Il manga Domu di Katsuhiro Otomo fu pubblicato in Giappone tra 1980 e il 1981, in quattro capitolo, poi raccolto in volume nel 1983; appena dopo l’esordio dell’autore – avvenuto nel 1979 – e appena prima dell’inizio del suo capolavoro, Akira. Nello stesso anno, fece meritare all’autore il Japanese Science Fiction Award, primo manga a ricevere il premio.
In Italia il libro fu pubblicato tra il 1992 e il 1993 su rivista e in volume da Comic Art, e nel 2005 sulla cinquantaduesima uscita della collana I Classici del Fumetto di Repubblica – Serie Oro.
Domu presagiva in parte temi e toni che poi sarebbero stati sviluppati ampiamente in Akira; ma, nonostante la sua complessità, resta un lavoro per certi versi acerbo e talvolta considerato solo un’anticipazione di ciò che avrebbe riservato l’estro creativo di Otomo. Domu – Sogni di bambini, questo il titolo italiano (perché in originale il nome è composto da due caratteri, quello di bambino e quello di sogni), racconta l’asfissiante storia di un condominio, in cui accadono numerosi gravi incidenti, tra ferimenti, suicidi e omicidi, in un contesto di mistero, ossessioni, emarginazione e ogni sorta di disfunzioni urbane.
La storia dette vita al progetto di un lungometraggio animato. Il titolo aveva del potenziale – uno psicotico thriller urbano figlio distopico del boom del Giappone degli anni Ottanta – nonostante non portasse ancora con sé la forte carica innovativa che si mostra matura in Akira (narrativamente o graficamente) o la complessità visionaria dell’opera composita che fu Memories. Eppure il film di Domu non vide mai la luce. Probabilmente travolto dall’impegno che fu la creazione di Akira, specialmente se si considera che oltre alla lavorazione del fumetto, Otomo fu presto impegnato nella produzione del lungometraggio di Akira (si pensi che ne realizzò anche ogni storyboard lui stesso) fin da molto prima della conclusione del manga a cui era ispirato – serializzato dal 1982 al 1990 – mentre il film fu completato nel 1987 e uscì nel 1988 (in Giappone).
Non è noto il motivo ufficiale dell’abbandono del progetto animato di Domu ma, guardando alle date, sembrerebbe plausibile pensare che sia stato in un certo senso il progetto di Akira a farlo passare in secondo piano. Del progetto animato di Domu oggi rimane la colonna sonora, composta, incisa e stampata su disco (pubblicato nel 1984), per il quale Otomo realizzò la copertina (sotto) e un poster (contenuti nell’artbook antologico del 1989 Kaba).
Le musiche furono composte da Kazuhiko Izu, musicista e compositore la cui produzione principale restano le musiche di Domu, ma che ha comunque lavorato alle musiche di altre produzioni animate (non di rilievo e prevalentemente di stampo erotico: Sexorcist, 1996; Mistery of the Necronomicon, 1999).
I brani sono versioni provvisorie ispirate ai primi bozzetti e storyboard delle scene principali. Si possono sentire su YouTube, ma se ne stanno lì un po’ nascosti: alla ricerca “domu soundtrack” il primo risultato che si ottiene è un brano da Mamma ho perso l’aereo (per via del titolo polacco in cui è contenuto il temine domu) e per trovarla serve digitare il titolo in kanji (童夢). I pezzi sono tutti strumentali (tranne due); alternano sonorità orientali (evocate con strumenti occidentali) ad altre tipicamente anni Ottanta. I passaggi più riusciti sono quelli elettronici e oscuri, con un ambiente che aspira a una cupezza carpenteriana (il regista John Carpenter è autore delle musiche dei suoi film, tra cui Halloween, Fog, Grosso guaio a Chinatown); i momenti più bassi si hanno con passaggi hard rock, quasi inevitabili nell’animazione dell’epoca.
Si fondono quindi horror e fantascienza, anche nel mood sonoro, a riprendere efficacemente i temi del thriller urbano narrato nella storia originale; una serie di brani intensi e interessanti, ma molto meno audaci rispetto al progetto musicale di Akira. In quest’ultimo, le musiche descrivevano la giungla urbana di Neo Tokyo con una commistione tra musica elettronica, musica d’orchestra e percussioni tradizionali Gamelan indonesiane.
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