristallo, utile quindi per lo spionaggio bellico. La trasmissione si fa strada nello spazio dove ad ascoltarla c’è il misterioso Mister Mind, un essere dotato di «una mente così vasta e potente e malvagia che lo rende più pericoloso di tutti gli eserciti di Hitler».
Mind ha costituito una “società del male” con tutti gli altri nemici di Capitan Marvel (Capitan Nazi, Sivana, Ibac, Nippo) per poter regnare sull’universo. Mr. Mind manda Capitan Nazi, Ibac e Nippo in missione per rubare le perle. Dopo varie vicissitudini che lo portano in India, Africa, Giappone e Polo Nord, Capitan Marvel le recupera e, usandone il potere, scopre il nascondiglio sulla Luna di Mr. Mind. Messo alle strette, il cattivo si dirige con la sua astronave verso la Terra, dove costruisce la sua fortezza in scala ridotta. Steamboat, un amico di Billy, trova il castello, e i due capiscono che Mr. Mind è un essere dalle dimensioni minuscole: un verme, dotato di un apparecchio radio per parlare, un monocolo e fenomenali poteri mentali.
Capitan Marvel sta per schiacciarlo, ma Mr. Mind ipnotizza un piccione e scappa in Germania, dove si allea con Adolf Hitler per fermare la rotazione terreste in modo che la Germania sia sempre illuminata e il buio perenne ottenebri gli Stati Uniti. I due ordinano che armi e cannoni costruiti sulla linea Sigfrido e sulla linea Maginot facciano fuoco in contemporanea, agendo da freno al movimento del pianeta, che così si immobilizza. Capitan Marvel aggancia alla Terra le catene giganti della flotta navale e ripristina il moto.
Mr. Mind fugge in Cina, alleandosi con i dottori giapponesi Smashi, Hashi e Peeyu, membri della Black Dragon Society of Murder. I tre usano la loro invenzione per far levitare la Grande Muraglia e avviare l’invasione delle truppe giapponesi. Capitan Marvel li ferma, ma il dottor Smashi fugge con Mr. Mind in Australia e insieme costruiscono un elicottero a forma di ragno con cui intrappolare l’armata aerea australiana.
Dopo una serie di piani falliti (invadere la Scozia da un’isola artificiale, causare l’eruzione di un gigantesco vulcano nel centro della Britannia, spezzare la Terra in due, iscriversi a una scuola per cattivi, scrivere il libro di propaganda Mind Kampf – parodia dell’hitleriano Mein Kampf) Mr. Mind, senza più risorse o alleati, tenta di uccidere Bill Batson da solo, facendogli inalare etere e fulminandolo con un cavo elettrico, ma viene catturato e condannato alla sedia elettrica per la morte di 186.744 persone (uccise, secondo Billy, durante la sua carriera da criminale), per poi finire impagliato in un museo.
Nell’albo in cui era contenuto l’ultimo capitolo della storia fu incluso un questionario in cui si chiedeva il parere sulla saga («Siete dispiaciuti che Mr. Mind sia morto? Vi piacciono le storie a puntate?»). I risultati del sondaggio non furono mai rivelati, ma quella fu l’ultima apparizione di Mr. Mind nel corso della Golden Age.
Questa, a spanne, la trama di The Monster Society of Evil. Ho tralasciato molti dettagli perché lo sviluppo della vicenda è episodico e frammentario. Ogni capitolo ripropone infatti una minaccia, spesso correlata agli eventi bellici dell’epoca, ma il cui esito non impatta lo svolgimento generale delle vicende, che si concludono in maniera arbitraria.
Inoltre, la saga utilizza meccanismi rodati come i tentativi di Mr. Mind per impedire a Billy di pronunciare la parola “Shazam!” (lo congela, gli tesse sulla bocca un bavaglio di seta…). Insomma, per gli standard moderni, The Monster Society of Evil farebbe arricciare più di qualche naso. Il suo bello è l’inventiva delle situazioni, i disegni lievi ma efficaci e il senso di epicità dato dalla serializzazione durata due anni e dai continui cliffhanger.
«Otto Binder era un genio nel creare le storie, specialmente le storie per ragazzi e in particolare le storie per ragazzi che producevano stupore e meraviglia» ha affermato Michael Uslan, professore e produttore degli adattamenti cinematografici di Batman. «Come scrittore, portò Capitan Marvel al suo massimo. E poi applicò quel tono leggero a Superman, elevandolo allo stesso modo».
Negli anni successivi, Binder avrebbe infatti gestito le storie di Superman nei suoi anni più scanzonati – e, con il senno di poi, più strambi – contribuendo al consolidamento del personaggio come pochi altri autori dopo di lui. Applicando la scrittura vezzosa di Capitan Marvel, d’un tratto si iniziarono a vedere copertine in cui Lois Lane faceva cadere una torta calda di forno sul piede di Superman, comparvero personaggi come Susie – nipotina di Lois – e nemici come Mr. Mxyzptlk, il Giocattolaio o il Burlone.
The Monster Society of Evil fu uno dei suoi sforzi più riusciti ed è la storia più famosa di Capitan Marvel, nonché un esperimento molto innovativo per l’epoca. La storia presentò per la prima volta il concetto di un gruppo di nemici noti che si alleano contro la loro nemesi comune. Fino ad allora, i gruppi di supercattivi erano sempre stati composti da personaggi ex-novo.
Harlan Ellison notò su Alter Ego che «i fumetti all’epoca erano autoconclusivi, senza i cliffhanger tipici dei serial cinematografici. Invece qui ogni capitolo conduceva all’altro in maniera brillante. Rileggevo e studiavo ogni vignetta per vedere se mi ero perso qualcosa in qualche angolino. Il tempo di pedalare a casa e avevo già tutto l’albo impresso nel cervello per l’eternità».
«È una storia importante nel canone fumettistico, perché è la prima di lunghezza così elevata. È l’antenato del graphic novel» ha commentato Jeff Smith, il creatore di Bone, che nel 2007 scrisse e disegnò un remake-omaggio a The Monster Society (pubblicato in Italia con il titolo Shazam. La società dei mostri del male).
Problemi di rappresentazione
Insomma, come storia simbolo del passato del personaggio sarebbe perfetta perché, pur se frastagliata, è una lunga saga che si presta bene alla raccolta in volume. C’è un solo problema che ha impedito la sua riedizione: la rappresentazione dei personaggi africani, afroamericani e asiatici.
Nel secondo, terzo, sesto e ottavo capitolo si vedono caricature razziste della popolazione africana, di un personaggio afroamericano amico di Billy, Steamboat, e dei cattivi giapponesi Smashi, Hashi e Peeyu.
Gli africani e Steamboat sono disegnati nello stile tipico dell’epoca, con tratti somatici esagerati e una parlata caricaturale. Era una prassi comune anche per maestri come Hergé, ma quest’ultimo avrebbe invertito la rotta nei volumi successivi al criticato Tintin in Congo. Come scritto da Michel Serres nel saggio Tintin au Pays des Philosophes, «gli altri diventano non più dei primitivi che devono raggiungerci sul cammino del progresso e della civilizzazione, ma nostri simili nei quali dobbiamo riconoscerci».
In The Monster Society i cattivi giapponesi avevano denti aguzzi, occhiali spessi e modi stereotipati, un trattamento che gli autori non riservarono ai personaggi cinesi, disegnati in maniera dignitosa, a dimostrazione che la caricatura aveva (anche) forti connotazioni politiche.
La rappresentazione offensiva di Steamboat viaggiava invece solo sul piano estetico. Billy trattava l’amico come un suo pari e non si facevano mai riferimenti specifici alla sua etnia. Se da una parte è vero che questo tipo di approccio era un prodotto del suo tempo, è altrettanto vero che già all’epoca la cosa non veniva vista di buon occhio.
In un articolo apparso su Alter Ego #144 Brian Cremins ha raccontato la parabola di Steamboat, che, apparso per la prima volta in America’s Greatest Comics #2 (1942), rimase uno dei membri regolari del cast di supporto fino alla metà del 1945. Smise di comparire grazie agli Youthbuilders, un programma di doposcuola sviluppato da Sabra Holbrook. Un gruppo di ragazzini newyorchesi che frequentavano gli Youthbuilders visitò gli uffici della Fawcett nel 1945 e chiese all’editor Will Lieberson di rimuovere Steamboat, cercando di fargli capire l’impatto che quella rappresentazione aveva sui lettori, bianchi e neri.
Se la storia di Billy parlava del potenziale illimitato dell’immaginazione, perché i lettori si dovevano accontentare di un personaggio come Steamboat? «Al loro meglio», scriveva Mary Jean Kempner su Vogue, «gli Youthbuilders offrivano la prova tangibile che quasi tutti i gruppi, messi davanti a fatti oggettivi e al giusto tempo per valutarli, produrranno una decisione giusta e priva di pregiudizi».
I ragazzi presentarono una petizione firmata da undicimila studenti. Lieberson comprese e acconsentì. Non solo: come riporta Kidd in Shazam!: The Golden Age of the World’s Mightiest Mortal, negli anni Quaranta Fawcett distribuì tra i propri autori una style guide in cui si scoraggiavano gli stereotipi razziali, indicando che le etnie non dovevano «essere ridicolizzate o rese soggetto di intolleranza».
Per la presenza di questi stereotipi problematici, DC Comics ha sempre preferito non ristampare la storia, non senza ripensamenti. Mark Waid, all’epoca del cambio di dirigenza ai vertici DC nel 2009, disse che «da quello che ho capito, in circostanze diverse, DC avrebbe ristampato la storia con l’avvertimento che si trattava di un prodotto dei suoi tempi. Ma con il nuovo assetto di DC Entertainment, penso non sia il momento migliore per quest’operazione».
Nel 2010 un timido annuncio anticipava l’uscita della storia in volume, mai concretizzatosi, e nell’agosto 2018 l’ennesimo tentativo di riportare The Monster Society of Evil sugli scaffali per il febbraio dell’anno successivo è andato a vuoto. Forse perché nemmeno quello era il “momento migliore”, con un film in arrivo e il picco di esposizione mediatica.
«Dopo attente considerazioni, DC annuncia che l’edizione cartonata di Shazam!: The Monster Society of Evil è cancellata a causa dei suoi contenuti» ha scritto l’editore in un comunicato ai distributori. Il volume avrebbe presentato un apparato critico comprendente testi scritti dal critico P.C. Hamerlinck e da Michael Uslan. A oggi, l’ultima ristampa risale al 1989, in un’edizione tirata a 3.000 esemplari.
The Monster Society of Evil si inserisce quindi nell’elenco di opere impubblicabili a causa delle rappresentazioni stereotipate presenti al loro interni. Eppure negli anni Warner Bros. – che controlla DC Comics – ha dimostrato un minimo di apertura mentale sul tema.
Nel 2005 la società assoldò Whoopi Goldberg, un’appassionata dell’arte razzista del Novecento, affinché introducesse le raccolte in DVD dei Looney Tunes e di Tom e Jerry, offrendo il contesto ai cortometraggi più controversi: «Alcuni di questi cartoni riflettono pregiudizi comuni nella società americana dell’epoca, in particolare riguardo al trattamento delle minoranze etniche. Queste battute erano sbagliate all’epoca e lo sono ancora, ma rimuovere queste immagini inaccettabili sarebbe come affermare che non sono mai esistite. Sono qui presenti, invece, per riflettere accuratamente una parte della nostra Storia che non possiamo e non dobbiamo ignorare». E, pur non avendo ancora distribuito in home video i Censored Eleven, Warner li ha restaurati in occasione di una proiezione pubblica al TCM Classic Film Festival nel 2010.
«Ci sono alcuni elementi pacchiani e che non funzionano letti oggi, ma anche cose molto divertenti ed esagerate», ha affermato Jeff Smith, «e poi ci sono cose che oggi non sono… accettabili. Era una questione di ignoranza».
Nel 2011 Jeff Yang commentò il boicottaggio di una proiezione di Colazione da Tiffany, la commedia di Blake Ewards in cui Mickey Rooney interpreta il signor Yunioshi, una versione estremamente stereotipizzata di un asioamericano, che si inserisce nel solco del whitewashing e del yellowface, la pratica di far interpretare un personaggio asiatico a un attore che non lo è (Rooney, per l’appunto, ma anche Jim Sturgess in Cloud Atlas, Emma Stone in Aloha o Tilda Swinton in Doctor Strange, per citare esempi recenti).
Yang raccontò che i suoi genitori, immigrati taiwanesi, videro Colazione da Tiffany come un monito. Il film fece capire loro che avrebbero dovuto combattere una battaglia ben più grande di quella contro la diffidenza che si riserva agli stranieri. Si sarebbero dovuti scontrare contro l’immaginazione americana.
Yang era dell’opinione che questo boicottaggio, benché riportasse alla mente ricordi non lieti, avrebbe prodotto più danni che benefici. Invece che censurare il film, bisognerebbe mostrarlo contestualizzandolo e cogliendo l’occasione per raccontare l’evoluzione di una cultura. «Non possiamo e non dobbiamo togliere quelle macchie dal canone. Non possiamo e non dobbiamo evitare di confrontarci con i lati negativi della storia americana, al contrario dei lati positivi. Nasconderli significa negare il nostro passato razzista e perdere un’opportunità di crescita.»
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