Per la storia del fumetto, il Premio Pulitzer 2018 assegnato a Welcome to the New World, di Jake Halpern e Michael Sloan, segna una tappa importante. Per certi versi persino sorprendente, subito diventato oggetto di dibattito nel mondo del disegno e del fumetto statunitensi.
Come è noto i Premi Pulitzer sono i più importanti riconoscimenti americani dedicati al giornalismo. Tra le varie categorie dei Pulitzer, da quasi un secolo ce n’è una destinata ai disegnatori, ‘Editorial Cartooning’, istituita nel 1922. Negli anni il premio è stato sempre assegnato a caricaturisti o disegnatori politico-satirici – fra i quali maestri come Daniel R. Fitzpatrick, Edmund Duffy, Herbert Block, Bill Mauldin, Rube Goldberg, Paul Conrad, Pat Oliphant, Mike Luckovich – per opere per lo più nel formato della vignetta (single-panel cartoon, in inglese).
Quest’anno, per la prima volta nella storia dei Pulitzer, a vincere sono stati invece il giornalista Jake Halpern e il disegnatore Michael Sloan, che hanno realizzato un vero e proprio fumetto pubblicato online sul sito del New York Times: Welcome to the New World, appunto.
Il loro lavoro racconta le vicende di due fratelli siriani, Jamil e Ammar, fuggiti dal loro paese nel 2012 assieme alla propria famiglia. Dopo un’attesa in Giordania durata quattro anni, sono riusciti a ottenere un visto e arrivare negli Stati Uniti come rifugiati. Il fumetto inizia seguendo le storie di questi rifugiati dal loro giorno d’arrivo negli USA, l’8 novembre 2016, che coincide peraltro con quello delle ultime elezioni presidenziali. La storia si snoda in 20 brevi capitoli che raccontano la quotidianità delle due famiglie, il loro percorso di integrazione nel nuovo paese che li ha accolti, tra difficoltà e incomprensioni, in un viaggio che si divide tra il presente e i ricordi che si sono lasciati alle spalle.
La vittoria di quest’opera è di quelle memorabili perché, sotto vari aspetti, è senza precedenti. Sebbene non si tratti del primo fumetto ad essere premiato ai Pulitzer – in passato lo furono quattro celebri fumettisti: Garry Trudeau (per Doonesbury, nel 1975), Jules Feiffer (per i suoi lavori su The Village Voice, 1986), Berkeley Breathed (per Bloom County, 1987) e Art Spiegelman (per Maus, 1992) – è la prima volta che un fumetto longform, e non una strip, conquista questo riconoscimento nella categoria Editorial Cartooning. La vittoria di Spiegelman, infatti, avvenne attraverso un Premio Speciale “fuori categoria”, istituito ad hoc per premiare il suo capolavoro, ma senza “intaccare” la continuità della sezione Editorial Cartooning.
Le novità di questa vittoria, dunque, sono le seguenti:
- primo fumetto longform premiato nella categoria Editorial Cartooing
- primo webcomic a vincere un Pulitzer
- prima inchiesta di comics journalism a vincere un Pulitzer
- prima opera a più mani, e non individuale, nella categoria Editorial Cartooning
- prima vittoria per un non-disegnatore in questa categoria (Halpern è un giornalista)
- prima vittoria per il NYT in questa categoria (storica eccezione, la testata non impiega “disegnatori fissi”)
Il fatto che in una categoria diciamo tradizionalista, che per quasi un secolo ha premiato in oltre il 90% dei casi i vignettisti, abbia vinto un fumetto – peraltro un fumetto-fumetto, e non una strip – è dunque un fatto storico. Che segnala, una volta di più, l’effervescenza creativa e professionale che continua ad attraversare il fumetto contemporaneo, “in ascesa” all’interno di mondi che molto raramente, in passato, lo avevano incluso nel novero dei maggiori linguaggi espressivi. Vale per la letteratura (con le inedite e discusse candidature ad importanti premi), per l’arte contemporanea (con grandi mostre e iniziative museali, presenza a Biennali, dibattito critico e un vivace mercato delle tavole originali) e per il giornalismo (ne parlavo qui, ma poche settimane fa anche MicroMega ha segnato un punto sull’evoluzione del graphic journalism).
Tra le conseguenze di questa vittoria è utile notare – come ha fatto Michael Cavna sul Washington Post – che, a fronte di qualche perplessità da parte di vignettisti che si sono sentiti bypassati, se non “invasi”, dalla presenza di un fumetto nel loro abituale territorio d’elezione, altri hanno sollevato una proposta: istituire una nuova categoria dedicata proprio al graphic journalism.
La domanda che ne consegue, naturalmente, è: il Pulitzer è pronto a considerare il fumetto uno dei linguaggi del giornalismo odierno, e dunque a tributargli una attenzione maggiore e più regolare? Magari attraverso una nuova categoria ad hoc?
La risposta la vedremo con i fatti. Ma intanto, una notizia nella notizia segnala che la vittoria di Halpern e Sloan ha davvero smosso le acque: Art Spiegelman è stato chiamato dall’organizzazione del Pulitzer come consulente proprio in questo ambito. E all’insegna della convinzione, sua e di tanti fra noi, che sia possibile individuare “una valanga di risultati sorprendentemente significativi nel fumetto degli ultimi dieci anni”, ha promesso di “sottoporre un dossier con un paio di dozzine di altri fumettisti che meritano di essere immediatamente invitati nel club”.
Al giornalismo e al fumetto, insomma, il futuro riserva un percorso sempre più insieme.