“La differenza tra Asterix e Tintin – ha scritto una volta lo scrittore Tom McCarthy – è come la differenza tra un film di Quentin Tarantino e uno di David Lynch. Il primo è intrattenimento spiritoso, il secondo è grande arte”.
In un’epoca di continue -e per certi versi ottime- riscritture e omaggi, scrive Ian Sansom in questo articolo recentemente pubblicato su “NewStatesman”, il caso della prosecuzione della serie “Asterix” nelle mani di due nuovi autori è emblematico. Negli ultimi anni, spiega Sansom, abbiamo visto un nuovo Sherlock Holmes serializzato per la tv, due nuovi libri con protagonista James Bond, un nuovo capitolo della serie Jeeves and Wooster di P.G. Wodehouse (solo per fare qualche esempio) e nessuno si è scandalizzato. Al contrario, è noto a tutti quanto la forma romanzo sia per sua natura capace di auto-rigenerarsi per un lungo, lunghissimo periodo di tempo.
Perchè allora, si chiede Sansom, proprio adesso che il fumetto sta imparando a conoscere le sue reali potenzialità di scrittura, si stigmatizza l’operazione di Jean-Yves Ferri e Didier Conrad come una semplice mossa di marketing? Certo, forse la trama manca di alcune delle complessità e della sottile ironia dei primi albi della serie, ma non è questa una buona ragione per credere che sia meglio fermarsi a rimirare il proprio glorioso passato.
Da questo punto di vista, prosegue lo scrittore, il paragone tra Asterix e Tintin è molto istruttivo. Hergé sembra infatti aver scritto principalmente per il proprio piacere e soddisfazione, senza alcun riferimento alle esigenze e ai gusti degli altri. Asterix, invece, è sempre stato il prodotto di più mani. Tintin è l’immagine del perfetto benefattore, Asterix e Obelix sono un paio di ragazzi con i baffi che indossano buffi pantaloni da commedia. Tintin rispetta un rigoroso codice etico, Asterix e Obelix sono per la lotta. Tintin è concentrato sul processo, Asterix sul risultato.
Se in Tintin c’è una sovrabbondanza di codici da decifrare ed enigmi da risolvere, in Asterix le trame sono molto più semplici e il risultato finale è sempre assicurato: i romani vengono battuti e si tiene un grande banchetto. Ogni storia di Asterix, dopotutto, è in realtà una sorta di copia della prima, “Asterix il Gallico” (1961). Se Tintin aspira continuamente ad essere qualcosa di più di ciò che era inizialmente, Asterix è sempre quello che è (una volta, per difendere il suo lavoro da alcune critiche, Goscinny osservò: “la nostra unica ambizione è quella di divertirci”).
Tintin appare così, ai lettori di oggi, spesso più pretenzioso e lezioso e di conseguenza più datato. Asterix, invece, anche grazie alla sua capacità di proseguire attraverso il lavoro di nuovi autori, raggiunge un livello quasi vicino all’epica. Chi se ne importa, in fondo, di chi sono gli autori. È davvero importante sapere chi fosse Omero?
Di conseguenza, Sansom conclude: “Tom McCarthy preferisce la ‘grande arte’. Bene. Io invece preferisco l’intrattenimento”.