Il testo che segue è la traduzione della risposta di Guy Delisle alla cancellazione dell’adattamento cinematografico di Pyongyang, il suo graphic novel che documenta un viaggio nella capitale della Corea del Nord.
Questa mattina ho saputo che l’adattamento cinematografico del mio graphic novel Pyongyang è stato cancellato. Non ho molti contatti con il team di produzione e per due anni, cioè da quando sono stati venduti i diritti, sono stato informato degli sviluppi da internet. Credo che il modo di Hollywood sia fatto così. Ero a conoscenza che da qualche parte in California la sceneggiatura stava per essere terminata, ma bisognava aspettare che si scegliesse un protagonista per sapere se la pellicola fosse stata un cartone animato o un live action. Quando ho venduto i diritti a una grande azienda americana sapevo, ed ero contento, del fatto che nessuno aveva intenzione di chiedere il mio consiglio su come fare un adattamento cinematografico.
È solo a dicembre che le cose cominciarono a farsi più concrete. Quando annunciarono che Steve Carell sarebbe stato il protagonista del film. Le riprese erano previste per marzo, in Serbia. Poi ho ricevuto una telefonata da Gore Verbinski che mi ha spiegato come immaginava il film. Ero eccitato e mi sento molto deluso di venire a sapere oggi che i progetti sono saltati (non riesco a immaginare come si senta il produttore dopo averci lavorato per due anni). Ciò che mi rattrista di più sono le ragioni che portano alla cancellazione. Uno avrebbe immaginato che una grande azienda non si sarebbe piegata così facilmente alle minacce terroristiche di un gruppo di hacker provenienti dalla Corea del Nord. Ma apparentemente hanno colpito un nervo sensibile.
Nel 2001, pochi mesi dopo il mio ritorno dalla Corea del Nord, stavo inviando le prime pagine del mio libro agli amministratori dello studio di animazione che mi avevano mandato la. Ho pensato che si sarebbero divertiti a leggere come era la vita a Pyongyang, dove era stata prodotta la loro serie tv. La reazione è stata fredda: mi dissero che non mi era permesso parlare del mio soggiorno laggiù e che la mia clausola contrattuale prevedeva una nota di riservatezza che mi impediva di pubblicare un libro sull’argomento. Mi consultai con il mio editore dell’epoca, L’Association, che ha pubblicato le mie prime storie. A Jean-Christophe Menu, il direttore di questa piccola casa editrice, piacquero molto l’idea e le prime pagine del libro. Cercammo la clausola di riservatezza e non la trovammo. Infine mi disse: sarebbe un peccato se si finisse in tribunale, ma questo è un libro che dobbiamo fare.
– Guy Delisle, 19 Dicembre 2014