Memorabile, questa Lucca Comics & Games 2018. Per il successo di pubblico nonostante il meteo: sotto il record assoluto di due anni fa, ma di un soffio. Per gli ospiti internazionali di rilievo: il bis di Kirkman non ha forse fatto il botto, ma Variety ha pur sempre riportato una lineup di livello (Michael Peña, Diego Luna, CB Cebulski, Shinji Hashimoto, James O’Barr, Jean Alesi e Leiji Matsumoto). Per i premi: ben centrati, per il secondo anno di fila, sebbene martirizzati dal preannuncio 15 giorni prima e piagati da una Cerimonia all’insegna del micidiale cocktail di improvvisazione/retorica/battute.
E poi per un fatto storico su tutti: l’ampio spazio in prima pagina su la Repubblica, domenica 4 novembre, con un lancio e con la foto principale.
Memorabile perché non era mai accaduto, in oltre 50 anni di storia di questo genere di eventi culturali, che il secondo/primo quotidiano nazionale (secondo per l’edizione cartacea, primo per l’online) mostrasse un’attenzione giornalistica di questa importanza. Insomma il fumetto, grazie a Lucca, fa notizia al pari dei grandi avvenimenti e fatti notiziabili. E sì, siete liberi di stupirvi.
Può un simile fatto eclissare il racconto dei contenuti e delle tante altre cose che sono accadute a Lucca C&G? No. Anche perché ne sono successe di davvero interessanti e rilevanti, nel mare delle 102 location e oltre 2000 eventi in cinque giorni.
Contenuti e tendenze: quel che è stato LCG18
Sul fronte degli eventi live penso al riuscito Feltrinelli Comics Show. Una serata di gag, reading, disegni e musica che ha consentito a un singolo marchio di esprimere una moltitudine di direzioni creative: il talento da stand up di Daniele Fabbri, l’umorismo da attore sornione di Giacomo Bevilacqua e persino un frammento magnetico, con l’interpretazione di Niente di speciale de Lo Stato Sociale, cantata da “Carota” (non la conoscevo e mi ha lasciato a bocca aperta).
Oppure penso al livello dell’applausometro per la proiezione del film Il ragazzo più felice del mondo di Gipi e per lo spettacolo teatrale da Kobane Calling di Zerocalcare, indicatori del successo, forse inatteso, che potrebbe toccare questi lavori extrafumettistici. O alla scenografica installazione della Game of Thrones Experience targata Sky Italia. Sul piano mediatico ha contato anche un nuovo ingresso nel Guinness dei primati, con il record per la striscia più lunga del mondo, firmata dall’italiano Claudio Sciarrone, dedicata a Topolino per il suo 90°. E poi è stato impossibile non ‘sentire’ la presenza di Leiji Matsumoto, ganzo maestro ottantenne impegnato a disegnare live, lasciare un’impronta nella Walk of fame e ricambiare il saluto-con-inchino persino al nostro burbero Valerio Stivè.
Passando agli annunci editoriali è inevitabile partire da quelli, sorprendenti, di Bonelli Editore. Sempre più media company, attiva tra un crossover coi supereroi DC Comics, un film live action per Dampyr, ben tre nuove serie à la Image Comics (by Bilotta, Casali, Mammucari) e un insolito portfolio/teaser/progetto-d’artista per Il confine.
I tanti altri annunci editoriali meriterebbero bilanci ad hoc – sempre più esordienti, valanghe di omnibus e variant, boom di gekiga o yuri – ma il mio non-me-l’aspettavo favorito è il manga autobiografico Shissou Nikki – un burnout dai risvolti incredibili – di Hideo Azuma (J-Pop). Abbiamo anche scoperto, finalmente, una data per il candidato bestseller del 2019, il fumetto di/con/su Roberto Saviano Sono ancora vivo: uscirà ad aprile.
I nuovi titoli presentati sugli stand, invece, Fumettologica li aveva già ampiamente anticipati (eccezione: Spirou o la speranza nonostante tutto di Emile Bravo, gioiello di cui parleremo presto), e dunque le sorprese maggiori sono arrivate dalla Self Area, più defilata come posizione ma sempre fertile di nuove antologie (Brace #4, Grimorio #2, Lok Zine #10, Clessidra #1, Oblio) e talenti emergenti: Simone Manfrini, Guido Brualdi, Emanuele Arnaldi, Noemi de Maio, Alessandra Marsili.
Più che fare la lista della spesa e pesare le novità al bilancino, però, meglio spendere parole sulle tendenze generali. Una delle quali è emersa in modo evidente: tanti, tantissimi fumetti, sia presentati che annunciati, dalla qualità media molto elevata. Ne ho già scritto su Robinson de La Repubblica, lo so, ma qui posso argomentare meglio. Perché il punto da segnare non è il rituale energizzante ma retorico del “ehi, guardate in giro che bei libri”. La questione è più complessa, ed è sia un bene che un male, per dirla semplice (forse) anche a quei giornalisti tutti un “wow che festa” o ai commentatori della “bolla che scoppierà”. Hanno ragione e torto entrambi, temo.
Lo avevamo già sottolineato qua all’inizio dell’anno: siamo entrati nell’epoca del “tutti fanno tutto”, fumettisticamente parlando. Le ragioni sono tante e più o meno note, ma ora iniziamo a vedere meglio gli effetti. Che sono ben sintetizzati, a mio avviso, dalla grande quantità di fumetti di qualità. A Fumettologica lo sappiamo bene: non solo presentare e raccontare, ma scegliere a cosa dare attenzione nella marea montante di opere e/o prodotti è sempre più difficile. Non solo perché navigare tra centinaia di titoli al mese è una fatica, ma perché quel che c’è di buono e/o stimolante arriva un po’ dappertutto e da tutti. E quindi? Da dove viene e dove ci porterà questa proliferazione di fumetti di qualità?
Il discorso da fare somiglia sempre più a quanto accaduto negli ultimi anni con le serie televisive e, più di recente, con i giochi da tavolo. Entrambi in pieno boom di titoli, attenzione mediatica, riconoscimento culturale, qualità. Gli editori stanno puntando su prodotti di qualità perché, mentre si è ridotto il peso dei prodotti di massa orientati al minimo comun denominatore, al “quanto basta” o al “contenuto meno discutibile” dell’opera un-tempo-detta nazionalpopolare (penso al ragionamento di Amanda Lotz sulle serie tv in Post Network), la qualità è la leva decisiva per puntare alle tante nicchie, inevitabilmente specializzate (leggi anche: iper-competenti), in un mercato in cui tutti puntano alle nicchie. L’analisi secondo cui a più novità corrispondono meno copie vendute è vera, ma non basta. Più passa il tempo e più penso che il vecchio teorema (critico) della “sovrapproduzione”, molto in voga nel dibattito sul fumetto in Francia, non funzioni. O meglio, non serva a spiegare le dinamiche di fondo, insieme industriali e culturali. Serve un supplemento di analisi: a più novità corrispondono maggiore qualità media e prezzi medi più alti, per soddisfare pubblici più definiti ed esigenti.
La mutazione genetica dell’industria culturale si sta insomma completando. E inizio a dubitare che resterà spazio per i teorici della “bolla”, o almeno per quelli più apocalittici: in un mondo di nicchie il punto è il business sostenibile, non più il business dei grandi volumi. Vale anche per il fumetto, sempre più specchio “normale” del più ampio mercato dei contenuti (e alla faccia della sua storica identità di sottocultura nerd, ormai in progressiva estinzione).
Dalla centralità mediatica alla centralità politica?
Proprio perché il fumetto è ormai immerso in questa “normalità” culturale e industriale, torno alla questione della prima pagina di Repubblica. E ne sottolineo un altro dato: Mario Calabresi, il direttore del quotidiano, è venuto a visitare Lucca C&G di persona. I giornalisti, si sa (circa), sono quei professionisti che girano, guardano e raccontano. Calabresi non fa eccezione, ed ha voluto toccare con mano quanto accade in questo evento dimostrando plasticamente, con il suo passaggio e con la decisione di dargli spazio in prima pagina per la prima volta in 50 anni, che Lucca Comics & Games – e i settori di cui si fa piattaforma – conta davvero, sposta attenzione, fa notizia. Tutto coerente con l’introduzione che Emanuele Vietina, direttore della manifestazione, ha fatto al dibattito di chiusura tra gli editori, proprio all’Arena Robinson di Repubblica animata da Luca Valtorta: il fumetto, così come videogiochi, cinema e tv, giochi da tavolo, sono pezzi importanti della cultura di questo Paese. Serenamente, pacatamente: importanti. E vanno supportati con spirito di collaborazione tra le parti, siano esse editori, media, istituzioni.
Ecco perché questa Lucca C&G 2018 resterà memorabile: l’asticella della consapevolezza “istituzionale” fra tutti gli operatori si è alzata. La presenza di un Sottosegretario di Stato pertinente con i contenuti della manifestazione – Vito Crimi (M5S), con delega all’Informazione e all’Editoria – penso vada, anch’essa, raccontata e rimarcata: non si era mai vista una presenza istituzionale così ben profilata. Sono dettagli, e non toccano il giudizio politico sull’azione di partito o di governo, ma vanno messi agli atti: non è stato il caso di un Ministro che si fa annunciare e poi non si presenta, come in passato; non è un alto funzionario che si presenta per pura passerella (niente speech sul palco della Cerimonia o in pubblico; non si è fatto annunciare; era già un visitatore della manifestazione); soprattutto ha aperto, pur non prendendo impegni, all’ipotesi che l’evento e il suo “mondo” possano meritare attenzione – leggi: supporto istituzionale e/o economico – da parte del governo.
Sono dettagli, pane per i denti degli scettici, ma hanno un grande peso. Il direttore del secondo quotidiano nazionale. Un sottosegretario con deleghe rilevanti e pertinenti. Si tratta di ruoli e funzioni, al di là delle persone, storicamente assenti dal perimetro dei soggetti in grado di contribuire allo sviluppo del fumetto e delle manifestazioni che ruotano intorno ad esso. Non è così in Francia, dove sappiamo bene qual è il peso dei grandi media e delle istituzioni centrali nei confronti di tutta la filiera, fatto di attenzione, visibilità, sostegni economici. L’Italia, quarto/quinto mercato mondiale del fumetto, è molto indietro rispetto alla Francia, così come rispetto a Giappone, Corea del Sud, Spagna o paesi baltici. Lo è persino rispetto a Taiwan, dove negli ultimi due anni si sono impegnati a favore del fumetto – aiuti economici a editori, autori e ad un futuro Museo – nientepopodimeno che Presidente della Repubblica e Ministro della Cultura.
A Crimi e ai decisori che potranno e dovranno discutere in merito al sostegno al fumetto e ai suoi eventi, allora, offro pochi numeri per iniziare a misurare le azioni possibili. In Francia i soli fondi di sostegno diretto agli autori da parte del CNL nel 2017 sono stati di oltre 300mila euro, quelli agli editori 191.000 euro. Se il PIL italiano è quasi 4 volte tanto quello di Taiwan (dati FMI, 2017), per una popolazione di quasi 3 volte tanto, sarà utile fare qualche proporzione tra i fondi messi a disposizione del settore fumetto dal governo di Taipei: 2,25 milioni di euro per autori e editori.
E se Taiwan è un paese industrializzato come tanti, che produce fumetti propri e ne traduce dall’estero (inclusi i nostrani Gipi e Manuele Fior), sarebbe normale anche smettere di restare a bocca aperta leggendo notizie come questa: ad assegnare il Premio alla carriera, nell’ambito della principale Cerimonia nazionale – i Golden Comics Awards – nel 2017 era stata la stessa Presidente della Repubblica Tsai Ing-wen. Quest’anno, invece, aveva aperto la cerimonia dei premi “solo” il locale Ministro della Cultura. In Francia tutti noi ricordiamo il ruolo e l’impegno messi da Jack Lang sin dagli anni Ottanta per rafforzare la credibilità della bande dessinée, così come tanti altri segni di pubblica attenzione ed azione: dalla presenza di Ségolène Royal per l’inaugurazione del nuovo Museo del fumetto ad Angoulême nel 2009 (ricordo ancora la qualità del suo discorso) a quella di François Hollande alla festa di lancio del nuovo Lucky Luke solo poche settimane fa. E vogliamo parlare – non c’entra, ma c’entra – della prefazione di Barack Obama a un’edizione dei Peanuts?
Saremo mai in grado di schierare l’Italia lungo la strada di questa nuova normalità, fatta di considerazione istituzionale e impegno “di sistema” a favore del fumetto, dei suoi grandi eventi, dei mondi creativi ad esso vicini? Saremo in grado di arrivare alla presenza di un nostro Ministro della Cultura, preparato, alla cerimonia di consegna dei premi a LC&G o a Comicon? Potremo mai immaginare un Primo Ministro annunciare un piano di investimenti per questa filiera?
Da Lucca C&G 2018, alla fine dei conti, sono tornato con due problemi paradossali: pigne impossibili da smaltire di potenziali libri ottimi, e quesiti impossibili da sciogliere su potenziali azioni politiche ottime. Le sfide per il futuro non mancano, insomma.