Marvel Comics, New York City. Giovedì 23 e venerdì 24 marzo scorso si è svolta nella grande Mela una due-giornate tra la Casa delle Idee e i rappresentanti di quattordici organizzazioni di rivenditori al dettaglio, provenienti da zone diverse dell’America (e uno dal Canada), tutti nella classifica dei distributori più fedeli della compagnia. All’evento hanno partecipato, tra gli altri, l’Editor-in-Chief Axel Alonso, il vicepresidente senior del settore pubblicazioni Tom Brevoort e il vicepresidente senior delle vendite e del marketing David Gabriel.
Lo scopo del summit: «Ascoltare direttamente dai rivenditori cosa stanno incontrando sul loro cammino e come la Marvel possa lavorare con loro per far sì che nuove forme di comunicazione e tecnologie vengano impiegate per catturare il pubblico casuale». Era la prima volta che un incontro del genere veniva organizzato in vent’anni di attività editoriale.
Il sito specializzato ICv2 ha partecipato al raduno, riportando sul sito gli argomenti del dibattito: i reboot, i continui riazzeramenti di numerazione, i prezzi (controintuitivamente, un albo a prezzo maggiorato di Spider-Man è andato meglio di quelli più economici), le tempistiche, la freschezza delle storie («Rinnovare le promesse, la storia in cui Spider-Man è sposato con Mary Jane, è andata molto bene perché i lettori sembrano voler vedere situazioni che ricordano con affetto»). Tra le tante tematiche affrontate, una in particolare ha attirato lo sguardo della stampa di settore (e non): il tema delle diversità.
Dopo dei feedback negativi riguardo alle vendite di testate rappresentative della diversità, Alonso ha risposto che i vecchi personaggi saranno sempre al centro degli interessi editoriali, anticipando che la prossima iniziativa estiva, intitolata Generations, riporterà in scena alcuni degli eroi classici.
«Stiamo attraversando un periodo nella cultura pop in cui è in atto una grande discussione sull’inclusione e la diversità» ha detto Alonso. «Ma la Marvel non vuole fare politica. Raccontiamo storie del mondo. Credo sia un’estensione di quello che faceva Stan [Lee]. Quando guardo a quello che stiamo facendo vedo storie che sono rilevanti per i nostri tempi. È questa la cosa più importante».
Gabriel e Alonso si sono fatti strada tra i pareri dei rivenditori, a volte disincantati («Importa solo la qualità delle storie. Avete avuto successo con Ms. Marvel o il nuovo Spider-Man perché il materiale era buono»), sfavorevoli («Uno dei miei clienti una volta mi ha detto che non gli dispiace se le storie contengono un messaggio, ma non vuole ricevere una lezione quando legge fumetti») o pragmatici («Guardo ai numeri. Alcuni di questi prodotti, anche per quanto riguarda i film o gli altri campi, che parlano di diversità non fanno soldi. A me interessa solo quello che vende»).
Ci sono stati riscontri positivi di rivenditori che ammettevano che alcuni di questi fumetti, pur non essendo dei grossi successi, hanno portato in fumetteria un pubblico diverso, e di altri che hanno affrontato di petto il vero problema: l’estrema difficoltà di tenere insieme due tipi di pubblico, quelli che seguono i supereroi da quarant’anni e quelli che non li hanno mai letti ma vi si avvicinano grazie alle contingenze. Target diversi che portano con sé problemi diversi. «Io sono l’opposto del mio socio», ha appuntato una commerciante. «Lui legge fumetti da quando ha sei anni, a me non potrebbe importarne di meno se fate ripartire la numerazione ogni sei mesi. Mi bastasolo leggere delle belle storie».
«È cambiato tutto lo scorso ottobre», ha chiosato David Gabriel. «Per tutta una serie di fattori. L’economia generale, in parte, che ha portato la gente a spendere meno nel periodo tra ottobre e novembre» (periodo in cui la Marvel ha registrato una percentuale di vendita molto più bassa rispetto all’anno procedente, ma le cause sono tante, tra cui il fallimento di Hastings, la terza catena libraria statunitense in ordine di grandezza).
Gabriel parla del contraccolpo subito in seguito alla decisione di DC Comics di accettare i resi delle copie invendute dei propri fumetti (del ciclo Rebirth), una mossa inedita in un settore che si è sviluppato proprio su un sistema all’opposto. Secondo il responsabile, le fumetterie avrebbero speso di più, pensando che sarebbero state rimborsate, ma la DC ha tardato nei pagamenti e questo ha ridotto le liquidità disponibili per altri acquisti.
Il vicepresidente afferma che «I gusti sono cambiati», e quando ICv2 gli chiede come sia successo, questi risponde: «È una domanda che va fatta ai rivenditori, che hanno sott’occhio tutti gli editori. Quello che ci stanno dicendo è che la gente non vuole diversità. Non vogliono personaggi femminili. È quello che abbiamo sentito, che ci crediamo o no. Non so se è la verità, ma è quello che ci stanno dicendo le vendite».
Le vendite dei personaggi nuovi, femminili o in qualche modo diversi rispetto al nucleo degli eroi Marvel classici, avrebbero disatteso le aspettative. «Non c’erano segnali che ci stavano dicendo che la gente non voleva più leggere quel tipo di fumetti. Forse abbiamo saturato il mercato. Ma è stato un problema, perché avevamo un sacco di nuove idee che stavamo sperimentando. Niente però sembra aver funzionato».
La dichiarazione è rimbalzata sulle testate di mezza America e G. Willow Wilson, sceneggiatrice di Ms. Marvel, è intervenuta in merito, cercando di raddrizzare le storture del discorso: Ms. Marvel ha avuto successo per una serie di motivi che includono la libertà creativa nei confronti di un personaggio nuovo e non assoggettato a decenni di storie a cui allacciarsi, le basse aspettative e il pubblico sommerso che attendeva di sentirsi raccontare storie sul ruolo della fede tradizionalista nel contesto sociale. Nessun riferimento all’elemento di diversità, invece. «Cancelliamo del tutto quella parola e sostituiamola con autenticità e realismo. Questo non è un mondo nuovo, questo è IL mondo». Non sarebbe cioè la diversità a interessare ma il «forte senso di un luogo, la particolarità. È una distinzione vitale che nessuno sembra cogliere».
Sul discorso delle vendite, la Wilson è altrettanto perentoria e crede che l’accento non sia da porre sulla vendibilità di tutto ciò che è “diverso”, ma sull’ascesa della narrativa young adult nelle librerie di varia: «Se la guardiamo con quest’ottica, i perché sulle cose che vendono e non vendono iniziano ad avere tutto un altro senso. […] Il direct market e il circuito librario hanno preso strade separate. Non si rincontreranno mai più. Dobbiamo accettarlo e andare avanti, e il mercato dovrà fare lo stesso».
Gabriel ha allora corretto le proprie affermazioni, riducendo la portata del commento e prospettando una strategia a lungo termine: «Alcuni rivenditori non erano contenti di questo abbandono dei personaggi cardine, ma la gran parte dei lettori e delle fumetterie sono entusiaste di nuovi eroi come Squirrel Girl, Ms. Marvel, Spider-Gwen e Miles Morales. E vogliamo ancora introdurre nuovi personaggi che riflettano voci ed esperienze nuove dell’universo Marvel».
Vox ha provato a dirimere la questione spiegando che l’affermazione di Gabriel andava incorniciata nel contesto della vendita al dettaglio: a causa dell’impossibilità di restituire le copie invendute, le vendite percepite non sempre corrispondono a quelle reali, e per gli editori diventa difficile capire come va il mercato. E quello delle fumetterie, inoltre, non è più l’unico punto di riferimento. Nei mercati collaterali (il digitale, le raccolte e i canali di distribuzione alternativi) titoli come Ms. Marvel hanno registrato numeri molto buoni, raccogliendo magari minore ritorno monetario ma sicuramente un alto ritorno di prestigio, come dimostrano le recenti candidature ai premi Hugo di Black Panther e Ms. Marvel (e per quest’ultima serie si tratta dell’ennesima medaglia da appuntarsi al petto).