È l’ultimo mese dell’anno e questa è la penultima puntata di Watchmen. La serie ha messo la quinta e gli scorsi episodi sono stati un crescendo qualitativo impressionante. Su internet si stanno tutti divertendo a recensire la puntata parlando come il Dottor Manhattan. La mancanza di originalità mi dilania.
Le positive recensioni della puntata individuano un solo difetto: la sottotrama relativa ad Adrian Veidt, «distante e distaccata dal resto della storia tanto quanto il satellite Europa è distate dalla Terra» scrive il New York Times. In effetti, la stramberia delle scenette con Veidt – che qui trovano una parziale spiegazione – devono ancora ripagare le numerose sopracciglia alzate degli spettatori.
Il precedente capitolo ci aveva svelato il grande colpo di scena dello show, ossia che la protagonista Angela Abar è sposata con il Dottor Manhattan, il quale non ha né le sembianze né la memoria del supereroe ceruleo (ma forse le sue dita sanno comunque di pila elettrica). L’ottavo episodio, Un dio entra in un bar, risponderà a tutti i vostri quesiti. E lo farà con grande stile.
Cosa succede
Durante la VVN (i festeggiamenti per la vittoria statunitense della guerra del Vietnam) del 2009, il Dottor Manhattan entra in un bar di Saigon e si presenta ad Angela, dicendo che la sera stessa sarebbero usciti insieme e avrebbero iniziato una relazione. I due cominciano una conversazione in cui Manhattan racconta a una scetticissima Angela – che lo crede solo uno dei tanti cosplayer dell’eroe che girano durante le VVN – come funziona la sua percezione del tempo, non una linea retta ma un insieme simultaneo di fatti. Egli sta vivendo il passato, il presente e il futuro in un unico momento. Non può, per esempio, sapere quando si è innamorato di lei, perché non esiste un prima e un dopo.
Ha passato gli ultimi vent’anni sul satellite Europa a creare un nuovo paradiso biblico, in omaggio alla sua infanzia. Nel 1936 lui e il padre – un orologiaio ebreo in fuga dalla Germania nazista – erano stati temporaneamente accolti da una coppia di aristocratici in Inghilterra, prima di partire alla volta dell’America. I due, dopo essere stati scoperti dal piccolo Jon a fare sesso, gli avevano regalato una copia della Bibbia. Jon ha ricreato su Europa, il satellite di Giove, un ecosistema che replica quel maniero e l’ha popolato con la sua versione di Adamo ed Eva, la coppia di benefattori della sua infanzia.
Jon spiega ad Angela che può trasformarsi in chiunque e condurre un’esistenza normale con lei: all’obitorio scelgono il cadavere di Calvin Jelani, ma – come in tutte le relazioni di Jon – il distacco alienante e la capacità di conoscere il futuro minano i rapporti tra i due. Alla ricerca di una soluzione, Jon si teletrasporta su Karnak, il rifugio in Antartide di Adrian Veidt, il quale sta mantenendo la pace nel mondo «un cefalopode alla volta», programmando le piogge di calamari.
Veidt, frustato dal fatto che gli umani hanno comunque continuato a costruire bombe atomiche e desideroso di vedersi riconosciuti i suoi meriti, ha la soluzione al problema di coppia di Jon: un dispositivo in grado di cancellargli la memoria. In cambio, gli chiede di essere trasportato nel paradiso di Europa, una vera utopia in cui potrà essere adorato da un esercito di servitori. Prima di utilizzare il dispositivo, Jon si reca da Will Reeves per informarlo dell’esistenza di sua nipote.
Nello stesso istante, Cal sta parlando con Angela nel presente. La donna, che ha rimosso il dispositivo, chiede come il nonno facesse a sapere del passato del commissario Crawford e delle sue connessioni con Ciclope. Jon lo riferisce a Will, che afferma di non conoscere nessun uomo con quel nome. Angela si rende conto di aver instillato in Will l’idea dell’assassinio di Crawford.
Senza il dispositivo, Jon torna a vedere il futuro. Teletrasporta i bambini in un posto sicuro e rivela che fuori da casa loro li aspetta il Settimo Cavalleria, sono armati e hanno un cannone ai tachioni in grado di ucciderlo. Angela rifiuta di ascoltare i presagi del marito e, armata fino ai denti, esce ad affrontare i suprematisti. Cal le dice che è quello in momento in cui si è innamorato di lei. Il Settimo Cavalleria ha dispiegato le sue truppe e Angela sembra sul punto di soccombere, finché Jon interviene e vaporizza i membri dell’organizzazione. Poi si scusa con Angela. Un sopravvissuto del Settimo ha azionato il cannone facendo scomparire Jon. Nel passato, Angela accetta di uscire con il Dottor Manhattan.
In una scena dopo i titoli di coda, Adrian Veidt, dopo essere stato preso a pomodori in faccia dai suoi servi, finisce in prigione. Il guardiacaccia gli fa recapitare una torta, in cui Veidt trova il ferro di cavallo – che la servitù gli continuava a offrire, sentendosi sempre rispondere «questo mi servirà più tardi».
Sotto la maschera (appunti e riferimenti)
- Questa puntata è la cosa più vicina a sperimentare il tempo così come lo vive il Dottor Manhattan, simultaneamente. Anche la miniserie di Before Watchmen dedicata a Osterman era riuscita nell’intento di calarci nella pelle del supereroe, con mezzi diversi ma altrettanto inventivi. È la dimostrazione che il personaggio di Moore e Gibbons è fonte continua di fascino e stupore. Per quanto difficile da maneggiare, quando lo si usa bene dà grandi soddisfazioni. Qui Lindelof e soci sembrano aver capito bene l’ingombro del personaggio. Lo hanno disinnescato e poi fatto esplodere con esiti drammaturgici efficacissimi – io ero di nuovo sull’orlo della commozione, dopo lo scorso episodio (a questo punto sarà mica un problema ormonale? O la magia del Natale ha già ingrandito di due taglie il mio cuoricino?).
- Il titolo originale dell’episodio, A God Walks into Abar, contiene un doppio senso: è l’inizio di una barzelletta e anche il cognome di Angela (Abar). Sospettavo che gli autori, in un esercizio di ingegneria inversa, avessero dato questo cognome al personaggio dopo essersi accorti del gioco di parole. In realtà è stato il contrario, secondo quanto dice la regista Nicole Kassell. Il cognome rimanda infatti a Abar, The First Black Superman, un film blaxploitation del 1977 con protagonista uno dei primi supereroi neri del cinema statunitense.
- Parlando di nomi, quello di Calvin Jelani, il prestanome di Osterman, ricorda il suono di un altro supereroe già citato nello show: Superman, al secolo Kal-El (CALvin JELani). Troppo azzardato?
- Per tutta la conversazione al bar tra Angela e Jon, non vediamo il volto del semi-dio. La regista Nicole Kassell ha spiegato a Polygon che le riprese della scena sono state studiate scrupolosamente, cercando di movimentare un passaggio di sceneggiatura in cui era bandito il primo piano.
- L’episodio si apre con una versione funky di Rapsodia in blu di George Gershwin, e a un certo punto si sente Sul bel Danubio blu di Johann Strauss, e poi Mr. Blue dei Fleetwoods. Devo aggiungere altro?
- Come sospettavamo, Jon spiega che la sua presenza su Marte è in realtà una registrazione frutto di un depistaggio.
- Jon ha passato gli ultimi vent’anni a creare la vita. È ciò che ha detto che avrebbe fatto alla fine del fumetto e ciò che effettivamente lo vediamo fare nella miniserie Before Watchmen: Doctor Manhattan di J. Michael Straczynski e Adam Hughes. In quest’ultima serie, inoltre, veniva rivelato che Jon Osterman era un ebreo tedesco scappato in America, da bambino, durante la seconda guerra mondiale. Lindelof e i suoi hanno rispettato gli eventi narrati nella miniserie, facendo solo una modifica importante: nella serie tv Jon e il padre lasciano la Germania nel 1936, mentre nel fumetto vivranno lì almeno fino al 1938.
- «Un elefantino me l’ha detto» risponde Veidt, quando Jon gli chiede come faceva a sapere che stava creando la vita su Europa. C’entra forse Lady Trieu? Penso proprio di sì.
- Tra i cadaveri dell’obitorio che Angela sottopone al vaglio di Jon ce n’è uno di nome William Heath. Esistono diversi William Heath famosi, ma due in particolari sono degni di nota, nell’ottica della serie: uno è il generale che combatté la guerra d’indipendenza americana, l’altro un vignettista satirico inglese attivo nella prima metà del XIX secolo, fondatore della rivista The Glasgow Looking Glass – guarda un po’, come il nostro detective mangiafagioli preferito. Esiste anche un altro William Heath vignettista, ma si firmava Heath Robinson.
- Come nel quinto episodio, viene ripetuta la frase «Lascio tutto nelle tue mani» (traduzione mia), la stessa con cui si conclude il fumetto. Questa volta è Jon a dirla, parlando con Angela.
- Sulla scrivania di Veidt c’è lo stesso computer che l’uomo aveva nel suo ufficio a New York. Anche l’action figure di Ozymandias è la stessa, nella stessa identica posa.
- Una lettrice affezionata dei recap mi segnala un buco nella trama: il dispositivo cancella-memoria di Veidt era, secondo le parole dell’uomo, il piano A («come amnesia») per sbarazzarsi del Dottor Manhattan all’epoca dei fatti del fumetto. Veidt ha poi optato per un altro metodo (fallimentare), la disintegrazione. Il perché abbia abbandonato il piano A – che, come vediamo, era così efficente – non è dato sapere.
- Un altro lettore, Tommaso, su Facebook, segnala un’easter egg non proprio correttissima da un punto di vista filologico: il bar in cui entra Jon si chiama Mr. Eddy’s Bar. Nel fumetto, durante la VVN, Jon e il Comico (al secolo Eddie Blake) vengono interrotti da una donna incinta che afferma di portare in grembo il figlio di Eddie. Questi, sotto la sguardo distaccato di Manhattan, la uccide a sangue freddo. La donna si rivolge al vigilante chiamandolo “Mr. Eddie” (e non “Eddy”). «In quel frangente» scrive Tommaso, «Blake accusa Jon di stare perdendo la sua umanità per non essere intervenuto in soccorso di uno dei due, mentre qui, dichiarando il suo amore ad Angela, sembra proprio che Manhattan stia ritrovando interesse nel genere umano e la sua complessità».
- L’illustrazione nella Bibbia di Jon è stata realizzata da Dave Gibbons, disegnatore della serie originale (l’ha confermato HBO a Syfy).
- Durante un litigio, Angela rinfaccia a Jon di non aver mai avuto paura in vita sua. Egli replica che ha avuto paura quando è morto nell’incidente che lo ha trasformato in Manhattan. Quando la donna ribatte che il fatto risale a cinquant’anni prima Jon dice: «Angela, il mio corpo si sta smembrando proprio ora». La maledizione di vivere il tempo simultaneamente, in una riga di dialogo. Grande scrittura.
- Veidt legge Fogdancing di Max Shea. Quest’ultimo fu uno dei creativi che aiutò Veidt a elaborare il suo piano per la pace mondiale. Il romanzo è già apparso due volte nella serie tv.
- Se, come me, vi siete chiesti perché hanno messo quella scena dopo i titoli di coda, la regista dell’episodio ha la risposta pronta: «È una cosa strutturale. La storia scorre così perfettamente che quella scena non sarebbe potuta stare in nessun punto della puntata».
- E alla fine, l’uovo è tornato. 🍳🍳🍳 No, non solo è tornato, si è svelato in tutta la sua fondamentale importanza. Tutti quei riferimenti, tutte quelle comparsate, tutti quei camei ora hanno un senso. Quando Angela, durante la prima conversazione con Jon, gli chiede di creare la vita, egli materializza un uovo. Poi, nel momento in cui Angela diventa inavvertitamente parte di un paradosso temporale, Manhattan sorride citando il problema dell’uovo e della gallina, la madre di tutti i dialleli (o, per noi che veniamo dalla campagna, ragionamenti circolari) nonché una delle questioni filosofiche più antiche riguardanti l’origine della vita.
- Questa saldatura tra i temi della serie e il simbolo dell’uovo va festeggiata con un breve excursus storico-culinario sulla cellula gametica più golosa in natura. Pellegrino Artusi, nume tutelare della cucina italiana e autore de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, capolavoro della letteratura culinaria, consigliava di bere uova fresche «alle puerpere e il popolo giudica sia cibo conveniente anche agli sposi novelli o a coloro i quali si sia sciupata la salute nel vizio». Artusi le adopera facendo molte frittate, tranne quelle dolci: odia quelle guarnite con la conserva di frutta. Non si sa perché ma gli non garbano al punto «che quando le vedo segnate sole fra i piatti dolci di una trattoria, comincio a prendere cattivo concetto della medesima». Tra reinvenzioni più famose ci sono il cyber egg di Davide Scabin (tuorlo, vodka e caviale in un guscio di pellicola trasparente) o le tagliatella di solo tuorlo di Ferran Adrià, volto più noto della cucina molecolare.
- Tutto bello, tutto bene, ma resta un solo episodio prima della fine. Riusciranno a chiudere in maniera soddisfacente tutte le trame? Io comunque mi sono divertito abbastanza, per cui anche una conclusione deludente non mi scontenterà. Piuttosto, le lungaggini dei primi quattro episodi mi fanno retrospettivamente innervosire perché avrei voluto tutta una serie fatta di episodi come gli ultimi due. Ma probabilmente senza tutta quella preparazione, l’effetto drammatico di queste puntate non sarebbe stato altrettanto deflagrante.
- Ieri hanno annunciato le nomination dei Golden Globe e i giurati del premio stanno venendo motteggiati per non aver incluso lo show tra i migliori dell’anno, preferendo ruffianate come la seconda stagione di Big Little Lies. Ma Watchmen è stato candidato a due Writers Guild Awards, i premi del sindacato degli sceneggiatori, che insomma, è come scegliere tra un premio votato dai tuoi colleghi – si spera – competenti che valutano la bontà della fattura e uno decretato da un filotto di gente che vuole solo farsi una foto con gli attori del tuo cast – e il tuo cast purtroppo non ha tra i membri Meryl Streep.
Cosa ci dice Peteypedia
Peteypedia, il portale HBO che contiene informazioni sul mondo di Watchmen raccolte dal personaggio dello show Dale Petey, agente speciale della task force anti-vigilanti, ha caricato due testi, entrambi dedicati a Fogdancing, il romanzo che Veidt legge nella scena dopo i titoli di coda.
In un memo, Petey parla di Fogdancing e del suo autore. Si cita il fatto che Shea scomparve a metà anni Ottanta (dopo essere stato coinvolto nel piano di Veidt), insieme ad altri artisti d’avanguardia come il nonno di J.T. March III, lo showrunner della serie American Hero Story. Petey scrive anche delle scoperte fatte nel bunker di Specchio, in cui era stato mandato da Laurie Blake. Specchio leggeva Nothing Ever Ends (un’altra citazione a una frase esclamata da Manhattan), una rivista dedicata a Shea che lo stesso Petey, da giovane, comprava. La testata, nel 2005, aveva organizzato un concorso per il miglior riassunto di Fogdancing, a cui Petey aveva partecipato. Il secondo documento è il testo del riassunto di Petey.
Questi dettagli sembrerebbero un’inside joke sul passato dello sceneggiatore della puntata Jeff Jensen (lo stesso che, stando ad alcune fonti, si è occupato di scrivere questi materiali). In quegli anni Jensen scriveva i riassunti commentati di Lost per Entertainment Weekly.
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