di Ferruccio Giromini*
Non è facile imbattersi in una personalità artistica come quella di Francesco Tullio-Altan. Per capirne meglio la complessità, probabilmente è utile ripensare al suo primo percorso esistenziale. Nato a Treviso nel 1942, frequenta il liceo classico a Bologna, poi le facoltà di architettura di Firenze e Venezia, finché comincia a lavorare come scenografo e sceneggiatore televisivo e cinematografico a Roma. Nel 1970 si trasferisce in Brasile, a Rio de Janeiro, dove lavora ancora per il cinema e comincia a pubblicare fumetti per bambini e per adulti. Sposatosi con Mara, torna in Italia nel 1975 e qui, a Milano, dà inizio alla fase due, quella che lo porta diritto all’oggi.
Ma soffermiamoci ancora sulla fase uno, quella formativa e preparatoria del seguito, che ci può fornire alcune indicazioni molto interessanti. Per cominciare, il nomadismo residenziale degli anni da studente lo immerge nelle realtà distinte di numerose città italiane – e sappiamo che le notevoli differenze che caratterizzano le nostre città possono essere paragonabili a quelle appartenenti ad altrettanti diversi Paesi europei, per esempio. Ed è vero che ogni specifica cultura cittadina offre e incunea qualcosa di differente a chi vi abita, ogni volta quasi una diversa anima.
Altan dunque ha modo di conoscere l’Italia e gli italiani meglio della maggior parte dei suoi connazionali, spesso limitati alla residenza in un solo luogo; e ciò gli verrà alquanto utile in seguito. Poi gli studi artistici e di architettura gli conferiscono un bagaglio di conoscenze tecniche importanti per rappresentare cose e persone e ambienti con il disegno, mentre l’attività di sceneggiatore gli conferisce abilità narrative, così come quella di scenografo gli permette di porre in relazione personaggi e spazi, cominciando inoltre a suggerirgli soluzioni di regia. Il nostro Altan, quello che conosciamo oggi, è quasi pronto.
Quando inizia a pubblicare – e siamo tornati alla fase due – si stacca ben presto dalle principali influenze esterne figlie del suo tempo, ossia da un lato il sinuoso segno psichedelico (alla moda decorativa neoliberty del film animato Yellow Submarine) e dall’altro i fitti tratteggi incrociati (tipici della contestazione, come nella rivista satirica francese Hara-Kiri) per approdare a una semplificazione drastica della linearità, la sua personale cifra espressiva. È il momento di Trino, il suo primo exploit irresistibilmente umoristico, che lo impone come autore già diverso da tutti gli altri.
E qui, dalla metà degli anni Settanta, la sua maturazione definitiva lo fa sbocciare in direzioni contemporanee e divergenti: il fumetto per adulti (Ada, Colombo, Franz, Brandelli, Macao, Cuori pazzi, ecc., altrettanti originalissimi romanzi grafici, che anche nei titoli essenziali esemplificano la sua scelta di massima economia espressiva), la vignetta satirica politica e di costume (con la creazione di nuove azzeccate maschere della nostra infinita commedia dell’arte, tra cui l’operaio Cipputi quale primus inter pares), la produzione narrativa e illustrativa per bambini (dai primi Libri della Kika alla sempreverde diva Pimpa e alle molte visualizzazioni di testi di Antonio Porta, Gianni Rodari, Roberto Piumini, ecc.) e pure l’illustrazione editoriale per adulti (per vari libri di autori come Eliot, Swift, Gogol e per le testate del gruppo Espresso-Repubblica).
Alcune anime distinte, dunque, vissute senza alcuna schizofrenia ma alternantisi e conviventi in perfetta armonia, come l’apparente casualità degli accostamenti successivi operata in questa mostra e in questa pubblicazione può agevolmente dimostrare e confermare. Il caso, non solo qui, esiste e non esiste.
Così, oggi, al lavoro metodico nella fortunata calma provinciale di Aquileia, Altan passa dall’una all’altra delle sue personalità con la naturalezza sintomatica del suo vivace camaleontino Kamillo Kromo, deliziando il suo pubblico (i suoi pubblici, grandi e piccini) con la precisione intelligente dei suoi strali satirici, con la sensualità del suo disegno morbidamente curvilineo, con la gioia cromatica dei suoi contrasti vivaci, con la ferocia affettuosa del suo sguardo. Rendendoci in qualche modo più leggibile, e persino più accettabile, il caos del mondo – e dell’Italia in particolare. Soprattutto, facendo sempre ricorso al sorriso. Una forma del tutto inusuale di sapienza dolceamara offerta in condivisione.
Un regalo, in fin dei conti. Per cui gli rendiamo grazie.
Questo testo è la prefazione al volume Il caso Altan, pubblicato da Edizioni Tapirulan in occasione della retrospettiva su Altan tenutasi a Santa Maria della Pietà, Cremona, dal 6 dicembre 2014 al 18 gennaio 2015. Ora esposta a Genova dal 1 marzo al 7 giungo 2015 presso i Musei di Nervi-Raccolte Frugone.
*Ferruccio Giromini (Genova 1954) è giornalista dal 1978. Critico e storico dell’immagine, ha anche esercitato attività di fotografo, illustratore, sceneggiatore, regista televisivo.