Difficile approcciarsi a un manga come Die Wergelder, opera recente di Hiroaki Samura. Gli occhi ancora sono accecati da quella magnificenza che è L’immortale, da più parti considerato come uno degli apici del manga e del fumetto in generale, un’opera mastodontica, composta da ben trenta volumi per la cui conclusione sono stati richiesti all’autore la bellezza di vent’anni.
Hiroaki Samura, quel Samura, nato nel 1970 nella prefettura di Chiba con il sogno di diventare mangaka e il cui talento gli permise di iniziare a lavorare per la rivista Afternoon di Kodansha prima dell’effettiva fine dell’accademia d’arte. Quel Samura che ha dato vita, per la suddetta rivista, a un’opera fiume, struggente, violenta, viva, in grado di catalizzare l’attenzione di un pubblico internazionale: L’immortale appunto.
Ho letto il primo volume di Die Wergelder partendo proprio da questa reverenza, ma qui, purtroppo, siamo molto lontani dai fasti de L’immortale. La storia è difficilmente riassumibile e ruota intorno a tre figure femminili di forte presenza: Je-Mao, una letale assassina, Nami la cui voglia di vendetta la porta a trasformarsi in una guerriera senza paura e Shinobu Aza, leader di un gruppo di yakuza. Le tre se le daranno di santa ragione per ottenere più potere (e soldi) possibile.
Originariamente pubblicato nel 2010 sulla rivista Nemesis di Kodansha, Die Wergelder ci immerge immediatamente in un mondo cromaticamente e concettualmente oscuro, fatto di perversione e violenza. Senza soluzione di continuità, si passa da torture fisiche e gratuite a sottomissioni bondage consenzienti, per poi essere introdotti, a metà volume, alla triade di protagoniste, tutte al femminile.
Partiamo dunque dalla narrazione: quello che appare subito evidente è una mancanza di linearità che genera confusione. Troppi personaggi, troppi salti narrativi, il tutto dà l’impressione di procedere per accumulo senza una traiettoria pensata e coerente. Non ci si affeziona alla storia ne tantomeno ai personaggi, alcuni dei quali sono ridicole macchiette prive di senso.
Ed è un vero peccato, perché i presupposti per fare qualcosa d’interessante c’erano tutti. A partire dal disegno: Samura conferma di essere tra i più talentuosi nel campo, esaltando il chiaroscuro e trasformando il nero in uno strumento capace di generare dinamicità, inquietudine, meraviglia. Il character design è il suo segno distintivo, con questi volti taglienti, questi sguardi penetranti.
L’atmosfera, invece, dovrebbe richiamare e citare quella di un certo cinema pulp e violento anni Settanta, con ovvi riferimenti al sex gore di Herschell Gordon Lewis. L’idea di ripensare la femminilità in chiave estrema e violenta poteva essere curiosa, sebbene certamente non originale e un po’ abusata, ma viene molto poco approfondita. Le cose si riprendono a metà volume quando, finalmente, i personaggi si ritrovano a confrontarsi nello stesso luogo e Samura ha la possibilità di esplodere in un virtuosismo tecnico che esalta i combattimenti.
Nell’attesa di vedere come si svilupperà la narrazione nei prossimi volumi – sperando in un virata positiva –, forse è meglio tornare a rifugiarsi nelle pagine de L’immortale, dove la dose di violenza e nostalgia trovava un equilibrio straordinario, capace di intersecarsi fra la spettacolarità delle tavole del maestro Samura.
Die Wergelder vol. 1
di Hiroaki Samura
Traduzione di Ernesto Cellie e Chieko Toba
Star Comics, 2016
224 pagine, 5,90 €