Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».
Questa domenica è ospite Rune Ryberg, animatore danese che si è fatto conoscere oltreoceano per il suo fumetto d’esordio Gigant, una frenetica commedia fantasy in cui un ragazzo deve liberare la fidanzata dallo stomaco di un mostro con mille occhi.
Premetto che è stato molto difficile scegliere una pagina perché ce ne sono così tante di belle che mi sentivo in colpa a non sceglierle. In più, non ne preferisco una in assoluto, cambio spesso gusti. A volte David B. cattura tutte le mie attenzioni e un paio di settimane dopo sono posseduti dai lavori di Blutch (che ho scoperto di recente). Ma alla fine ho scelto Akira di Katsuhiro Otomo, forse una scelta facile e ovvia, ma chi se ne frega, i suoi lavori sono incredibili. È un dio dei fumetti e Akira ha esercitato una forte influenza quando ero ragazzino. Significa molto per me.
Scegliere poi una singola pagina da Akira è difficile perché sono tutte belle. Ho scelto questa pagina dal primo capitolo perché è una scena d’azione frenetica in cui i personaggi principali si sono appena conosciuti e sono inseguiti dai militari.
Questa è la versione adattata per la lettura occidentale. Parlando di versioni alternative, ti piace di più a colori o in bianco e nero?
È buffo che tu me lo chieda perché ho scoperto solo da poco che esiste anche la versione a colori e a quanto pare è stata ben accolta. Alla gente sembra piacere molto.
Sì, quello di Steve Oliff è un lavoro storico. È stato uno dei primi a usare il computer nel processo di colorazione.
Io ne ho viste alcune pagine e non so ancora se mi piace o meno. È colorato bene, ma sembra qualcosa d’altro, troppo ripulito e poco ruvido. L’originale in bianco e nero con i suoi retini è così ben fatto, funziona alla perfezione e si adegua bene alla storia. Non vedo ragioni per colorarlo, ne perde più che guadagnarne. Le prime pagine nell’originale sono colorate, non so se da Otomo e se avesse voluto colorarlo tutto ma non se lo poteva permettere. Ma spesso i grandi lavori sono tali grazie alle limitazioni e questo è probabilmente uno di quei casi.
Otomo qualche pagina l’ha anche colorata, come guida per Oliff.
Ma è grandioso! Grazie per l’immagine, spiega un sacco di cose. Il suo appunto sul fondo della pagina – «Non pensarci troppo, colora e basta» – mi rincuora perché è la stessa cosa che cerco di fare i con i miei lavori. Comunque quella vignetta colorata è molto bella, con dei bei colori piatti e un senso vagamente sintetico degli sfondi gialli e verdi. Però preferisco la chiarezza e la semplicità del bianco e nero.
E della pagina che hai scelto tu che dici?
Questa pagina è una dimostrazione di come Otomo sappia gestire le vignette e il movimento nelle sequenze d’azione, una cosa che gli riesce benissimo. Si percepisce la tensione, la suspence e il ritmo. La direzione del movimento e l’energia generale, ma anche molto umorismo. È folle, disperata e selvaggia.
Nelle scene d’azione, Otomo usa queste vignette dinamiche con spazi bianchi non lineari. Aggiunge azione e incornicia il contenuto della vignetta molto bene. È dinamico e ti coinvolge, la percepisci di più, ma non appesantisce la lettura, che è invece l’effetto di molti fumetti con questa impaginazione. Mi piace anche l’ampiezza delle immagine, dona molta velocità.
Non sono un grande appassionato di questa impostazione dinamica, spesso è usata in situazioni irrilevanti e, come lettore, mi confondono perché inizio a pensare perché diavolo le vignette hanno queste forme strane. E mi ritrovo alienato dalla storia. Le vignette dinamiche dovrebbero essere usate con parsimonia e intelligenza, solo quando servono per uno scopo.
Da ragazzino, come reagisti al segno di Otomo? Perché io l’ho letto per la prima volta a tredici anni e mi faceva uscire di testa il fatto che Kaneda e Kaisuke fossero distinguibili solo dal taglio di capelli diverso. Ma forse perché ero un ragazzino un po’ stupido.
Penso anch’io che molti personaggi si assomiglino, specie Kaneda e Kaisuke, ma come dici tu si riesce a distinguerli almeno dai capelli e questo mi sembrava fico perché dovevo rimanere concentrato per seguire la storia.
Akira mi aprì gli occhi. I ero cresciuto con fumetti europei come Tintin, Lucky Luke e Asterix. Poi arrivò Akira e scoprii che i fumetti potevano essere molto di più. Mi propose qualcosa che nemmeno sapevo di volere. Era brutale e divertente, realistico e cartoonesco allo stesso tempo. Mi piace anche che i personaggi cambino abiti nel corso del tempo, è un piccolo dettaglio che rende la storia e il suo universo molto reali.
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