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Cosa ha detto Joann Sfar sulla sua storia di Blueberry

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Il 2018 della bande dessinée si è aperto con una notizia importante: il ritorno del personaggio di Blueberry, con una nuova storia scritta da Joann Sfar e disegnata da Christophe Blain, due dei più importanti fumettisti francesi contemporanei.

La news della ripresa del popolare personaggio creato da Jean-Michel Charlier e Jean Giraud negli anni Sessanta, diffusa dal settimanale francese L’Express, ha scatenato un dibattito online tra gli appassionati e dato luogo ad alcune informazione inesatte, come ad esempio quella sul titolo della storia, che in realtà non è ancora stato annunciato.

Sfar è quindi voluto intervenire per far chiarezza. In un lungo post sul proprio profilo Facebook – che riportiamo di seguito – ha parlato anche a nome di Christophe Blain, approfondendo le ragioni e la genesi di questa nuova avventura di Blueberry.

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Blueberry, disegno di Jean Giraud

Buongiorno! Christophe Blain ed io vorremmo fornire alcune precisazioni su Blueberry, perché l’annuncio pubblicato ieri da L’Express ha dato luogo a interpretazioni errate.

Il nostro album non ha ancora un titolo. E nessuno ha mai detto che si intitoli Dust.

Da dove nasce questo progetto? Come molti autori della nostra generazione, abbiamo sempre dichiarato la nostra devozione per Jean Giraud, per le sue invenzioni, il suo genio e i suoi personaggi. Da parte mia, avendo scoperto Jean-Michel Charlier insieme ad Alexandre Dumas, ho passato tutta la mia infanzia a confonderli. Non abbiamo mai avuto la possibilità di incontrare Charlier, se non nelle sue opere, ma con Jean Giraud abbiamo avuto un lungo rapporto che è stato stato determinante nella costruzione della storia su cui stiamo lavorando.

Jean scrisse una prefazione per Il Gatto del rabbino. Poi ci rivedemmo per pensare a cosa avremmo potuto fare insieme, senza decidere davvero cosa, se un film, un’animazione o dei libri. In seguito ci invitò nel suo studio, Christophe e me, per mostrarci le pagine di lavorazione di un numero di Blueberry. E propose di fare una storia di Blueberry. Voleva scrivere per Christophe. Così cominciarono a discutere su come Blueberry sarebbe potuto invecchiare, su come affrontare una storia ambientata nel ventesimo secolo. Io li guardavo. Avevo nella stessa stanza i miei due disegnatori preferiti, Jean Giraud e Christophe Blain, e sognavo quella che avrebbe potuto essere la loro creazione. Naturalmente Jean era il maestro e Christophe lo studente, ma tra loro c’era una reciproca attrazione artistica che durò molti anni. Poi, ogni volta che ci incontravamo, parlavamo di fare cose insieme, ma l’idea rimase sempre un sogno. Questa voglia portò Christophe a fare Gus, che è una lettera d’amore al western in generale e a Blueberry in particolare.

In seguito Casterman ci assunse per scrivere e disegnare una storia di Corto Maltese. Scrivemmo e disegnammo alcune tavole, ma ci venne detto che il nostro lavoro era “troppo personale” e che comunque i titolari dei diritti si erano già impegnati con altri autori.

Io e Christophe rimanemmo con la voglia di fare un fumetto d’avventura insieme, meno comico di altri nostri fumetti. Avevamo voglia di misurarci con una storia intensa, importante, con al centro un grande mito. Qualcuno da Dargaud deve essersi ricordato di tutto ciò e ci ha offerto di lavorare su Blueberry. Abbiamo detto sì a condizione di non copiare mai Charlier o Giraud e di lavorare senza vincoli.

Ecco qua. Questo progetto era nell’aria da molto tempo e né Christophe né io pensavamo che si sarebbe realizzato. Per noi è un sogno, ma anche una grande responsabilità perché prima di tutto siamo lettori. E faremo del nostro meglio, con l’ammirazione per Charlier e Giraud nel cuore e la voglia di rendere felici i lettori che amano questi personaggi. Nessuno è mai all’altezza di nulla, non permetteremo mai di essere paragonati a Charlier o Giraud, e non siamo siamo qui per copiarli. Vogliamo creare dei fumetti vivi e importanti con i nostri mezzi.

Per tornare su un argomento di cui ho già parlato parecchio, sì, credo che dobbiamo mantenere i miti vivi, a condizione di non procreare cloni. Il mio lavoro è sempre girato intorno ai totem che ci uniscono e creano un terreno culturale comune. Quando ho lavorato su Gainsbourg o sul Piccolo principe o su Romain Gary, Chagall, Brassens, Dalí o Japrisot, non ho mai pensato di essere al loro stesso livello. Volevo solo dialogare con loro, invitarli al dibattito. “Chi ti credi di essere?”, questa è la frase che ho sentito la prima volta che si è parlato di fare un film su Gainsbourg. L’unica risposta valida è “qualcuno che amava questo artista e che desidera dialogare con lui”.

Per quanto riguarda il riprendere personaggi classici dei fumetti, be, per me è una storia cominciata molto tempo fa. Ne ho già parlato più volte: prima dell’uscita del Blake e Mortimer di Van hamme e Ted Benoît lavoravo già su un Blake e Mortimer… con David B! Poi c’é stato un progetto di Blake e Mortimer con Emile Bravo. Poi ci sono stati due progetti di film su Blake e Mortimer e per finire un progetto di un fumetto di Blake e Mortimer con Mathieu Sapin che era stato accettato e che abbiamo rinunciato a fare per motivi di tempo. Inoltre, Jose Luis Munuera lo ricordava ieri, circa trent’anni fa presentammo a Dargaud un album di avventure di Red Neck et Mc Clure, i compari di Blueberry. Tutto qui? No. Ci fu questa cena mitica dove proposero a me e Tardi di lavorare su una storia di Tintin, sapendo che non avrebbe portato a nulla, dato che i detentori dei diritti di Hergé avrebbero sicuramente detto di no, ma comunque ci si poteva provare (alla fine della cena poi siamo stati noi a dire di no).

La mia posizione? Sempre la stessa da trent’anni. La stessa di Hugo Pratt quando si interrogava su una possibile ripresa di Corto Maltese: si, se gli autori parlano con la propria voce e non copiano. Pratt diceva che la migliore rilettura di Batman era quella di Frank Miller perché Miller non aveva mai cercato di copiare le generazioni precedenti di autori.

Quando a Hugo Pratt si chiedeva dell’importanza di un autore rispondeva che i nomi scompaiono, ma che i personaggi durano. E che c’è una catena ininterrotta di autori che fanno evolvere uno stile. Jijé è presente dietro ogni tratto di pennello di Giraud o Will o Mézières. Caniff è in ogni vignetta di Pratt o Muñoz.

I personaggi devono sopravvivere ai loro autori? Sì se gli autori lo hanno desiderato e se le nuove avventure non sono copie. E si, se sono rilevanti.

Blueberry si è evoluto sin dal suo inizio come lo specchio del mondo reale, e anche della storia del cinema a cui fa costante riferimento. Fare Blueberry a giorni nostri è chiedersi dove siamo oggi rispetto all’eroe che spara con le pistole e rispetto al western. Niente di più politico ai nostri occhi. Niente di più rilevante, secondo noi, per parlare di eroismo nel fumetto e nel cinema.

Blueberry non è un mito come gli altri. È l’eroe per eccellenza del fumetto realistico. Né Christophe né io sappiamo di cosa si tratta – il realismo –, ma Giraud una volta ci disse: “l’unica differenza tra la fotocamera e noi è che la fotocamera, questa stupida, non sbaglia mai, mentre noi sbagliamo ogni disegno, ed è questo che crea la magia”. Per queste parole ci sentiamo responsabilizzati, onorati e facciamo del nostro meglio.

Grazie mille per tutti i messaggi di incoraggiamento ricevuti dall’annuncio di questa storia. Ci dispiace leggere anche gli inevitabili messaggi di rabbia, la parola è una cosa preziosa e il modo in cui in alcuni dei nostri contemporanei la usano è talvolta triste. Nel suo diario, Delacroix parlava di “questi guardiani del tempio la cui funzione principale è proibire l’ingresso”. È così. Da parte nostra, stiamo cercando di fare il miglior Blueberry possibile, e ci auguriamo che il risultato vi piaccia.

Buon anno.

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