Il testo integrale del discorso che Eric Stephenson, publisher di Image Comics, ha tenuto il 19 febbraio 2016 in occasione del decimo ComicsPRO, evento annuale organizzato dall’associazione delle fumetterie americane.
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Mi piacerebbe parlare del futuro, ma prima faremo un piccolo viaggio indietro nel tempo, in quel periodo in cui non c’era Internet, non c’era Twitter, non c’era Facebook, non c’era Instagram. Un tempo in cui non c’erano fumetterie.
Nessuno di noi era presente in questo business nel 1950 ma, a detta di tutti, per i fumetti quello è stato un periodo tetro. La nostra industria era nata da appena due decadi, eppure era sull’orlo del collasso.
Il potere politico aveva reso inerme la EC Comics, una delle forze creative più vitali del fumetto. Il fumetto crime e horror era stato castrato dal Codice Comics e, a tutti gli effetti, era morto: un suicidio. Il fumetto si piegò alle pressioni esterne ed eresse un sistema di autoregolazione che mise al bando qualsiasi tipo di contenuto appetibile ai lettori adulti. Dopo tutto, i fumetti erano rivolti ai bambini, ma anche i supereroi, così popolari durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbero dei problemi.
La casa editrice di fumetti di Martin Goodman, allora conosciuta come Atlas, stava facendo bene vendendo fumetti di mostri, ma nei primi anni ’60 le cose andarono male. Bisogna guardare nel buio per vedere la luce, però, ed fu in quei tempi bui che il fumetto trovò rinnovata speranza.
Forse allora c’era qualcosa nell’aria, perché fu lo stesso periodo che ci diede i Beatles, Bob Dylan e quello che noi oggi conosciamo come l’universo Marvel.
I Fantastici Quattro. Spider-Man. L’Incredibile Hulk. Gli Avengers.
Stan Lee, Jack Kirby, Steve Ditko e tutti gli incredibili autori che lavorarono al loro fianco, con il loro lavoro ispirarono una generazione di lettori e, così facendo, trasformarono Marvel Comics in un monolite imponente in mezzo a un settore barcollante. DC Comics, già nota per Superman, Batman e la Justice League, fu rinvigorita a sua volta e – senza esagerare – si può dire che i supereroi salvarono il fumetto.
Ma andiamo avanti, rapidamente, al 1970.
Per un decennio il fumetto ebbe una grande crescita, ma come passarono gli anni Sessanta, così passò anche l’eccitazione che si era formata intorno ai fumetti. Jack Kirby lasciò la Marvel per la DC. I supereroi incominciarono a lottare contro i vincoli del Comics Code. I fumetti underground e le riviste in bianco e nero come National Lampoon e Creepy, Eerie e Vampirella della Warren evidenziarono l’irrequietezza di un medium desideroso di crescere.
Ma le edicole, che furono per molto tempo il principale luogo di vendita dei fumetti, iniziarono il loro declino, col sacrificio dei comic book di basso prezzo, e fu fatta qualsiasi cosa per aumentare i profitti, consolidando lo spazio.
Gli scrittori e i disegnatori che allora entravano nel settore erano regolarmente avvertiti che il mercato era allo stremo. Il fumetto era condannato.
Tutti i fumetti potevano essere resi, e venivano resi in massa. Spesso non lasciavano neanche i magazzini, risultando mal distribuiti su territorio regionale con un conseguente aumento del valore nel mercato del collezionismo.
Per motivi di tempo, ho intenzione di sorvolare su alcuni fatti, ma è stato a quel punto che Phil Seuling iniziò a porre le basi per la nascita delle fumetterie.
Non successe da un giorno all’altro. Ci sono voluti anni perché le piccole librerie dell’usato e i grandi negozi si evolvessero gradualmente in fumetterie. Ma, alla fine degli anni Settanta, c’era un sistema in atto e il mercato come lo conosciamo oggi era nella sua infanzia.
Come risultato i fumetti prosperarono, e non solo quelli dei soliti sospetti come Marvel e DC.
I fumetti underground maturarono in indipendenti, e arrivarono Cerebus ed Elfquest. E altri come Love & Rockets, American Flagg e Nexus. First Comics. Pacific Comics. Eclipse. Kitchen Sink. Quel vecchio maestro di Will Eisner pubblicò un gran numero di graphic novel che sfidarono la percezione di ciò fumetti potrebbero e dovrebbero essere, e dalla fine degli anni ’70 fino al 1980 e oltre, il fumetto esplose di creatività.
Ma andiamo avanti ancora rapidamente, questa volta alla metà degli anni Novanta.
A questo punto il fumetto aveva guadagnato un po’ di rispetto.
Grazie ai talenti di Alan Moore, Frank Miller, Art Spiegelman, Garth Ennis, dei fratelli Hernandez e di Neil Gaiman, il mondo stava cominciando a prestare attenzione. I fumetti non erano solo roba per bambini.
Ma c’erano anche problemi. I fumetti indipendenti in bianco e nero esplosero – e poi si schiantarono – e così facendo, sottolinearono la miope avidità presente nel nostro mercato da decenni.
Un’avidità ben presente negli anni Novanta.
Proprio quando sembrò che i fumetti fossero indissolubilmente legati a quel tipo di cultura che sfuggiva la forma d’arte quando i contenuti maturi furono abbandonati con la morte improvvisa della EC Comics negli anni ’50, il mercato cedette ai suoi impulsi più vili. Il livello senza precedenti di creatività che inaugurò uno dei periodi più prosperosi del fumetto dette spazio a degli stratagemmmi.
Ci furono più fumetterie che mai. E ci furono anche molti più fumetti.
Troppi fumetti, con troppe copertine.
Variant covers. Foil covers. Hologram covers. Embossed covers. Die-cut covers. Gatefold covers. Glow in the dark covers.
I fumetti furono imbustati, mercificati e accumulati, mentre la speculazione dilagava.
I fumetti venivano spediti in ritardo – e talvolta non spediti – mentre editori di tutte le razze galoppavano a testa bassa, con poco riguardo verso i loro lettori e nessun rispetto per i rivenditori.
Eroi morivano e rinascevano. Testate venivano cancellate, rilanciate e rimunerate.
Il mercato si espanse.
E poi collassò.
I negozi fallirono.
Un esempio da manuale sia del pensare a breve termine che dell’estrema arroganza aveva portato a un colpo quasi fatale per il sistema di distribuzione delle fumetterie, lasciando in piedi unicamente la Diamond Comics Distributors.
Altri negozi chiusero, col numero dei punti vendita di Direct Market in drastica diminuzione rispetto ai 10.000 raggiunti un tempo; perdite che, a ora, rimangono irrecuperabili.
Marvel Comics presentò istanza di fallimento.
Questo accadde meno di 20 anni fa. Ma andiamo di nuovo avanti rapidamente all’inizio di questo secolo.
Grazie a Joe Quesada e Bill Jemas, Marvel Comics era di nuovo in piedi. Grazie all’attenta supervisione di Paul Levitz e Bob Wayne, DC mise assieme successi passati e presenti per costruire un imponente e sostenibile programma di catalogo di arretrati che per molti versi rimane lo standard del settore.
E grazie alla visione creativa di un gruppo variegato di autori come Craig Thompson, Marjane Satrapi, Warren Ellis, Mark Millar, Brian Michael Bendis, Grant Morrison, Brian Azzarello, Daniel Clowes, Chris Ware e ancora una volta Alan Moore, Neil Gaiman e Frank Miller, così come un afflusso crescente di titoli manga troppo numerosi da elencare, l’industria del fumetto trovò la sua colonna vertebrale.
Per la prima volta dai tempi delle edicole si abbracciò per davvero una vasto pubblico generalista. E il fumetto prosperò nuovamente.
Le cose non migliorano immediatamente, ma il mercato si stabilizzò, e poi cominciò a crescere. Meglio ancora, cominciò a crescere in modi nuovi e diversi.
Nuove voci richiamarono un nuovo pubblico: Jeff Smith. Brian K. Vaughan. Gail Simone. Jill Thompson. Bryan Lee O’Malley. Alison Bechdel. Robert Kirkman. Jeff Kinney.
Con l’ampliarsi dei contenuti offerti dai fumetti, l’intero aspetto del mercato cambiò.
Dove una volta i fumetti vennero sommariamente etichettati come intrattenimento leggero per gli adolescenti, ora ci sono i fumetti per chiunque.
In molti modi, non c’è mai stato un momento migliore per leggere fumetti, ma come si suol dire: “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Un mio collega recentemente ha detto: “non mi è mai piaciuto così poco lavorare nei fumetti”.
Non è il solo.
Nel corso degli ultimi mesi, e spesso dall’inizio di quest’anno, ho sentito commenti simili da tutti gli angoli di questa industria. Scrittori. Disegnatori. Rivenditori. La gente è preoccupata per il futuro.
Ancora.
Non perché siamo in crisi di creatività.
Non ci si può lamentare della salute creativa di un mercato pieno di talenti come Jillian & Mariko Tamaki, Raina Telgemeier, Jeff Lemire, Nate Powell, Kieron Gillen e Jamie McKelvie, Jason Aaron, Marjorie Liu, Julia Wertz, Ron Wimberly, Matt Fraction, Ed Piskor, Fiona Staples, Kelly Sue DeConnick, Scott Snyder, Rick Remender, Erika Moen, Ming Doyle, e molti, molti altri creatori che hanno reso il fumetto moderno la vivace esperienza che è oggi.
No, la gente è preoccupata perché siamo ancora una volta vittima di nostri peggiori istinti. Stiamo lasciando dettare i nostri piani futuri al pensare a breve termine. Stiamo lasciando guidare la nostra strada all’avidità.
Ecco un’altra citazione da segnarsi:
“Coloro che non apprendono dalla storia, sono condannati a ripeterla”
Siamo sopravvissuti al Comics Code e alle edicole, siamo cresciuti – ma nonostante tutte le lezioni che abbiamo appreso lungo la strada, in qualche modo ancora non riusciamo a risolverci a pensare al futuro in maniera responsabile.
Ci preoccupiamo troppo di quello che abbiamo fatto invece di concentrarci su quello che abbiamo, e continuiamo a vendere la paura di perdersi qualcosa come una cosa esaltante.
Quindi siamo tornati ai gimmick, alle variant, ai rilanci e ai reboot e agli stessi vecchi stratagemmi camuffati come eventi, quando tutto ciò realmente desiderano i nostri lettori sono buone storie.
Diamo continuamente entry point ai lettori, ma sta diventando una cosa così comune che il nostro pubblico invece li vede come opportunità per smettere e andarsene. Stiamo interpretando in maniera sbagliata i picchi di vendite come successo a lungo termine, e cosa peggiore di tutte, stiamo spendendo così tanto tempo a trovare la maniera di continuare ad andare avanti che abbiamo perso di vista dove eravamo diretti in primo luogo.
E quando uso ‘noi’, parlo non solo a nome degli editori o dei rivenditori, ma anche della parte creativa.
È tristemente colpa di tutti.
Ma per fortuna, siamo tutti sulla stessa barca.
Quindi ecco la buona notizia:
Non deve per forza andare così.
Veniamo al ComicsPRO ogni anni, e al Diamond’s Retailer Summits, per scambiarci idee su come rendere migliore il mercato in futuro. Gli editori vengono qui per avere un feedback dai loro partner rivenditori, e i rivenditori partecipano per imparare l’uno dall’altro. Più recentemente, i creatori sono stati ben accolti a impegnarsi nella discussione, come è loro dovere fare – in fondo sono parte dell’infrastruttura della nostra industria tanto quanto chiunque altro, verosimilmente la parte più vitale.
Tutti noi vogliamo consigli su come rendere l’industria fumettistica il meglio che può essere, quindi spero che ciò che sto per dire sia preso con questo spirito.
Dobbiamo fermarci.
Se voi – se qualcuno di noi – sta mettendo i bisogni a breve termini davanti al pensiero a lungo termine: fermatevi.
Basta arrestare la vostra stessa crescita facendo le cose nella maniera in cui sono sempre state fatte.
Basta essere così rivolti al passato – alle vittorie passate, agli errori passati.
Basta indugiare nella nostalgia per un’epoca ormai passata. Creativamente parlando, l’età aurea dei fumetti è adesso – risparmiamo la nostra nostalgia per l’oggi.
Se sei un rivenditore che compra più copie di un fumetto di quante ne possa vendere solamente per ricevere una variant: fermati.
Le variant non costruiscono un pubblico duraturo dei libri che stai cercando di vendere. Nel migliore dei casi, pagano dividendi a breve termine; nel peggiore, privano i fan di qualcosa che è limitato nella sua natura. Tutti i fumetti dovrebbero essere per chiunque. Non solo per i collezionisti. Non solo per chi abbia più soldi in mano.
Allo stesso modo, se sei un editore che cerca di imporre con la forza i propri fumetti nel mercato tramite l’uso di variant esclusive che i rivenditori possono ordinare solo incrementando in maniera irresponsabile i loro ordini: fermati.
Nel migliore dei casi stai ottenendo un incremento di vendite a breve termine, e non trai alcun beneficio da pile di fumetti invenduti che riempiono gli scaffali o infilati nelle scatole ‘tutto a un dollaro’.
E sul serio, a parte le quote di mercato, cosa ci guadagniamo a sommergere i clienti di LootCrate di copie di un fumetto che venderà una frazione del primo numero, una volta che sarà uscito il secondo? Abbiamo tutti giocato a questo gioco, e senza un piano di marketing chiaro su come convertire queste copie ‘non richieste’ in vendite reali a lettori reali, non andiamo da nessuna parte. Fermiamoci.
Allo stesso modo, se sei un editore che pubblica troppi fumetti: fermati.
È un mercato affollato.
Sta diventando sempre più affollato ogni settimana. Tutti noi abbiamo pubblicato fumetti che pensavamo meritassero una migliore accoglienza di quella che hanno ricevuto, buoni fumetti – ottimi fumetti pure – che sono passati sottotraccia. L’ho visto succedere. Voi l’avete visto. Nessuno di noi è immune a tutto ciò, perciò fermiamoci.
E iniziamo a dare maggiore considerazione a quello di cui il mercato ha realmente bisogno. Guardate cosa c’è là fuori, quale nicchia è già stata riempita.
Ho bocciato progetti con gli zombi per anni, ma ora, sto bocciando progetti di fantascienza. Sto bocciando progetti horror. Progetti crime. Tutte cose che abbiamo già in abbondanza. A meno che non ci sia qualcosa di davvero degno di nota riguardo a questi tipi di fumetti, il mercato è ormai saturo di cose del genere. Ci sono altri filoni su cui lavorare. Adesso è il momento di iniziare a scavare più a fondo.
Se sei un creatore – uno scrittore, un disegnatore, entrambi – le leggende del tempo che fu hanno fatto il loro lavoro. Per decenni ormai, siamo stati tutti sulle spalle dei giganti. È tempo di fermarci. Lasciamoli riposare. Adesso è il momento di creare nuovi personaggi, di esplorare nuovi mondi, raccontare nuove storie. La nostra industria – il nostro medium – ha una lunga e magnifica storia, ma il passato non andrà da nessuna parte. Il futuro è una strada aperta.
Guardate al successo di Jessica Jones e di The Walking Dead. Guardate a Kingsman di Mark Millar e Dave Gibbons. O al Diario di una ragazzina di Phoebe Gloeckner. Tutte idee da questo secolo che hanno ispirato una genuina esaltazione.
La vera ragione per cui l’industria dell’intrattenimento è al momento così innamorata dei fumetti è perché siamo sempre stati tradizionalmente una sorgente di nuova creatività. Smettiamola di comportarci come brand manager intercambiabili e creiamo.
E se sei un editore che prova a sostenere i suoi numeri distribuendo più di un albo al mese di una singola serie: fermati.
È quasi impossibile per i rivenditori tracciare le vendite accuratamente e mette una pressione esagerata anche sul vostro fan più fedele, e priva gli scrittori e i disegnatori della possibilità di fare il loro lavoro migliore. Infatti, priva gli artisti della possibilità di creare quel tipo di gestione spalmata su più numeri che definisce lunghe e illustri carriere.
Sta a voi – i rivenditori – essere chiari e parlare ad alta voce di come queste pratiche vi colpiscano. Pigre lamentele non cambieranno niente – e non c’è nessun vero beneficio a soffrire in silenzio. Iniziate a dire quando troppo è troppo.
È anche tempo che i rivenditori – non importa quanto nuovi siate sulla piazza o da quanto facciate questo mestiere – inizino a dare un’occhiata più da vicini all’ampia varietà di fumetti sul mercato al giorno d’oggi. È irragionevole per qualunque proprietario di un negozio dire che sono troppo occupati per leggere fumetti. Siamo tutti occupati. Ogni giorno, tutto il giorno. È parte del lavoro.
Quando i creatori mi chiedono quali tipi di fumetti stiamo cercando, io rispondo ‘quelli che ardi di fare’, perché se hanno passione per il loro lavoro, verrà fuori. Siamo tutti parte dello stesso eco-sistema e lo stesso si applica a voi. È l’ABC del corso di vendita. Se conosci il tuo prodotto, avrà più successo quando si tratta di venderlo.
Volete le prove? Le Valkyries.
Non c’è un singolo editore in questa sala che non abbia beneficiato dall’instancabile supporto delle Valkyries, delle donne sparse per tutti gli Stati Uniti che hanno venduto porta a porta fumetti che leggono e amano.
Iniziate a leggere fumetti. Ne venderete di più-
Lo stesso vale per gli editori. Leggete i vostri stessi fumetti.
Leggo il maggior numero possibile dei nostri fumetti. Certe volte non mi piace quello che leggo. Delle volte la presentazione del progetto è migliore del prodotto finale. Non puoi vincere sempre, ma impari qualcosa leggendo quello che pubblichi, anche soltanto quali errori evitare in futuro.
Facciamo tutti degli errori, ma il problema più grande che abbiamo adesso, una cosa che molti di noi stanno già subendo nel 2016, è lo sfrenato interesse personale. Nel bene e nel male però, siamo tutti inesorabilmente connessi in un mercato che è quasi completamente unico – creatori, editori, rivenditori, distributori.
Il Mercato Diretto è stata un’idea brillante che ha salvato i fumetti da un’estinzione prossima, ma oggi è virtualmente l’ultimo bastione di indipendenza. Nel corso degli anni, il Mercato Diretto è stato il luogo di nascita per una creatività mai vista prima, creatività che oggi sta rendendo i fumetti una grandissima forza nel mondo della cultura più ampio. Vogliamo assolutamente trovare nuovi modi di raggiungere i lettori – attraverso librerie e distribuzione digitale – ma per tutte le sue peculiarità, il Mercato Diretto dovrebbe sempre essere un paradiso sicuro su cui possiamo contare, non una miniera a cielo aperto. E se vogliamo che prosegua anche in futuro, dobbiamo smetterla di darla per scontata.
Qualche ultimo pensiero per tutti prima di salutarci.
Primo: non avrete mai nessun miglior alleato di quello che vi dice se state facendo qualcosa di sbaglaito, qualcuno capace di dire ‘no’, quando tutti gli altri stanno dicendo ‘sì’, sia dannato il buon senso. L’onestà è l’unica vera valuta, e ora come ora, è qualcosa di cui l’industria ha bisogno più che mai, perché se non possiamo essere onesti l’uno con l’altro – con noi stessi – su chi siamo e dove stiamo andando, gli errori del passato ci influenzeranno così pesantemente che potremmo non risalire mai più.
Secondo: se tutto quello che vi portate a casa da questo discorso è una condanna a quello che state facendo, se in qualche modo pensate che offrire consigli su come costruire un’industria miglior e più sostenibile significhi che voglio vedere la vostra compagnia o il vostro negozio fallire, vi giuro che non è il caso.
Non è facile andare davanti alle persone e richiamare ogni volta l’attenzione su problemi di lunga data, ma lo faccio perché ci tengo profondamente. Questo è il mio 24esimo anno in questo business, e c’è solo una e una sola ragione per cui sono rimasto così a lungo: amo i fumetti.
Voglio sperare che ognuno qui provi lo stesso e, qualunque siano le differenza fra di noi, condividiamo un amore reciproco per i lavori che creiamo e un fervente desiderio che la nostra industria abbia successo. A prescindere di ciò che pensate di me, nel profondo del mio cuore, sto solo dicendo quello che credo sinceramente debba essere detto, e vi garantisco, non è niente che non dica a me stesso guardandomi allo specchio.
Tutti abbiamo i nostri successi – tutti facciamo errori – ma tutti possiamo fare di meglio.
C’è un intero mondo al di fuori di queste porte, e ogni cosa che creiamo o vendiamo può interessare a tante persone quante ne possiamo raggiungere. Voglio che tutti noi prosperiamo e abbiamo successo, non solo oggi, ma lontano nel futuro.
E infine, qualcuno mi ha mandato una bellissima frase di David Bowie che ho personalmente trovato incredibilmente ispiratrice nel corso delle ultime settimane:
“Se ti sento al sicuro nell’area in cui stai lavorando, allora non stai lavorando nell’area giusta. Vai sempre un po’ più in là nell’acqua rispetto a dove ti senti di essere capace di stare; vai un po’ oltre la tua profondità. E quando ti accorgi che i tuoi piedi non stanno toccando, sei nella posizione migliore per fare qualcosa di emozionante.”
Noi tutti possiamo imparare da questo, non solo perché sono parole sagge, ma perché emozionare è nel nostro DNA.
Abbiamo superato le avversità prima, e abbiamo attraversato numerosi cambiamenti, venendone fuori ancora più forti. La mia più grande speranza è che al posto di serrare le mascelle e guardare all’anno che abbiamo davanti come a un doloroso periodo di transizione, salutiamo la sfide che abbiamo davanti a noi non come ostacoli, ma come una nuova opportunità.