Steve Oliff colora fumetti ininterrottamente dal 1978. Punto di riferimento per ogni artista del settore, sul finire degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta è stato il colorista più quotato presso la Marvel Comics e, più in generale, una figura chiave del fumetto americano.
In particolare, il lavoro che lo consacrò come innovatore nelle tecniche di colorazione – grazie all’uso pionieristico della colorazione al computer – è datato 1987, quando fu chiamato a definire i colori per l’edizione americana di Akira di Katsuhiro Otomo. Il suo intervento, in grado di offrire alle tavole di Otomo un sapore al contempo tecnòfilo e spettacolare, ricco di effetti ma sempre in equilibrio tra sfumature fredde e roboanti toni accesi, risultò particolarmente efficace, e contribuì a segnare il fascino del più celebre manga cyberpunk di sempre.
Lo stesso Oliff ha raccontato la storia del lavoro per Akira sul suo sito:
Mi furono date 4 pagine da colorare, come prova per una grossa serie. Qualcosa chiamata ‘Akira’, dal Giappone, scritta e disegnata da Katsuhiro Otomo. I fumetti in Giappone sono in bianco e nero, ma per la traduzione inglese volevano che fosse a colori.
Non avevo mai sentito di Akira, ma decisi di metterci tutto l’impegno possibile. Era bella arte su buona carta, così usai ogni trucco che avevo. Aerografo, pantone, matite colorate, pennarelli, pittura, qualsiasi cosa. Non so come fossero le prove degli altri coloristi, ma so che non potevano assomigliare alle mie. Inutile dire che ebbi il lavoro.
Mi fecero volare a New York per incontrare l’artista e il suo editor. Sul volo diedi un occhiata alle immagini dei due volumi di ‘Akira’ che il mio amico Ken Macklin mi aveva prestato. Alcune parti erano state tradotte da Ken, ma non molte. Incontrai Archie Goodwin, Otomo e Yuri-san (l’editor), parlammo degli stili del colore, poi andammo a prendere del sushi e a bere birra.
Akira fu pubblicato nella linea Epic Comics di Marvel in 38 numeri, dal 1989 al 1995, ma la lavorazione dei colori fu lunga e problematica:
All’inizio Marvel separò a mano le mie guide di colorazione. Le separazioni non erano molto entusiasmanti, anzi, erano pessime, così suggerii di lasciarmi provare a colorarlo al computer. Dissero che non gli interessava come lo facevo, bastava che il risultato fosse buono e in linea con i loro pagamenti.
In quel momento nacque la Olyoptics, l’azienda specializzata in colorazione di Oliff, tra le prime a usare il computer per fare il lavoro di separazione del colore.
Due giorni dopo il Natale del 1987, Federal Express consegnò due pacchi al mio ufficio in Point Arena. Era un IBM 286 12mhz, con una scheda grafica AT&T Targa, DOS, il software “Kaliedoscope” e un monitor. Lo montai, lo accesi e caricai alcune pagine di ‘Akira’, poi passai i seguenti tre mesi a colorare Akira #1. Il computer borbottava come un vecchio trattore. Era pieno di errori, sbagliava spesso e si piantava, facendomi perdere tutto il lavoro fatto. Cominciai a salvare dopo ogni poligono.
Per il suo lavoro su Akira, Oliff vinse per 4 anni consecutivi, dal 1989 al 1992, l’Harvey Award come Miglior colorista, e nel 1992 conquistò anche un Eisner Award:
Fui capace di rendere il colore più che una semplice aggiunta, ed ebbi l’abilità di usare variazioni di colorazione ovunque. Riuscii anche a creare colori che nessun altro avrebbe potuto creare. Volevo essere diverso. Volevo che Akira sembrasse unico. Provai a fare qualcosa di nuovo ogni numero. Fui ripagato dei miei sforzi quando vinsi l’Harvey Award per i Migliori colori proprio per Akira, nel 1989.
Con Akira Steve Oliff fece qualcosa di difficilmente immaginabile, per l’epoca, e da quel momento la storia del fumetto – grazie anche all’impulso di quel lavoro – cambiò. Progressivamente, e sempre più rapidamente, l’uso del computer nella stesura dei colori prese sempre più piede. Oggi è ormai il metodo più diffuso per praticare la colorazione nel mondo del fumetto.
Di seguito, una selezione di immagini con le prove di colore originali di Akira.
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