David Vecchiato (Diavù)
Ricordo bene che otto anni fa mi eccitò parecchio l’idea di contribuire alla nascita di XL. Avevo realizzato per un paio d’anni ogni settimana il ritratto dei musicisti protagonisti della recensione principale per “Musica” di Repubblica e spesso consegnavo l’immagine passando in redazione. Un giorno incontrai Luca Valtorta, appena arrivato da Milano proprio per dirigere il mensile che avrebbe accolto l’eredità (e il corpo redazionale) di “Musica” che avrebbe chiuso a breve. Avevo conosciuto Luca di persona qualche anno prima alla redazione di “Tutto” perché fu lui a recensire il disco e il clip della mia band del tempo, i Savalas, ma ci eravamo sentiti per la prima volta anni prima, a metà anni 90, quando lui era a “Max” e mi intervistò perché dirigevo Tank Girl magazine, che era una rivista di musica, fumetto, cinema e molto altro in salsa delirante. Questo per dirti che ci conoscevamo da un po’ e ci capivamo abbastanza bene su alcuni argomenti. Abbiamo trascorso infatti giorni e giorni di quel 2005 in quella che sarebbe diventata la redazione di XL a lavorare sulle idee per il giornale. Tra cui quella di far tornare in edicola un fumetto che aveva animato le fanzine e la cultura underground degli anni 90 e che ormai era stato soffocato a livello di visibilità dalla seriosità d’autore, spesso autoreferenziale, con cui il concetto di graphic novel aveva preso piede in Italia. Mi riferisco a quel nostro fumetto grottesco, a quei pupazzetti che prendono per il culo la realtà che ci circonda. Nacque così lo spazio IUK (Italian Undergound Komix), da una cena a casa mia con Valtorta e Alepop, che metteva assieme autori che negli anni 90 avevano tenuto in vita questo tipo di fumetto sulle fanzine, mentre la maggioranza dei lettori da edicola si era incantata a piangere Pazienza, mentre le riviste di fumetto chiudevano tutte e mentre molti ex-lettori che fino a poco prima avevano creduto in un “fumetto d’autore tutto arte&cultura” si arrendevano al “fumetto-mero-intrattenimento” pseudo-d’autore, rincoglionendosi quindi dietro a Dylan Dog (a mio avviso anche a causa di esperienze editoriali come “Il Grifo”, lunghissimi funerali a Pazienza e ai suoi tempi, incapaci di guardare a quanto fumetto si produceva nel mondo reale). Per fortuna poi il fumetto d’autore si riprese dal trauma-Paz, ma egualmente con fatica si affacciava in edicola. Così chiamai a raccolta, oltre a Alepop e me, Massimo Giacon, Alberto Corradi, Squaz, Francesca Ghermandi, Davide Toffolo, Maicol e Mirco, Tuono Pettinato, Alessandro Baronciani, Ratigher, a cui poi si aggiunsero Pino Creanza, Ale Giorgini, Dr. Pira, e gli altri che hanno partecipato, più o meno fissi o a rotazione, a questa esperienza.
Quello dei pupazzi strani e grotteschi sarebbe stato il fumetto che avremmo rilanciato, o meglio lanciato, visto che non aveva mai avuto tirature come quelle che avrebbe offerto il nuovo mensile de La Repubblica. Ciò ovviamente non toglie che avremmo parlato abbondantemente delle uscite in edicola e soprattutto in libreria, attraverso recensioni, anteprime e interviste. E come collaboratore esterno avrei scritto anche di questo, oltre che di altri argomenti di cui normalmente mi occupo, e non vedevo l’ora di poter trattare su un periodico de La Repubblica anche produzioni come Inguine Mah!gazine, Canicola o le tante dai numeri minori. In proposito ricordo una discussione con Luca Raffaelli, anche lui tra i collaboratori della primissima ora, in cui io sostenevo che era necessario oltre che urgente svecchiare la percezione del fumetto, che dunque Crumb andava considerato un classico, come Will Eisner o Tex, altrimenti non saremmo riusciti a presentare niente di nuovo dandogli il giusto rilievo. Parlavamo di far uscire sulle pagine di XL autori come Joe Sacco e Daniel Clowes, affermandoli come dei classici appunto, e di presentare una sfilza di autori, vedi Gipi che all’epoca aveva pubblicato “Questa è la Stanza”, e molti altri, come nomi già importanti, e non il solito “giovane” o “nuova promessa”, etichette che ti appiccica la stampa generalista quando tratta argomenti che ben poco conosce. Inoltre parlavamo di offrire ogni mese due tavole a vere giovani promesse, perciò spesso alla prima pubblicazione, nella rubrica Italian Underground. Da lì a pochi mesi di uscite in edicola il fumetto ha conquistato ancora più spazio e noi nel periodo di IUK abbiamo realizzato molti speciali, su temi sociali come la scuola della Gelmini o più leggeri come i festival di fumetto (ma nello speciale Napoli Comicon attraverso i nostri personaggi parlavamo dell’immondizia della Terra dei Fuochi o del cadavere di Mario Merola, tanto per capire il tono delle storie), abbiamo regalato disegni e dediche a migliaia e migliaia di persone ad ogni evento in cui abbiamo partecipato, tra comic convention, festival musicali, di cinema o altri ancora, abbiamo portato in tour con XL le nostre performance artistiche e personalmente ho curato la presenza di artisti internazionali come Gary Baseman, Tokidoki, Jeremyville, Buff Monster e altri, affiancati negli stand XLand a firme del fumetto come Tanino Liberatore, Leo Ortolani, Milo Manara e tantissimi altri, tra cui quel Zerocalcare che abbiamo tenuto a battesimo su un numero di XL di 6 o 7 anni fa. E spesso il tutto arricchito da copertine stesse della rivista dedicate al fumetto, o alle tendenze dell’arte contemporanea più influenzate da questo linguaggio. Nel fumetto in Italia XL è stata una rivoluzione intenzionata a dare un grande incoraggiamento al mercato del fumetto, e non so quanti si siano accorti che è stata combattuta anche duramente, perché un editore delle proporzioni del Gruppo Editoriale L’Espresso non guarda certo al fumetto come a un contenuto che attira pubblicità, né tantomeno quantità di lettori. E gli investitori pubblicitari, soprattutto quelli di target alto (automobili, moda, ecc), quando sfogliano una rivista piena di pagine a fumetti gli lanciano delle occhiataccie… Per chiudere posso solo ricordare che, anche grazie a questa diffidenza dall’alto nei confronti del fumetto, nell’ultimo paio d’anni le pagine dedicate ai nostri personaggi si sono ridotte a brevi strisce a tema, e questo ritengo che abbia penalizzato, se non addirittura ammazzato, il significato stesso della loro presenza nel giornale. Ricordo che quella riduzione di spazio è stato il primo sintomo che noi autori abbiamo avvertito di una brutta aria che cominciava a tirare, poi è arrivata la riduzione di formato, la diminuzione di pagine e ora la cessazione delle pubblicazioni. Ti lascio con una mia opinione personale riguardo la chiusura della testata. Sono profondamente grato a XL di avermi fatto incontrare persone incredibili in questi anni, per citarne un paio per XL ho intervistato da Marina Abramovic a Gilbert Shelton per intenderci, e capisco che per molti aspetti è una rivista criticabile, ma mi sembra davvero assurdo che un gruppo editoriale di tale importanza e peso si prenda in questo periodo già nero per l’Italia la responsabilità di chiudere una testata che trattava ogni mese le produzioni culturali meno promosse nei grandi media. È una mazzata, un segnale orribile che una grande industria della comunicazione dà a tutti gli operatori culturali minori, dunque più combattivi, di musica, cinema, arte o fumetto che siano.