Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».
Questa domenica ospitiamo Walter Baiamonte, fumettista, illustratore e designer. Classe 1987, è autore di L Tiers, (in parte pubblicato anche sulle nostre pagine) ha lavorato per case editrici come Dynamite e BOOM! e fa parte, come colorista, del team tutto italiano che lavora alla serie Mighty Morphin Power Rangers. Come scrive Marco Andreoletti, la sua cifra stilistica è «un mix tra la sensibilità pop, la colorazione – di qualità stratosferica – il dinamismo e la leggerezza della composizione». Baimonte era già stato ospite di “Sunday Page” parlando di un tavola di Jagi – Il fiore malvagio.
Trovo che questa tavola in particolare, sia molto rappresentativa e porti fuori tanti degli aspetti che rendono Battle Royale uno dei manga migliori di sempre.
Nella splash page, vediamo Seto: uno dei protagonisti nell’istante preciso della sua morte. Evento che segue a un toccante momento di risoluzione da parte di Seto. Questi promette al suo miglior amico, Shinji, di mettersi in gioco smettendo di farsi proteggere da quest’ultimo, dando il massimo per superare insieme l’esperienza orribile in cui sono stati messi dal governo giapponese al quale hanno deciso di fare guerra, rimanendo uniti fino alla fine.
L’uso peculiare che Masayuki Taguchi fa delle splash page (e delle doppie splash) per dei primi piani è magistrale: se normalmente l’autore è un maestro dell’espressività, quando decide di dare tanto spazio a dei primi piani, si spinge oltre. È infatti durante queste splash che Taguchi utilizza una tecnica che nell’opera viene praticamente abusata per bloccare percettivamente il tempo in azioni talmente veloci da non essere registrate dai protagonisti stessi: creare un “offset temporale” attraverso le espressioni facciali e un delay alle reazioni dei personaggi.
Prendendo questa tavola da esempio, grazie al primissimo piano sul volto maciullato di Seto, vediamo la sua espressione ancora motivata, sollevata e commossa dalla scena precedente. In questo caso specifico, il protagonista non realizzerà neanche di essere stato ucciso, mantenendo quell’espressione fino alla sua fine, lasciando il ruolo dell’avatar con cui far empatizzare il lettore a Shinji che reagirà non una, ma tre tavole dopo la morte dell’amico per poi realizzare addirittura cinque pagine dopo che lui stesso è stato colpito all’addome dalla scarica di proiettili che ha ucciso Seto.
In Battle Royale, l’azione è talmente frenetica che nel pieno di eventi sconvolgenti i protagonisti hanno sempre espressioni rilassate o addirittura felici. Posticipando le reazioni dei personaggi, Taguchi aggiunge un meta-livello in più a quel senso di precarietà continuo, in una situazione in cui dei compagni di classe da un momento all’altro sono costretti a lottare per la vita contro quelli che fino a qualche ora prima consideravano amici.
Perché hai scelto quest’opera?
Battle Royale è una di quelle letture fuori dal comune che sorprendentemente non riceve le attenzioni che si meriterebbe. Ogni singola volta che lo consiglio agli amici, lo divorano tutto d’un fiato nell’arco di pochi giorni. È come una siringa di adrenalina, e visto che per me l’unico modo di concepire il consumo di videogiochi e fumetti è farlo velocemente, ho voluto cogliere l’occasione per studiarlo meglio, dedicando molto più tempo ad ogni singola tavola (dato che tendenzialmente divoro le mie letture senza soffermarmi minimamente sullo studio dei dettagli).
Ci sono lezioni che, da fumettista, ti sei portato dietro grazie a questo fumetto?
Purtroppo non ho ancora avuto occasione di sfruttare le cose che ho imparato da Battle Royale, adesso fremo per utilizzare questa tecnica sulle reazioni “in ritardo” dei personaggi. Dda un annetto ho in cantiere un soggetto in particolare che sulla moodboard ha due santini enormi: uno è Battle Royale e l’altro Homunculus di Hideo Yamamoto. Spero solo che prima o poi arrivi l’occasione concreta di disegnarla per poter applicare quello che ho imparato.
Ti ricordi come e quando l’hai scoperta?
Ricordo di averlo scoperto alle superiori. In quel periodo la mia lettura media era Tenjou Tenge (Inferno e Paradiso in Italia) e ricordo chiaramente che quando lo sfogliai mi diede l’impressione di qualcosa di stilisticamente old school, ma con un carattere fortissimo e una violenza mai vista prima. Fortunatamente iniziai a leggerlo nel periodo intorno all’uscita italiana del volume 9 (di 12), così non dovetti aspettare troppo per leggere il finale.
Non so se è una connessione mentale che hai fatto o una casualità ma l’altra tavola che avevi scelto mi pare complementare a questa. La composizione è la stessa, solo invertita di polarità. C’è una costruzione circolare, ma gli oggetti invece di andare dal centro della pagina verso lo spettatore, partono dall’esterno e puntano verso il centro, dove sta il volto del personaggio.
È decisamente una bizzarra casualità, probabilmente legata alle mie preferenze compositive: punti di fuga estremi che distorcono l’azione e le prospettive con l’effetto speciale da schiaffo in faccia mi conquistano facilmente!
Oltre alla composizione in comune, entrambe le tavole tirano fuori qualcos’altro di molto personale: il mio amore per i cattivi. Amo il personaggio di Jagi ancor prima dell’ulteriore sfumatura donatagli da Hiromoto nel suo gaiden, ma ho un’adorazione particolare per i due cattivi principali di Battle Royale: Mitsuko Souma (lei semplicemente è Battle Royale), ma ancor di più Kazuo Kiriyama, il mittente dei proiettili che stanno per raggiungere Seto in questa tavola. Dato il mio amore per queste due serie e per questi personaggi, la sola conclusione è un chiaro feticismo per personaggi e autori senza scrupoli.
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