Uno degli editori di riferimento nel campo del graphic novel italiano, Becco Giallo, taglia il traguardo dei 10 anni. E non è poco, per un marchio che, partendo da anni in cui l’etichetta “graphic (o comics) journalism” era ancora un termine sconosciuto ai più, ha caparbiamente costruito un catalogo di fumetti ‘nonfiction’, lavorando intorno all’idea di “fumetto di realtà” nelle sue varie declinazioni, dalle inchieste giornalistiche alle ricostruzioni storiche.
Grazie a questa direzione, l’attività di Becco Giallo ha contribuito come pochi altri – Coconino Press prima, Rizzoli Lizard poi, Bao Publishing in tempi recenti – a spingere la formula del romanzo grafico all’interno delle librerie generaliste. Dei progetti azzeccati e degli errori commessi, dello slancio ideale e delle sfide editoriali hanno parlato con noi Guido Ostanel e Federico Zaghis, i fondatori della casa padovana, intervistati da Sara Mazzucato.
Becco Giallo si appresta a spegnere le sue prime 10 candeline: a chi sono dedicate?
A tutte le persone che in questi anni ci hanno aiutato a sviluppare il nostro progetto: per primi i giovani autori che ci hanno creduto, assieme a singoli insegnanti come Fausta, Grazia e Agnese, bibliotecarie appassionate come Ornella e Martina, librai coraggiosi come Gianmario, Raffaele e Vera, osti generosi come Marco e Moira, associazioni come Il Portico a Dolo e Il Mondo Che Vorrei a Viareggio, Centri Sociali come il Bocciodromo di Vicenza e il Pedro a Padova, gruppi informali attivi sul territorio come Naviter in provincia di Brescia: da soli, senza la loro complicità, noi non saremmo mai arrivati fino a qui.
Cosa vuol dire per voi questo traguardo a due cifre?
Rappresenta un’occasione preziosa per poter fermarci un istante, e dialogare con le persone incontrate in questi anni su ciò che abbiamo fatto fin qui e su ciò che possiamo ancora fare. Soprattutto, ci sembra un segno di buona speranza: se un gruppo di giovani ha un progetto in cui crede, può provare a realizzarlo anche senza avere grandi mezzi a disposizione.
10 anni fa BeccoGiallo si è presentata al mondo del fumetto italiano in maniera inaspettata, proponendo – una dopo l’altra – ricostruzioni di fatti di cronaca passati e recenti discussi e delicati, suscitando perplessità e qualche polemica fra gli addetti ai lavori. Dopo 10 anni che cosa è cambiato?
Per chi allora si era mostrato perplesso sul fatto che fosse opportuno affrontare certi argomenti con i fumetti, specie se con degli autori esordienti, speriamo sia pian piano cambiato qualcosa: “Il gioco delle rondini” e “Mi ricordo Beirut” di Zeina Abirached, “Chernobyl” di Paolo Parisi”, “ABC Africa” di Jean-Philippe Stassen, “Dimenticare Tiananmen” di Davide Reviati, “Martin Luther King” di Ho Che Anderson, le opere di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso e quelle più recenti di Silvia Rocchi, fino al neo premiato “Pop Economix” di Davide Pascutti, crediamo siano il segno di una costante evoluzione nella qualità delle scelte editoriali compiute. Per prudenza, noi restiamo in ogni caso fedeli alle parole del critico del fumetto Salvatore Oliva, che un giorno ci invitò a cena per conoscerci meglio salutandoci a notte fonda con queste parole: “Ragazzi, voi farete strada nel mondo del fumetto. E sapete perché? Perché voi di fumetto non ci capite niente.”
Riproviamo: qual è il principale contributo che pensate di aver portato in dote al mondo del fumetto tradizionalmente inteso?
Con tutti i nostri limiti, forse il fatto di aver proposto una certa laicità di pensiero in un mondo che dall’esterno ci era sembrato un po’ meno conservatore. Provare a parlare di fumetto nelle scuole e nelle biblioteche pubbliche, immaginare un progetto a lungo termine per le librerie di varia, lavorare con molti giovani esordienti, solleticare l’appetito dei quotidiani nazionali puntando sull’attualità degli argomenti affrontati: speriamo che tutto questo abbia almeno in parte contribuito ad ampliare la base di lettori di fumetti in Italia, a beneficio di tutti.
Che cosa vuol dire per voi essere degli editori?
Significa – se pure nel piccolo delle nostre azioni editoriali! – provare a cambiare in positivo il mondo in cui viviamo. Scelte come quella di stare sul mercato con certi titoli piuttosto che altri, pubblicare in Creative Commons le nostre opere, stampare su carta il più possibile sostenibile, sperimentare nuove forme di divulgazione del libro con i Gruppi di Acquisto Solidale, non approfittare di manodopera gratuita con stage e tirocini, offrire il valore simbolico del proprio marchio per scopi che sono in linea con il progetto in cui crediamo, rendersi disponibili gratuitamente per gli incontri nelle scuole, sono solo alcuni degli atti concreti che cercano di guidare ogni giorno il nostro lavoro. Parafrasando Teobaldo Cappellano, piccolo grande viticoltore delle langhe piemontesi: “Il nostro è solo un sogno? Permettetecelo.”
Qual è la fase più difficile del vostro lavoro?
Sono due: la scelta di un titolo e l’editing dell’opera, l’inizio del progetto e la sua parte conclusiva. Individuare la proposta giusta fra tante, decidere di investire su quella che potrà avere la forza di camminare sulle sue gambe, oppure anche solo la scelta del tema da affidare a uno o più autori motivati, sono sempre momenti delicati e in sé un po’ speciali. E poi l’estenuante lavoro di editing, dai primi passi con l’autore fino alla ricomposizione del tutto, scegliendo formati e carte, immaginando le copertine più efficaci. Anche da questi piccoli dettagli può dipendere la buona riuscita di un libro.
Quali sono le esperienze personali e professionali che più vi hanno arricchito?
Primo: il confronto personale con tutti gli studenti universitari che in questi anni hanno scelto di analizzare il nostro lavoro per i loro progetti di tesi. Ci ha resi più consapevoli di ciò che stavamo cercando di fare, oltre che di molti errori commessi. Secondo: essere a volte riusciti a offrire strumenti utili ad alcune persone per continuare a combattere le loro battaglie quotidiane per la verità, la giustizia, la dignità, come è successo a Porto Marghera e in Val di Susa con i libri di Claudio Calia, per la Strage di Bologna con quello di Alex Boschetti e Anna Ciammitti, per Piazza Fontana e Piazza della Loggia di Francesco Barilli e Matteo Fenoglio, per il treno di Viareggio con Gianfranco Maffei, per la piccola Carmela Cirella e la sua famiglia con il lavoro di Alessia Di Giovanni e Monica Barengo, come accade nel piccolo mondo attivo dell’economia solidale con “Chilometri Zero” di Paolo Castaldi.
Quali sono i principali errori che avete commesso?
Ce ne sono a bizzeffe! Ma forse il rammarico più grande è quello di non essere riusciti a tenerci strette tutte le persone che avremmo voluto con noi: per mancanza di tempo, a volte di soldi, per poca esperienza.
Come festeggerete questi primi 10 anni?
Innanzitutto con una pubblicazione speciale per salutare il 2015: si intitola “K.Z. – Disegni dai campi di concentramento nazifascisti”, ed è un volume unico nel suo genere, presentato da Primo Levi, che raccoglie in ordine alfabetico 250 disegni originali realizzati dagli internati durante la prigionia nei lager nazisti d’Europa. Un’opera incredibile, nata tra gli anni Settanta e Ottanta dall’ostinata passione civile del pittore veneto Arturo Benevenuti, che ha visitato decine di musei e archivi pubblici delle città coinvolte nella Seconda Guerra Mondiale portando alla luce centinaia di disegni preziosi. Poi con una serie di piccole iniziative sparse sul territorio, pensate di volta in volta con i nostri principali complici: mostre itineranti di tavole originali nei festival e nei locali di alcune città, incontri nelle scuole, workshop dedicati al giornalismo a fumetti nelle biblioteche. Infine: con un racconto corale a puntate sul web, realizzato da Sara Mazzucato con le musiche della Piccola Bottega Baltazar, che ricostruisce questi primi 10 anni di “resistenza editoriale” dalla prospettiva di chi ci ha visti crescere più da vicino. Eccone in anteprima un piccolo assaggio, con il giornalista Renato Pallavicini, Alino del Napoli Comicon, il blogger Federico Vergari, la maestra Grazia Bonato e gli autori Marco Rizzo e Paolo Castaldi.
Update: BeccoGiallo apre i festeggiamenti per i suoi primi 10 anni inaugurando il suo nuovo blog: http://blog.beccogiallo.net/