In cinquant’anni di vita Paperinik ha vissuto moltissime avventure, incarnandosi in versioni diverse a seconda degli autori che lo hanno scritto o dei contesti in cui lo hanno calato. Per questo abbiamo preferito fornirvi un “canone paperinikiano”, segnalando quelle che secondo noi sono le migliori storie di ogni fase del personaggio. Una traccia per capire com’è cambiato il papero mascherato, dalle sue origini fino a oggi.
Paperinik il diabolico vendicatore, di Guido Martina e Giovan Battista Carpi, su Topolino n. 706-707 (1969)
Paperino scopre di aver vinto alla lotteria (anche se il vero vincitore sarebbe Gastone) una villa alla periferia di Paperopoli, Villa Rosa, dove trova il costume e il diario di Fantomius, un famoso ladro mascherati che per anni ha derubato i ricchi e i potenti della città. Diventato Paperinik il diabolico vendicatore, Paperino cerca di tirare un brutto scherzo a Zio Paperone, per rifarsi delle angherie passate.
Nella storia sono già presenti alcuni elementi tipici del canone del supereroe – la 313 modificata e le maschere alla Diabolik su tutto – mentre altre caratteristiche fondamentali sono ancora assenti (a partire dalla mascherina, in realtà mancante per un errore nella colorazione. Nonostante il personaggio prenda spunto dal “nero” italiano lanciato da Diabolik (e dalla sua parodia Dorellik), è qui molto forte anche l’influenza del personaggio letterario francese Fantomas.
Di certo Paperinik non è ancora un supereroe (né tantomeno un ladro) ma, come afferma il titolo, un semplice vendicatore. Quello qui presente è infatti ancora una sorta di “prototipo” del personaggio, che è stato pensato per una storia autoconclusiva a se stante. In realtà, basterà aspettare solo otto mesi per leggere una nuova avventura di questa identità supereroica di Paperino, nella storia Paperinik alla riscossa scritta dallo stesso Martina per i disegni di Romano Scarpa.
Paperinik e l’intrepido signore del fuoco, di Guido Martina e Massimo De Vita, su Topolino n. 991 (1974)
Zio Paperone coinvolge Qui, Quo e Qua in quella che sembra una semplice gita nel bosco. Il campeggio si rivela una tappa del piano del magnate per acquisire la proprietà di un villaggio indiano, le cui fondamenta custodiscono prezioso petrolio. Paperino, invece, rifiuta l’invito dello zio e, nei panni di Paperinik, utilizza la nuova invenzione di Archimede (una pastiglia che tramuta l’acqua in un fuoco illusorio) per fermare Paperone e restituire le terre ai nativi.
Quello de L’intrepido signore del fuoco è un Paperinik vendicatore al servizio del bene comune, più che di qualche individuo. Paperinik per il sociale, ma con una vena di perfidia, specialmente se letta oggi, alla luce di storie molto curate ma anche più composte da un certo punto di vista. Martina sceneggia infatti con altrettanta durezza Paperino, che tratta i nipoti senza fare troppe moine e si fa beffa di Paperone nel finale, insistendo sulle sventure dello zio più del necessario.
Paperinik e l’Arca dimenticata, di Bruno Concina e Massimo De Vita, su Topolino n. 1573 (1986)
Non esistono Grandi Parodie con protagonista Paperinik. Ciò che più ci si avvicina sono questa storia e Paperinik e il tempio indiano di Carlo Panaro e Roberto Santillo, ispirate ai primi due film di Indiana Jones. A differenza delle classiche parodie Disney, però, qui i paperi non rivestono i panni dei personaggi delle pellicole a cui fanno il verso ma sono loro stessi. Semplicemente la trama ricalca in modo buffo quella ideata da Steven Spielberg e George Lucas.
Paperinik in India insieme a Archimede recupera un prezioso idolo, scampando alle trappole del tempio che lo custodisce e impedendo agli sgherri di Rockerduck di impossessarsene. A Paperopoli lo consegna al museo, il cui direttore, insieme a Pico de Paperis, lo incarica di trovare l’Arca dimenticata, un cofanetto che conserverebbe il tesoro di Cheope. Ancora una volta Rockerduck è sulle tracce del tesoro e ancora il supereroe, questa volta accompagnato da Paperina, dovrà superare antiche trappole e combattere criminali a caccia del cofanetto.
La trama, come si può notare, ricalca da vicino Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, ovviamente epurandola da morti, violenza, trame politiche e sottotesti religiosi. La forza della storia non sta quindi nell’intreccio – appassionante ma già visto – bensì nella messa in scena. Concina scrive una sceneggiatura frizzante, piena di gag memorabili.
Ma, soprattutto, un Massimo De Vita in stato di grazia realizza alcune delle migliori tavole della sua carriera, sia per quanto riguarda le scene d’azione sia per le atmosfere. I suoi personaggi sono ultra-dinamici, schizzano in giro per le pagine, sono espressivi come non mai e si muovono in ambienti quasi realistici, che trasmettono mistero e avventura con ogni linea. Memorabile è la sequenza in cui Paperinik si cala nella piramide, caratterizzata da un suggestivo tratteggio fittissimo.
Paperinik e la disfida analcolica, di Giorgio Pezzin e Massimo De Vita, su Topolino n. 1643 (1987)
Il filone delle storie in cui Paperinik non i combatte criminali ma le cattive abitudini dei suoi concittadini si apre con un’avventura dalla forte carica satirica. Al ritorno dalle vacanze, Paperino e i nipotini trovano Paperopoli invasa dalla pubblicità. E quando diciamo invasa intendiamo che spot, slogan, grafiche sono in ogni angolo della città: slogan urlati a tutte le ore, uomini-sandwich che offrono assaggi gratuiti, cartelloni-trappola sui marciapiedi, manifesti incollati sull’asfalto perché ormai non c’è più posto sui muri. Le case lasciate vuote da chi è in ferie vengono ricoperte di poster come se fossero dei giganteschi pacchi regalo.
I colpevoli sono Rockerduck e Paperone, che pubblicizzano le loro Rocka Cola e Paperepsi. Quella tra i due è una lotta serrata all’ultimo sorso, che prende ovviamente in giro la più celebre guerra commerciale americana e rende invivibile la metropoli calisotiana. Quando la situazione diventa davvero grave, con bombardamenti di casse di lattine aviotrasportate sui crani dei passanti, Paperino decide di intervenire, si traveste e crea un ingrediente miracoloso da vendere ai due produttori per rendere uniche le loro bevande. La nuova Rocka Cola e la nuova Paperepsi vengono lanciate con una campagna pubblicitaria ancora maggiore, che si ritorcerà contro i magnati quando i consumatori si accorgeranno che le due bibite sono identiche.
Chi si stupisce per le inedite capacità chimiche di Paperino capirà tutto nel finale, insieme ai lettori e ai miliardari: quello che ha venduto all’uno non è altro che la bevanda dell’altro, da miscelare in parti uguali. Paperone e Rockerduck dovranno quindi smettere di farsi una concorrenza così accanita perché vendono entrambi la stessa bevanda.
Nella Disfida analcolica Paperinik compare molto poco, ma la sua azione è risolutiva. L’interesse di Pezzin è rivolto soprattutto a mostrare gli effetti disastrosi della sovraesposizione dei paperopolesi alla pubblicità, che negli anni Ottanta in Italia iniziava a essere onnipresente, complice anche lo sviluppo delle televisioni commerciali. I paperi ritornano quindi a essere utilizzati per fare satira sulla società contemporanea, tema molto caro a Carl Barks ma che troppo spesso è passato in secondo piano nelle storie degli autori successivi.
Paperinik e il Festival di Sanromolo, di Bruno Sarda e Giorgio Cavazzano, su
Topolino n. 1682 (1988)
Zio Paperone manda Gastone, Paperino e Paperoga al Festival di Sanromolo, in rappresentanza della sua etichetta discografica. Il papero miliardario spera che il trio si aggiudichi il disco d’oro, ma anche Rockerduck – con il suo segretario Lusky che canta O’ sale mio – e i Bassotti sono della partita e la canzone Si può guadagnare di più scritta da Paperone (una parodia di Si può dare di più di Morandi/Ruggeri/Tozzi) rischia di venire scalzata dal podio. Quando viene rubato il disco d’oro, i sospetti cadono subito sui Bassotti, e toccherà a Paperinik sbrogliare il mistero.
La partecipazione del supereroe nella storia è limitata ma fondamentale per portare avanti la trama e sbloccare lo scacco narrativo. Si tratta di un’avventura appartenente al filone in cui Paperinik è utilizzato come spezia, più che come portata principale: lo sceneggiatore Bruno Sarda utilizza Paperinik come braccio armato di Paperone, alla maniera di Martina, e lo relega a qualche pagina preferendo concentrarsi sulle parodie dei cantanti in gara, storpiati con tratti paperopolesi da Giorgio Cavazzano.
Paperinik contro Inquinator, di Giorgio Pezzin e Massimo De Vita, su Topolino n. 1832, (1991)
Da qualche tempo un supercriminale rende impossibile la vita dei paperopolesi. Non compie rapine né rapisce cagnolini: il suo obiettivo è distruggere tutto ciò che c’è di bello e pulito in città, sporcando, inquinando, insozzando. La polizia non riesce a fermarlo e nemmeno Paperinik, che si fa mettere nel sacco dal geniale nemico, sembra poter fare qualcosa.
L’eroe riuscirà a vincere solo all’ultimo minuto, durante a una lotta all’ultimo sangue – pardon, all’ultimo spruzzo di nafta – impedendo a Inquinator di rendere nera d’inchiostro la Casa Bianca. Con quella mossa il pazzoide vorrebbe costruire un monumento alla sporcizia e farsi proclamare re degli zozzoni, guidando un popolo di gente che non fa la raccolta differenziata e non si preoccupa di inquinare acqua e aria.
Paperinik contro Inquinator, insieme a Paperinik e la città sporcacciona, è il culmine del periodo delle storie “sociali”, in cui Giorgio Pezzin si diverte a inserire nelle sue sceneggiature tematiche di attualità, mettendo Paperinik alle prese con i problemi delle città reali – inquinamento, tifo violento, traffico – ma ingigantite in modo parodistico. Così il vizio di buttare le cartacce per terra si incarna in un Dottor Destino della sporcizia, spietato e megalomane ma buffo come i migliori personaggi ideati dal grande sceneggiatore veneziano.
Evroniani, di Ezio Sisto, Alessandro Sisti e Alberto Lavoradori, su PKNA #0, (1996)
Un Paperinik tutto nuovo, che mette da parte stivaletti a molla e cintura con il pugno per imbracciare uno scudo supertecnologico. Un’intera razza aliena di nuovi nemici, gli evroniani, extraterrestri succhiaemozioni che fanno impallidire Bassotti e Inquinator. Nuovi alleati, come l’intelligenza artificiale Uno, che rimpiazza Archimede come fornitore di armi e tecnologia. Un setting nuovo, tra viaggi nel tempo e spazio profondo, al posto dei sobborghi di Paperopoli.
È questo il progetto Paperinik New Adventures, che esordisce nel marzo del 1996 con Evroniani. Una nuova testata in formato comic book, ispirata ai fumetti di supereroi più che alle storie di Guido Martina, e scritta, disegnata e colorata in un modo mai visto nel fumetto Disney.
PKNA introduce infatti il concetto di continuity, rivoluzionario in un settore del fumetto che vive di trame verticali, migliaia di brevi storie tutto sommato scollegate: per capire un numero della collana è necessario aver letto quelli precedenti. Inoltre le tavole sono disegnate con una gabbia libera, come appunto le storie di Batman e Spider-Man, e non con la solita griglia di sei vignette del settimanale Topolino.
La prima storia, che ancora non sperimenta a fondo come faranno più avanti capolavori come Trauma, Carpe Diem o Frammenti d’autunno, è però il manifesto programmatico degli autori. La scrivono Sisto – il caposervizio sceneggiature che ha avuto l’idea della collana – e Sisti, lo sceneggiatore demiurgo del nuovo universo narrativo; disegna Alberto Lavoradori, il fumettista più lontano dal canone disneyano che Topolino abbia (ancora oggi) a disposizione, a cui la redazione ha affidato anche gli studi dei nuovi personaggi.
Paperinik scopre che nel nuovo grattacielo appena comprato da Paperone, appartenuto al miliardario/scienziato pazzo Everett Ducklair, risiede l’intelligenza artificiale più potente del pianeta, Uno. I due diventano alleati nella lotta al crimine e, per proteggere il cast della serie tv Patemi, si imbattono negli evroniani e nei loro piani di conquista della Terra.
Un pilota che funziona alla grande ancora oggi, dopo oltre venti anni, schierando tutti i pezzi di quella che sarà una delle saghe più rivoluzionarie del fumetto italiano.
Il ritorno a Villa Rosa, di Fabio Michelini e Giovan Battista Carpi, su Topolino n. 2129 (1996)
Zio Paperone informa Paperino che Rockerduck ha comprato dal comune il terreno dove sorgono i ruderi di Villa Rosa e che intende distruggerli per costruire un complesso turistico. Irritato dalle credenze superstiziose dei soci, Rockerduck organizza l’incontro con i finanziatori del progetto a Villa Rosa, sicuro che nessuno spettro di Fantomius interromperà la riunione.
La sera dell’incontro, Paperinik mette in scena un teatrino di trucchi e illusioni per terrorizzare i malcapitati. Fatti fuggire Rockerduck e i suoi, il supereroe si rivolge a Paperone, giunto per assaporare la disfatta dell’avversario. Paperinik fa confessare al miliardario le sue vere intenzioni, ossia acquistare il terreno per costruirci anche lui un complesso. Il vigilante costringe allora Paperone a cedergli l’atto di vendita, diventando il proprietario di Villa Rosa.
Carpi disegna una Villa Rosa ben più tenebrosa dell’originale e Michelini spinge sull’aspetto vendicativo dell’eroe, che, pur nella leggerezza della storia, appare cupo e di mano pesante tanto con Rockerduck quanto con Paperone. È un ritorno alle origini, forse l’ultimo, per l’eroe che da qui in avanti perderà ogni tratto oscuro.
Paperinik e l’inganno silenzioso, di Lucio Leoni e Emanuela Negrin, su Paperinik e altri supereroi n. 68 (1999)
In una fase del personaggio in cui l’immaginario di PKNA imperava, non comparivano nuove avventure su Topolino e molte di quelle sulla testata Paperinik e altri supereroi erano riproposizioni degli stessi temi e parodie di topoi del fumetto di supereroi, la serie di storie scritte e disegnate da Lucio Leoni insieme alla sua compagna Emanuela Negrin fu una ventata d’aria fresca. I due riuscirono a rinnovare la versione “classica” del personaggio senza scimmiottare PK, miscelando umorismo e avventura più dura.
Uno dei punti di forza di questa serie di avventure, infatti, si trova nella presenza di nuovi comprimari ricorrenti, dotati del potenziale per diventare elementi fissi del cast paperopolese ma troppo legati, forse, al proprio creatore o penalizzati dal luogo di pubblicazione, meno autorevole della testata ammiraglia.
Un ottimo esempio è L’inganno silenzioso, in cui esordisce il Professor Brain, cattivo subdolo e geniale che ha l’obiettivo di conquistare prima Paperopoli e poi il mondo. La storia si apre con un incubo ricorrente di Paperino: uno sconosciuto gli punta addosso un macchinario e pronuncia una minaccia. Sono giorni che il sogno ritorna ogni notte e il papero ne è sconvolto.
Il lettore lo segue quindi nella quotidianità, scoprendo insieme a lui che un sacco di fatti importantissimi per la città, come l’elezione di un nuovo sindaco o la fondazione della nuova sede di un’importante multinazionale dell’informatica, gli sono completamente ignoti. Quando scopre che il nuovo primo cittadino non è altri che il tizio che gli compare in sogno, Paperino va alla ricerca di Paperinik, l’unico che può indagare su quel mistero. Già, tra i buchi di memoria del papero sembra esserci anche questo: non si ricorda di essere lui stesso il supereroe.
Paperinik… mai più Paperino, Pietro Zemelo e Renata Castellani, su Topolino n. 3218 (2017)
I compiti da vigilante di Paperinik gravano sulla vita di Paperino: per fermare i criminali arriva in ritardo da Zio Paperone, che lo aveva incaricato di lucidare una montagna di monete. Non riesce inoltre a dedicare del tempo a Paperina, che gli aveva chiesto una mano per allestire lo spettacolo di beneficenza delle Giovani Marmotte. Stanco di deludere i suoi cari, che non fanno altro che lodare l’eroe e criticare il papero, Paperino decide di abbandonare la sua identità civile. D’ora in poi, esisterà solo Paperinik.
Ora è il supereroe a occuparsi dei nipoti, a fare loro la colazione e a portare fuori a teatro Paperina. Non deve più destreggiarsi tra due identità, mentire o inventarsi scusa. Quando è richiesto il suo intervento, può semplicemente defilarsi, ricevendo la comprensione di tutti. Se inizialmente le cose sembrano andare bene, dopo un po’ Qui, Quo, Qua e Paperina sentono la mancanza di Paperino, che per quanto indaffarato, era stato sempre presente nella vita dei suoi famigliari e aveva lasciato un bel ricordo di sé. Il papero capisce che non può abbandonare nessuna delle due identità e torna a destreggiarsi tra i compiti civili e supereroistici.
La storia è un’incursione intimista nella vita dell’eroe e ricalca le dinamiche che hanno fatto la fortuna di Spider-Man, la cui avventura La fine dell’Uomo Ragno fornisce lo spunto di base, venendo citata attraverso la riproposizione della sua vignetta più famosa.
Hanno collaborato: Alberto Brambilla, Andrea Fiamma e Andrea Antonazzo.
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