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Perché San Diego potrebbe dire addio al Comic-Con

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Il Comic-Con di San Diego è una delle manifestazioni fumettistiche più importanti e grandi del mondo. Spodestato l’anno scorso dall’omonima fiera di New York, che per la prima volta dalla sua nascita, nel 2006, ha registrato un’affluenza superiore a San Diego, il Comic-Con ha acquisito peso grazie alla presenza sempre maggiore dell’industria cinematografica che ha trovato nella convention un mezzo ideale per promuovere i propri prodotti a tema supereroistico, sci-fi, fantasy e d’animazione. Il mondo del fumetto ha più volte lamentato la riduzione degli spazi a loro riservati (non solo fisici: i risultati di YouTube per ‘San Diego Comic-Con’ sono quasi tutti dedicati a film o a cosplayer discinte), ma i record di pubblico hanno in parte compensato la convivenza forzosa.

Ora la città potrebbe dire addio alle orde di appassionati e cosplayer, perché Comic-Con International, l’organizzazione a capo della manifestazione, starebbe considerando l’opzione di non rinnovare l’accordo con San Diego, a cui è legata fino al 2016. I motivi: il centro congressi che ospita la fiera le sta ormai stretto e i piani di espansione dello stabile sono stati bloccati l’estate scorsa dalla corte d’appello. «Se il Comic-Con se ne va» ha detto a denti stretti Joe Terzi, a capo dell’ente per il turismo della città, «tra un paio d’anni l’intera comunità si chiederà ‘Come abbiamo fatto a farli scappare?’.»

Ecco come San Diego potrebbe rimanere orfana della convention più famosa del mondo.

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I due loghi del Comic-Con. Quello attuale, a destra, è stato disegnato da Richard Bruning e Josh Beatman nel 1995.

Inaugurata nel 1970 con il nome di Golden State Comic-Con, la manifestazione si tenne dapprima al U.S. Grant Hotel, per poi fare la spola tra alberghi e centri di arti visive fino al 1991, quando approdò al convention center, uno stabile da 57.200 m² che lo ospita tutt’oggi.

Ma, se negli anni Settanta il pubblico che affluiva al festival era nell’ordine delle centinaia, dal 2007 il Comic-Con non fa che sfiorare o raggiungere il tetto massimo di presenze consentite, 130.000 persone. I biglietti vanno esauriti nel giro di ore (nel marzo dell’anno scorso, quando il sito ha aperto le vendite, i badge sono stati bruciati in 75 minuti) e lo spazio del centro congressi non basta più. Proprio nel 2007, Comic-Con International iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di possibili rimpiazzi (tra i papabili: Los Angeles e Anaheim).

L’anno successivo, per favorire il rinnovo del contratto con il Comic-Con fino al 2015 (poi prorogato al 2016), la città approvò una ristrutturazione per espandere il centro. Il piano prevedeva 20.903 m² di spazio fieristico con tetto verde ispirato all’High Line di New York, circa 9.000 m² per i convegni e altri 7.400 m² di saloni.

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Una previsualizzazione del nuovo convention center

Papà ha un borsello nuovo: chi paga?

Per il nuovo convention center l’amministrazione locale preventivò un budget di 520 milioni di dollari, che sarebbero stati in parte drenati dai fondi per i servizi pubblici (105 milioni in trent’anni), in parte dagli aiuti del distretto portuale, che si impegnò a versare 60 milioni nell’arco di vent’anni, e, infine, con l’aumento della Transient Occupancy Tax (TOT), l’imposta di soggiorno della California che il turista paga per ogni permanenza lunga meno di trentuno giorni sul territorio. Corrisponde al 10,5% del conto totale e sarebbe dovuta aumentare di due punti percentuali. Si stimava che il grosso dei fondi, un miliardo in trent’anni, sarebbe arrivato da lì.

Normalmente per aumentare un’imposta la città deve domandare il permesso dei cittadini. È una procedura che, fino a qualche anno fa, era richiesta solo per gli aumenti delle imposte e non delle tasse. Molte amministrazioni, quindi, spacciavano per tasse quelle che erano imposte, aggirando l’obbligo. Nel 2010 venne però approvata la Proposition 26, che impone la consultazione dei cittadini per qualsiasi aumento tributario, rendendo impossibile l’escamotage.

Questo non fermò la giunta comunale di San Diego, che chiese il parere dei soli albergatori, additando come motivazione il fatto che il voto era ad appannaggio esclusivo dei proprietari terrieri degli hotel limitrofi al centro congressi. La lobby degli alberghi dette il suo consenso per l’aumento, ma lo scorso agosto la corte d’appello ha legiferato contro la legittimità del voto.

A opporsi all’espansione, anche i San Diego Chargers, la squadra di football della città che referirebbe vedere usati i soldi per il nuovo stadio; lo vorrebbero a diversi isolati di distanza dal centro convegni. «Potete farci lo stadio e metterci un tetto retraibile, così potete fare i vostri conventicoli quando vi pare» è stata la proposta (parafrasata) dei Chargers. Un ibrido tra un convention center e uno stadium: un convadium.

L’idea del convadium è però poco pratica: non solo la zona adibita è in prossimità di una linea di faglia ed è a forte rischio sismico, ma l’uso combinato dell’edificio farebbe entrare in conflitto alcune delle manifestazioni più grandi con il calendario della NFL, la lega nordamericana di football. I proprietari dei Chargers potrebbero decidere di spostare la squadra, una franchigia dal valore di quasi un miliardo di dollari, a Los Angeles, loro luogo d’origine. Tutto d’un tratto, il sindaco Kevin Faulconer s’è dimostrato aperto all’idea e ha incontrato i progettisti per discuterne. Ma gli hotel si sono opposti a questa decisione e Comic-Con International ha preso le parti degli albergatori.

Come ha scritto Scott Lewis, «Gli hotel non hanno intenzione di finanziare nulla. Se lo volessero, potrebbero firmare un assegno domani con la cifra che ritengono giusta. Il problema è che vogliono che le spese ricadano sui turisti. Lo stesso vale per i Chargers, che potrebbero benissimo pagarsi le spese per uno stadio di proprietà, ma non hanno intenzione di rimetterci i loro soldi.»

Stretto tra i due fuochi, Faulconer deve pensare anche al già esistente centro congressi. Certi elementi architettonici, come l’iconico tetto a vela del padiglione centrale, sono in attesa da cinque anni di essere riparati, ma per i restauri servono altri 36 milioni di dollari.

Dopo l’impasse della corte d’appello, sei anni di lavori e dieci milioni già spesi (tra due diligence, acquisto dei terreni e ingaggio degli architetti), il piano per il nuovo convention center è tornato allo stadio di progettazione. E Comic-Con International è tornata a guardarsi intorno.

A San Diego serve davvero il Comic-Con?

Nel bilancio dell’anno fiscale 2014 (ottobre 2013 – settembre 2014) i numeri parlano chiaro: l’impatto economico del Comic-Con sulla città ammonta a quasi 178 milioni (con 130.000 biglietti staccati), di fatto l’evento più remunerativo dell’anno. Ma a parità di visitatori, San Diego trae beneficio maggiore dalle manifestazioni a sfondo medico: nel 2014, con solo 30.000 presenze, il convegno della società per le neuroscienze ha fatto confluire nelle casse cittadine 128 milioni di dollari. La società per le neuroscienze occupa il secondo posto nella classifica degli eventi più lucrativi per la città e nella top ten compaiono anche i meeting su cancro, reumatologia ed endoscopia toracica.

I convegni medici viaggiano sui cifre più alte rispetto agli altri ambiti. Gli espositori arrivano a pagare 4.500 dollari per un posto alla convention delle neuroscienze, contro i 2.600 degli stand più grandi del Comic-Con. Per i tavolini da casa editrice indipendente si scende a 400 dollari, mentre al convegno delle neuroscienze un’associazione no-profit o un’università è costretta a sborsare 800 George Washington; in più, Comic-Con International è avvantaggiata da una serie di sconti che l’amministrazione locale ha concordato in esclusiva per loro, tra cui il blocco dei prezzi sugli hotel nel biennio 2011-12 e un affitto scontato: quest’anno, mentre per tutte le altre manifestazione il noleggio del complesso ammonterà a circa 400.000 dollari, Comic-Con International pagherà appena 150.000 dollari.

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Gli affitti del convention center negli anni. Da sinistra a destra: il prezzo pieno, lo sconto e il prezzo finale pagato da Comic-Con International.

Di conseguenza, gli introiti che ruotano attorno alle convention – quindi quelli di cui beneficia la città e non gli organizzatori – variano per quantità e qualità. L’appassionato del Comic-Con spende di norma 603 dollari contro i 1.128 che il resto dei visitatori spende in media.

Questo perché le case farmaceutiche, da una parte, foraggiano i professionisti del settore facendoli soggiornare negli alberghi migliori e pasteggiare nei ristoranti stellati; e, dall’altra, il capitale umano dei convegni medici è più sostanzioso: sono inclini a spendere (anche quelli del Comic-Con se è per questo, ma il budget dei primi è più alto) e tendono a prolungare il tempo di permanenza oltre la manifestazione. Al contrario, il Comic-Con può farsi forza di una sola caratteristica: la quantità. I 130.000 fan paganti sono una cifra massimalista, certo, ma la gran parte di loro ha il sacco a pelo nello zaino, un panino e nessun cambio di mutande. Non serve il resoconto del New York Times per immaginarsi le interminabili file davanti a Subway.

I numeri ufficiali, poi, celano un realtà differente. Heywood T. Sanders nel suo libro Convention Center Follies ha spiegato come il giro d’affari del Comic-Con non intacchi la città ma solo i distretti limitrofi al centro congressi. E la National University ha dimostrato che i guadagni sarebbero più esigui rispetto a quanto dichiarato. Uno degli studi di riferimento sull’impatto economico del Comic-Con è vecchio di sei anni e alcuni conteggi sono stati falsati, portando a quei 178 milioni di dollari dichiarati dal report annuale. La cifra reale è più vicina ai 135 milioni. Studi più approfonditi sono inattuabili perché Comic-Con International non autorizza la compilazione di questionari da parte dei visitatori e il centro congressi non ha le risorse per commissionare uno studio dedicato al solo Comic-Con.

A conti fatti, il Comic-Con, che della città è stato il motore propulsore nei decenni passati e ha permesso la creazione di un’industria fieristica, sembra ora portare un ritorno più in termini di immagine. Realtà meno conosciute fruttano a San Diego cifre molto più alte: quello delle birre artigianali, tanto per fare esempio, è un business da 300 milioni di dollari.

Dove altro potrebbero andare?

Gli organizzatori hanno dichiarato che, se dovessero spostarsi, resterebbero nei paraggi del sud California, dove già programmano il WonderCon e l’Alternative Press Expo. Con queste coordinate, le alternative papabili sono due: Los Angeles e Anaheim. La prima si era già fatta avanti nel 2010, quando Comic-Con International aveva paventato la possibilità di una migrazione. I pro: Los Angeles sarebbe la città ideale per le major cinematografiche, che lì sono di casa. Un Comic-Con a L.A. significherebbe abbattere le spese organizzative, specie in un periodo di contrazione come questo, in cui gli entusiasmi sono stati frenati da alcuni insuccessi al botteghino, che hanno costretto i produttori a riconsiderare gli sforzi profusi nella promozione. I contro: le strutture potrebbero non essere pronte per la massa biblica di devoti al culto del pop. La più grande convention del luogo, l’E3, il festival dei videogiochi per addetti ai lavori, conta appena 50.000 presenze. Inoltre, la città degli angeli è a corto di hotel nella zona convention: 5.000 stanze nel raggio di due chilometri (più 2.000 in fase di costruzione), contro le 11.000 di San Diego.

La seconda è una città di 300.000 abitanti situata nell’aerea metropolitana di Los Angeles e sede di un piccolo parco a tema a gestione famigliare chiamato Disneyland. Lì Comic-Con International avrebbe già delle basi d’appoggio, visto che ci organizza il WonderCon, lo show fumettistico che fino al 2011 si teneva a San Francisco. Al contrario di San Diego, hanno già iniziato ad espandere il proprio centro convegni e i lavori dovrebbero terminare nel 2017. Anaheim è messa bene anche a stanze, ne conta più di 13.000 nel solo distretto fieristico.

Mark Evanier, sul suo blog, ha ammesso che, se dovessero traslocare, Anaheim sarebbe la scelta migliore, ma ha fatto notare che le tredicimila stanze della città sono tali solo in potenza: a luglio, quando si tiene il Comic-Con, la località è invasa dalle famiglie che visitano Disneyland. «Per non parlare del traffico. Ogni anno, tra gennaio e maggio, ho fatto questa battuta: se cercate un parcheggio al Comic-Con, partite ora. Se il Comic-Con dovesse davvero trasferirsi a Anaheim nel 2017, e voleste un parcheggio, dovreste partire adesso.»

In merito alle candidature, da entrambe le città è arrivato un secco ‘no comment’. Alternative più remote potrebbero essere Las Vegas e Phoenix, dotate di complessi fieristici gargantueschi. La città del gioco d’azzardo vanta uno spazio di 297.000 m² (più di quelli di San Diego, Los Angeles e Anaheim messi insieme), ma entrambe presentano un panorama di attività collaterali desolante.

Il portavoce di Comic-Con International David Glanzer ha spiegato a Bleeding Cool la situazione: «Altre città ci hanno sottoposto le loro proposte, tutte molto dettagliate, ma noi non stiamo facendo alcuna minaccia. Il nostro problema è semplice. Siamo di fronte a una mancanza di spazio e a dei costi di soggiorno troppo alti per i visitatori.»

Le nuvolette si scuriscono, cosa succederà ora?

L’ente per il turismo di San Diego pensa che Comic-Con International siglerà presto, forse entro la fine di febbraio, un accordo per prolungare la permanenza del Comic-Con fino al 2018. Lo afferma basandosi sugli accordi presi con gli hotel, che hanno già riservato il loro spazio congressi per le attività del festival.

Ripetendo gli espedienti del 2010, come manovra estrema per sgonfiare le sacche di resistenza, la città ha perfino proposto sconti sugli affitti e tariffe bloccate per il biennio 2017-18 sugli oltre cinquanta hotel nell’area del centro congressi, solitamente molto cari nel mese di luglio. Proporre ‘prezzi da comics’ è una pratica comune, ma lo scorso anno gli albergatori della baia hanno tirato la corda: una stanza nel distretto fieristico poteva costare da un minimo di 161 dollari a un massimo di 380. Per ora solo una trentina di alberghi ha accolto la richiesta.

La situazione è incerta abbastanza da spingere il sindaco Faulconer a presentarsi alla prossima riunione del consiglio di amministrazione del Comic-Con per un ulteriore appello agli organizzatori. Glanzer ha tentato di spegnere la questione affermando che «Ci sono molti altri fattori: il costo delle stanze d’hotel, agibilità, spazi disponibili fuori dal centro. Certo, l’ampliamento sarebbe utile per la città e per noi, ma se non dovesse accadere ce ne faremmo una ragione. Se riuscissimo a mitigare gli altri problemi di cui sopra, resteremmo qui senza problemi.»

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