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11 fumetti per capire il conflitto israelo-palestinese

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Cronache di Gerusalemme, di Guy Delisle (Rizzoli – Lizard)

Con lo stile che ormai è per Delisle un vero e proprio marchio di fabbrica, l’autore canadese continua il suo reportage dai luoghi travagliati e, dopo Pyongyang, Shenzen e la Birmania, con Cronache di Gerusalemme fa il resoconto di un anno di vita in terra israeliana.

Accompagnando la moglie che prestava servizio per Medici Senza Frontiere, Delisle ha vissuto, lavorato, fatto il padre, ma soprattutto osservato, riportando sul suo taccuino – e poi in questo libro – ciò che vedeva, ciò che lo stupiva, della difficile vita quotidiana in uno dei territori mediorientali più complessi e ricchi di contraddizioni. E ciò che Delisle è da sempre più abile a fare nei suoi reportage è proprio mostrare contraddizioni e peculiarità di territori lontani al lettore occidentale, talvolta con un – magari discutibile – occhio privilegiato, talaltra con un malcelato cinismo, ma sicuramente senza alcun giudizio, con grande ironia, e senza esprimere posizioni politiche.

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Unknown/Sconosciuto, di Rutu Modan (Coconino Press)

Rutu Modan è probabilmente la fumettista israeliana più conosciuta al mondo. Grazie al recente La Proprietà, ha inoltre confermato il suo successo, con l’apprezzamento della critica che lo ha eletto vincitore di vari premi tra i più prestigiosi, dal premio Gran Guinigi a Lucca al premio Eisner in USA. Da sempre impegnata nella narrazione della vita quotidiana degli israeliani, della loro cultura, e delle loro contraddizioni, Modan in Unknown/Sconosciuto mostra un’Israele segnata dagli attentati, raccontando la “normale” difficoltà di vivere a stretto contatto col terrorismo e con l’imprevedibilità che esso porta con sé. Il tutto è visto attraverso gli occhi di una ragazza israeliana ‘qualsiasi’, che fa il servizio militare, e che si ritrova a conciliare rapporti umani e sentimentali con la sopravvivenza in un continuo stato di allerta. Una testimonianza ‘leggera’ di una società complessa, in realtà tratteggiata con lucida precisione (anche grafica) e un certo sapore letterario.

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Capire Israele in 60 giorni (e anche meno), di Sarah Glidden (Rizzoli – Lizard)

“Capire Israele” è spesso uno sforzo. Con il suo volto stilizzato e occhi disegnati perlopiù come piccoli punti neri, la giovane statunitense (1980) di origini ebraiche Sarah Glidden offre una prospettiva diversa: uno sguardo naif, a tratti persino spensierato, sulla questione israelo-palestinese.

Il libro è il diario di un’esperienza turistica sui generis, ovvero “Taglit, un viaggio alla scoperta d’Israele”, progetto (finanziato da governo israeliano e privati) che consente a giovani di origini ebraiche di visitare gratuitamente Israele. Nel corso dei giorni, la Glidden – una scettica curiosa – si troverà spesso spiazzata, mettendo in scena le molte contraddizioni tra la normalità della vita in quella regione e la stratificazione ‘nascosta’ di fatti storici e interpretazioni. Più che un reportage o un manuale, il risultato è un’esplorazione (spesso critica) di alcuni dubbi, sia piccoli che grandi, che si affastellano nella mente di tanti cittadini, disorientati da un’informazione dominata troppo spesso dalla propaganda.

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