HomeNews20 frammenti dal diario di una Lucca Comics (quasi) normale

20 frammenti dal diario di una Lucca Comics (quasi) normale

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Quell’enorme frullatore di esperienze, prodotti e persone che è Lucca Comics & Games è finito. Ne sono sollevato. Ma già mi manca. Per tante ragioni, professionali e personali. Che provo almeno in parte a elencare qua. In maniera confusa, di sicuro. Come confuso sarà fra qualche anno il ricordo di questa edizione, al contempo normalissima e orrendamente eccezionale.

1. Il dato dei visitatori dice che LC&G 2015 è andata peggio dell’edizione 2014: 220.000 biglietti contro i 255.000 registrati a consuntivo dell’edizione passata (nota tecnica: il dato è tuttavia incompleto. Alcuni circuiti di prevendita e vendita saranno conteggiati successivamente; presumo che la cifra si attesterà intorno ai 230.000). Ma nell’esperienza di tanti, e per un aspetto cruciale, è andata meglio: la vivibilità. Gli eventi ancora più diffusi sul territorio (penso al percorso sulle mura, ricco e piacevole), il tetto sui biglietti in vendita e una diversa politica dei prezzi a vantaggio del giovedì, pare abbiano contribuito a produrre l’effetto sperato: il traffico di visitatori si è distribuito meglio lungo le quattro giornate. In diversi, tra operatori e visitatori, hanno potuto testimoniare che se il giovedì è parso un giorno più frequentato del solito, la folla del sabato è sembrata la più fluida degli ultimi anni. Qualche editore, va detto, ci dice che le vendite avrebbero registrato un lieve calo. Ma in buona sostanza si può dire che la “gestione del successo” sia stata efficace e abbia prodotto, come effetto, una maggiore qualità dell’esperienza complessiva. LC&G è sempre di più un evento ‘normale’, forse senza vette creative memorabili, ma anche senza eccessi problematici, a differenza di quanto accaduto, talvolta, in passato.

2. Recchioni dappertutto, Ratigher dappertutto, Foschini dappertutto (e un altro che non cito, ehm). Ovvero: c’è chi si spende come non mai, fino a sfinirsi; chi per un unico incontro in tre anni va in ansie paranoidi (tuttovero, ma anche qui non cito); e poi c’è Sio. Che lascia fare qualunque bimbo/a 10enne lo importuni mentre cammina, parla, lavora, pranza. Bonus track: Tuono Pettinato dappertutto, ma dotato di planning disegnato:

tuono

3. I risultati più importanti questa LC&G sembra averli generati “fuori Lucca”. In primis, la nascita della partnership con Feltrinelli, che ha prodotto quella che potrebbe essere l’iniziativa più importante mai sviluppata in Italia sul fronte della promozione della lettura di fumetto: totem espositori dedicati ai Premi Gran Guinigi. Non una novità assoluta, visto il precedente con Napoli Comicon. Ma comunque un fatto che mi pare importante, e persino più dell’analoga partnership avvenuta in Francia qualche anno fa, tra il festival di Angoulême e le librerie Fnac, per il semplice motivo che Fnac era anche uno sponsor, mentre laFeltrinelli no. La crisi aziendale di Fnac fece terminare la partnership; la non onerosità dell’accordo per la catena leader italiana, invece, potrebbe garantire una preziosa continuità nel tempo.

[dal sito laFeltrinelli] Fino al 15 novembre, in tutta la catena di Librerie Feltrinelli, parte un’esposizione speciale dedicata a fumetto e graphic novel “logata” Lucca Comics and Games. Ai tavoli tematici si affianca nelle principali librerie Feltrinelli un totem che presenta la selezione del Premio Gran Guinigi. Altrettanta attenzione verrà tributata al Premio Gioco dell’Anno, con esposizione dedicata del gioco vincitore. Una novità assoluta è rappresentata dalla nascita del Premio Feltrinelli, che premierà l’albo o la graphic novel più apprezzata da una giuria di quindici librai.

4. Sempre al di là di Lucca, un altro risultato importante: quello mediatico. La copertura nazionale e internazionale ha infatti segnato passi avanti non da poco. Innanzitutto grazie all’inviato di Variety, che ha scritto della “geek mecca” toscana in ben tre pezzi. E poi il Tg1 che, dopo anni di relativa ‘assenza’, ha dedicato più di un servizio a Lucca Comics & Games. In coda a un’edizione delle 20: «Presentata a Lucca Comics and Games la prima biografia a fumetti di Bruce Springsteen». Nella rubrica di libri Billy, “in occasione di LC&G” si è vista Silvia Ziche parlare di Lucrezia, si è segnalato il nuovo Asterix, e si è citata la biografia a fumetti Aldo Manuzio di Andrea Aprile e Gaspard Njock. Infine, in un’edizione della sua Doreciakgulp, «Vincenzo Mollica ha parlato per la prima volta di games», come mi ha raccontato quasi euforico un operatore di quel settore. Destino beffardo, però: per una volta che LC&G attira il maggiore TG nazionale, ci finisce per un’anteprima del nuovo Tarantino, per un gioco di carte e per 4 fumetti, ma nessuno dei quali nominato/premiato. Nulla, invece, sulla natura, l’offerta o l’andamento della manifestazione stessa. L’intervistato di turno da Mollica, per un fortunato paradosso, era Gipi. Un volto rappresentativo sì, tuttavia interrogato solo sul gioco Bruti. Insomma: un fatto mediatico importante, che si è tradotto in una copertura straniante da parte dell’ammiraglia dell’informazione italiana.

5. Va detto, comunque, che non è stato niente male vedere Gipi seduto a terra, nello stand di Bruti, impegnato a giocare con i primi utilizzatori del suo card game:

6. Sul fronte mediatico, confesso di essere rimasto deluso dall’occasione rappresentata da Mamoru Oshii. Un regista di primo piano, tanto seminale nell’animazione quanto stimato sia da cinefili che gamers. Eppure, la sua presenza è passata relativamente inosservata. Il suo incontro pubblico mi è parso progettato in modo piuttosto prevedibile, e l’effetto è stato quello di renderlo più invisibile del dovuto alla grande stampa nazionale (online si trovano poche e brevi interviste [una è in arrivo anche qui]). Peccato.

7. Fra le ben 24 mostre non ne ho viste né di troppo banali né di veramente eccezionali (tranne forse quelle dedicate a Tuono Pettinato e Richard McGuire, la prima per l’atmosfera brillante e la seconda per il fascino dei materiali). Tutto “normale”, insomma. Come normali sono rivelati gli incontri: le sale vuote o semivuote, con una manciata di spettatori di cui il 90% amici/colleghi dei relatori, sono ormai casi rarissimi. A funzionare sono soprattutto gli incontri tematici e/o collettivi; quel che dicevo 10 anni fa, quando avviai il format dei Comics Talks – ovvero che le presentazioni editoriali hanno un senso solo in pochi casi (big names/firms o micro-show) – mi pare si stia puntualmente verificando. Certo, mi rendo conto che più proseguo così più sembro riesumare espressioni in stile Massimo D’Alema. Ma la normalità, a volte, è l’esito di un percorso lungo e complicato, di cui è bene rallegrarsi. Per questo mi pare un buon segno anche la presenza di qualche incontro b2b (penso a Bonelli/Bao), sebbene ancora ambiguamente rivolto sia a lettori che operatori. Quel che mi sorprende, piuttosto, è come stia accelerando il disinteresse degli editori per le presentazioni ‘classiche’, a fronte del fatto che la comunicazione al consumatore ormai viaggia online. Il problema, per loro, si fa duplice: da un lato la fatica di farsi capire dagli autori che bramano la gratificazione della visibilità ‘live’, dall’altra la difficoltà di co-progettare buoni concept con l’organizzazione. Per il festival, invece, la sfida è nel sostituire sempre più le presentazioni con ‘incontri-evento’ più articolati, astuti, originali.

8. La soddisfazione per un incontro ben riuscito, in particolare, credo arrivi quando in questo “accade qualcosa”. Non tanto una rivelazione, uno scoop o uno “show”, quanto un’alchimia contagiosa fra gli ospiti, una passione autentica per il tema, una ‘virata’ imprevista, un ragionamento sorprendente. Un qualcosa che non ti aspetti e va al di là del mero svolgimento del titolo. In questo senso, sono felice di avere progettato un certo numero di occasioni che hanno dato vita a episodi che non dimenticherò: l’enfatica dichiarazione di stima di Manuele Fior per lo sconosciuto (ai fumettòfili) Claudio Acciari; il lungo, intelligente, sentito tributo di Matt Fraction per Here di Richard McGuire; scoprire che avere accostato Tsutomu Nihei e Usamaru Furuya aveva persino più senso di quanto pensassi, in virtù della loro relazione e collaborazione giovanile; il livello di speculazione sulla fantascienza che sono riusciti a mettere in gioco Serra, Uzzeo, Lrnz, Elfo, Gabos, Interdonato; le riflessioni decomplessate sulla satira di Natangelo, Spataro e Zuliani; Shintaro Kago che parla dei Monty Python e finisce ricordando l’influenza di Attilio Micheluzzi su Jiro Taniguchi (!).

Questa sera a Lucca Comics & Games ci sarà un comic talk su Miyazaki che mi dovrebbe vedere presente e io cosa faccio? arrivo domani! Geniale!Allora per farmi perdonare ho inviato un mio ologramma, che vi racconterà un po’ di impressioni sullo studio Ghibli. Ci saranno Enrico Azzano, Andrea Fontana, Matteo Stefanelli, Claudio Acciari (ripeto: Claudio Acciari).Mi raccomando allora: Auditorium Fondazione banca Del Monte, ore 18.00. Di seguito un piccolo estratto del messaggio dell’ologramma.

Posted by Manuele Fior on Giovedì 29 ottobre 2015

9. Persone, persone, persone. Lucca C&G significa naturalmente ospiti e nuovi incontri, conoscenze, scambi. Dello scorso anno non dimenticherò la timidezza di O’Malley, la lucidità di Vaughan, il non-so-che di Crumb. Di quest’anno non scorderò invece la guasconeria di Winshluss, la faccia tosta di [non dico chi], e Richard McGuire. Il tipico intellettuale newyorkese che vorresti incontrare in vacanza. Per trascorrere piacevoli momenti serali a chiacchierare, scherzare, raccontarsi ‘storie’ più che ‘lavoro’. Magari insieme ai ragazzi di Fumettologica, per giunta.

10. Quella volta che capii, plasticamente, di non essere altro che il misero retro di un più illustre fronte:

stefanelli

11. Di normale, va detto, c’è ben poco in uno degli aspetti più tradizionali di Lucca C&G. E non intendo i cosplayer (inciso: avete notato come il disprezzo di tanti, nel corso degli anni, sia mutato in bonaria tolleranza, autentica comprensione o cinico utilitarismo?). Mi riferisco ai Premi. Di cui credo di avere scritto, dai tempi di Fumo di China al mio vecchio blog a oggi, qualcosa come una decina di volte. E tutte segnate da un doppio filo rosso: 1) la cerimonia di premiazione è talmente confusa e approssimativa da suonare più un guasto che una opportunità, tanto per LC&G quanto per il fumetto in toto; 2) la ‘meccanica’ del premio non funziona.

12. Questo per dire che, ovviamente, ben venga chi – come Roberto Recchioni – ha voluto criticare su FB questa ennesima prova di debolezza dei premi lucchesi. Meno, invece, quando la critica si esprime definendo “pagliacciate” non tanto la cerimonia, quanto la selezione stessa. Sebbene mi pare chiaro che Recchioni non intenda squalificare l’estro dei premiati (e posso testimoniare i suoi complimenti all’emergente Francesco Guarnaccia) ritengo sbagliato quel che ha scritto. In primo luogo perché la sua tesi secondo cui non siano stati premiati italiani è falsa: oltre a Guarnaccia, hanno vinto la coppia Radice/Turconi, Alessandro Tota, Fabio Visintin, Alfredo Castelli, Zerocalcare, più la rivista (tutt’altro che spagnola…) Lucha Libre, premiata fra le autoproduzioni. Sette italiani (+ 1 rivista) in 11 categorie, ovvero 5 categorie su 11 hanno accolto vincitori italiani. Inoltre delegittimare queste scelte, attribuendo loro una irrilevanza assoluta (“Del resto, chi avevamo noi? Tipo Gipi, tipo Ortolani, tipo Zerocalcare, tipo Boselli, tipo Ambrosini, tipo mille altri)”, è sia scorretto che opinabile. Scorretto, perché Gipi non ha pubblicato nulla nel periodo di riferimento; opinabile, perché Zerocalcare ha comunque vinto il premio Feltrinelli. Sostenere che in alcune specifiche categorie ci fossero altri candidati più meritevoli è non solo possibile, ma legittimo e persino – nel mio caso – condiviso (solo 6 mesi fa, a Napoli, l’ho dimostrato con ben altre valutazioni: Ortolani e il Tex di Boselli, guardacaso, ma anche Visintin, guardacaso); ma che il non premiare questi o mille altri sia una pagliacciata, invece, è solo – e non bado ai toni – uno spiacevole erroraccio. Nemmeno io condivido questi premi; non per questo ritengo che vadano delegittimati.

13. Sul fronte delle scelte opinabili, la mia maggiore sorpresa è stata di non trovare premiato Qui di Richard McGuire. Una di quelle opere che arrivano ogni 10/20 anni (io la metto accanto a Jimmy Corrigan e Asterios Polyp), che dimostrano quale sia la differenza tra un’opera di genio e il resto, che spostano in avanti l’asticella della complessità del medium, che fanno mangiare la polvere tanto a uno Zerocalcare quanto a un Matt Fraction. Riconoscerlo non dovrebbe essere una diminutio per nessun autore talentuoso e intelligente. Ed è stato splendido vederlo dimostrato, in pubblico e senza alcun complesso di inferiorità, dalle parole stesse di Fraction (vedi al punto 8). Lo so: in Giuria, su questa opera, c’è stato un dibattito problematico. E so che alcuni amici e colleghi dei giurati ‘contrari’, si sono stupiti quanto me. La mia opinione resta una opinione, ci mancherebbe. Ma dal mio punto di vista credo sia stata un’autentica occasione persa. Per valorizzare un’opera che, mentre migliaia di altre saranno dimenticate nell’arco di poche settimane, finirà nei libri di storia del fumetto. Un’opera che rende tutti orgogliosi di appartenere allo stesso campo che McGuire ha saputo spingere così avanti. Peraltro, pensa un po’ i paradossi del critico: a me Qui non è nemmeno piaciuta. Eppure, in casi come questo – che, ripeto, non accadono tutti gli anni – non posso non ricordare che il busillis va ben oltre: non è questione di gusto, ma di responsabilità critica. Un concetto poco gradevole, mi rendo conto. Che a qualcuno suonerà retrogrado, presuntuoso o evanescente. Eppure, esiste. E sempre esisterà.

14. Sui premi non ho finito qua. Perché su un altro aspetto Recchioni ed io concordiamo: non è con queste ‘regole’ che si può avere un premio efficace e autorevole. E non solo perché non definisce un confine chiaro tra prodotto italiano e straniero, aprendo il fianco a oscillazioni rischiose in un paese esterofilo come il nostro. Ma perché queste categorie non riescono a dare conto del panorama, ovvero non riescono a produrre una rappresentatività del nostro specifico contesto editoriale; e nodo ancora più delicato e complesso, il meccanismo di submission è sia fallace in sé sia mal governato dai diversi attori (forse non è chiaro a molti: molte opere non sono finite in selezione… perché il loro editore non ha voluto che ci finissero; alcuni editori non hanno persino sottomesso nessuna opera!). Mi pare evidente che i buoni esiti di alcune edizioni dei Premi Guinigi siano dettati perciò da contingenze felici, e/o dalla buona volontà di giurie che hanno saputo aggirare i limiti di un processo farraginoso e lacunoso. Ma un premio importante non può permettersi di “sperare in bene”. Tocca lavorare. Duramente. Per cambiare questi premi che sono ormai un piccolo ma tipico paradosso italiano: i più “longevi” del mondo, figli della manifestazione più “grande” al mondo (Giappone escluso), eppure meno autorevoli di numerosi altri, all’estero come in Italia.

15. Roberto Bianchi, nel panel dedicato all’anniversario di Linus, ha fatto una piccola osservazione molto importante. La grande mostra che nel 2011 a Torino fu il principale evento per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia, aveva presentato una grande varietà di materiali per documentare la storia del nostro paese. Dalle grandi invenzioni ai piccoli manufatti fino ai tanti oggetti della quotidianità che “hanno fatto” l’Italia unitaria. Tuttavia ci siamo dimenticati di notare come in questa straordinaria ricchezza espositiva mancasse una cosa: il fumetto. Mi sembra un punto davvero importante per riconoscere come, nonostante i grandi passi avanti compiuti sinora, alla legittimazione del fumetto come campo culturale “normale” serva ancora parecchio lavoro.

16. Tre cosplay che mi hanno divertito:

 

 

17. Due anni fa ero rimasto colpito dalla qualità di certi “manga italiani” autoprodotti, presentati sugli stand del padiglione Self Area. Più passa il tempo più c’è meno di cui sorprendersi. Un po’ perché ormai il dato creativo è chiaro, un po’ perché anche certa editoria professionale si è gettata a capofitto nel filone. Devo ancora leggerli, ma Miss Hall (che conoscevo come webcomic) e L Tiers (che non conoscevo) li ho acquistati con sincera curiosità. Altri progetti autoprodotti – come l’antologia di Mammaiuto (davvero notevole), o le nuove pubblicazioni di Delebile, Canemarcio, LaTrama, Inuit, invece non mi stupiscono più. Lì dentro ci sono probabilmente alcuni fra i protagonisti dei prossimi anni ’20. E il riconoscimento a Francesco Guarnaccia come Menzione Speciale ne è già un segno.

18. Quella sera. In cui, poco prima di cena, un colpo di telefono mi annuncia: «siamo stati investiti da un’auto. Ci stanno portando via in ambulanza. Volati via. Picchiato la testa. Sangue. Tizio [evito il nome] non reagiva alle parole, non so, è più grave». Tre collaboratori di Fumettologica sono stati investiti, sulle strisce pedonali, violentemente travolti. Mi accompagnano al volo in ospedale. Ne trovo due sul lettino, traumatizzati, feriti, da visitare. Uno scherza un pochino. L’altro è dolorante e angosciato. Il terzo non me lo fanno vedere; finirà poi in rianimazione, con una diagnosi che mi fa deglutire. Parlo. Rassereno. Ragiono. Scomodo medici. Raccolgo e passo informazioni. Mi tremano le mani (più del solito). Aspetto. Dopo 7 ore ne uscirò con uno dimesso e uno lì, addormentato in barella (ma più sereno: solo qualche punto). L’altro sono riuscito almeno a vederlo mezzora, ferito e poco lucido, in procinto di passare alla terapia intensiva. Dormo tre ore e torno in ospedale. Ne dimettono un altro. Cerco il terzo, ma non posso accedere al reparto. Incontro la famiglia. Mi commuovo, e tremo solo un po’. Sono tutti vivi, ma non era così scontato. Inizio la fiera. Vorrei restare ancora con loro (uno è già con me, per fortuna). Tre giorni dopo, due saranno presenti alla cena dei collaboratori di Fumettologica. Cinque giorni dopo mi scriverà il terzo. Una settimana dopo, sono semplicemente felice. Loro, invece, avranno un po’ di cose a cui badare. Per uno di loro, ci vorrà più tempo. Tre buone stelle li hanno guardati.

19. In quella sera nefasta, anche poco prima della 1 di notte, lo staff di LC&G mi ha chiamato più volte. Giusto per tenersi aggiornati e offrire supporto. Grazie. Il giorno dopo, tanti autori e editori hanno voluto donare qualcosa del proprio lavoro a questi ragazzi. Un qualcosa che non serviva a nulla, non c’entrava nulla, e che non avrebbe alleviato nulla. Ma nel grande frullatore dello show, è stato qualcosa. E allora mi permetto di testimoniarlo. Perché ha mescolato insieme le relazioni professionali e quelle personali, la stima e l’affetto, il rispetto e la dolcezza. Perché i piccoli gesti, anche stupidi, anche futili, sono la sola cosa che abbiamo tutti per toccarci senza toccarci, quando il destino ci dimostra quanto ne abbiamo bisogno. Grazie.

20. Per questo LC&G 2015 non la dimenticherò. E pure no, non mi mancherà affatto. Un evento normale per molti, terribile per alcuni, che è andato come è andato. Evviva. O qualcosa di simile.


*Matteo Stefanelli, direttore di Fumettologica.it, è membro dello staff culturale di Lucca Comics & Games, come responsabile dei “Comics Talks”.

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