di Enrico Piscitelli
Canemarcio è un’autoproduzione bolognese. Ha da poco dato alle stampe un’antologia che s’intitola La caccia e contiene undici storie – di undici differenti autori, alcuni interni al gruppo e altri “ospiti” – e due illustrazioni di Luca Tonin. Il libro è stampato in offset ed è curato in maniera esemplare. Ne avevamo già parlato qui. La fiamma è l’ultima storia della raccolta ed è stata scritta e disegnata da Raffaele (Lele) Sorrentino: mi è piaciuta particolarmente perché racchiude in pochissime tavole innumerevoli sentimenti (la nostalgia, il dolore, la rabbia) e gioca con la capacità del cervello umano di creare dei falsi ricordi per alterare e modificare gli eventi più traumatici del passato.
Lele, che cosa puoi dirmi di Canemarcio che non sia già online? Quanti siete, come vi siete trovati, dove vi ritrovate, e di cosa discutete?
Siamo un collettivo composto da dieci autori. Alcuni membri li abbiamo persi per strada, altri invece li abbiamo conosciuti strada facendo. Ci siamo incontrati (o scontrati) frequentando l’Accademia di Belle Arti a Bologna. Non avendo sede fissa le riunioni avvengono di volta in volta a casa di qualcuno di noi. Discutiamo di tutto, in particolare di cibo, o di che diavolo dovrebbero trattare i nuovi volumi e di come dividere i gruppi di lavoro. Poi ci si rincontra di settimana in settimana, cercando di smussare le cose che convincono di meno. Con l’ultimo volume è stato un lungo percorso, ma credo che possiamo definirci soddisfatti dal risultato finale. Ah sì, una cosa che non è nota e che nessuno di noi è mancino: peccato!
La cosa strana del nostro Paese è che difficilmente gli editori tradizionali hanno la stessa attenzione ai particolari e la stessa cura tipografica che invece avete voi – un gruppo di ragazzi che si autoproduce. Come te lo spieghi?
Molto probabilmente è una questione di tempi editoriali. La nostra media è due libri l’anno, quindi abbiamo parecchio tempo per far crescere, curare e coccolare un progetto. Avere più tempo ci permette di avere una maggiore cura dei volumi. Uno dei problemi maggiori contro cui si sbatte la testa, però, è la distribuzione: festival a parte, è difficile riuscire a fare in modo che un libro sia realmente presente sul mercato. Poi però ci sono anche editori che fanno della cura dei loro volumi un punto di forza, come GRRRz o Bao. Noi crediamo che un bel libro debba essere fatto bene, debba essere piacevole da osservare e toccare, qualcosa di cui ci si possa sentire orgogliosi in libreria. Se poi lo si vuole usare per reggere un tavolo rotto, noi siamo contenti lo stesso.
Quali sono i tuoi riferimenti? Mi dici i nomi di tre autori italiani e di tre autori non italiani che adori?
Su tutti direi che a unire Canemarcio c’è Sylvester Stallone, il nostro mito inarrivabile. Per quanto riguarda me: a caldo direi Paolo Bacilieri, Ratigher e Spugna (perché fa i fumetti con i pugni, mica una cosa da tutti!), tra gli stranieri includerei Yoshihiro Tatsumi, David Mazzucchelli e Farel Dalrymple (a pari merito con Jason e Tomine). Ma si tratta ovviamente di esempi, il bacino è ben più ampio e ci si potrebbe perdere. Credo sia necessario essere affamati di libri, leggere più possibile. Molto spesso comunque è la letteratura a dare dei riferimenti base, autori come Ágota Kristóf, Raymond Carver o Julio Cortazàr sono sempre fondamentali nel mio approccio alla scrittura. Ma anche un attenzione alle altre autoproduzioni è fondamentale, i ragazzi di Delebile, Lok, Teiera, Mammaiuto, La Trama, Ernest, Manticora o la neonata Blanca, per citarne alcuni.
Dieci anni fa chi voleva cimentarsi col fumetto si iscriveva al Dams, oggi invece esistono corsi specifici dell’Accademia di Belle Arti. La meta però è sempre la stessa: Bologna. Se volessi venire lì a dare un’occhiata al fermento creativo e sfogliare qualche autoproduzione, dove dovrei andare?
Beh, ti conviene arrivare in treno, e partire dalla Stazione. Poi, dato che a Bologna ogni cosa è vicina, puoi passare da Modo Infoshop o da Inuit: lì puoi trovare un gran catalogo di autoproduzioni. L’Accademia stessa è sempre stata un centro nevralgico per il fermento creativo o anche semplicemente un punto di partenza. C’è un attenzione reale per quanto riguarda il fumetto e le autoproduzioni in giro per la città. Basterebbe farsi un giro lungo via Mascarella fino ad arrivare alla storica libreria Alessandro per accorgersene. Probabilmente il corso di Fumetto e Illustrazione presso l’Accademia è, ora come ora, qualcosa di raro, se non unico in Italia.
Qualche anno fa un’autoproduzione fiorentina (ma nessuno di loro è di Firenze), Collettivomensa, pubblicò un’antologia che si intitolava “Non si esce vivi dall’underground”. La domanda è: si esce vivi dall’underground? Tu cosa sogni per il tuo futuro? Graphic novel alla Gipi? Lavorare per “l’unico vero editore italiano” (cit. Emiliano Mammucari), cioè Bonelli? Come si campa di fumetti in Italia?
Si campa di fumetti in Italia? Lo spero, ma sono ancora troppo scemo per rispondere. In mio aiuto interviene Patrizia Beretta, che mi ha suggerito la risposta: “Ratigher a Modo Infoshop ha detto: il mio scopo è fare soldi con i fumetti, non diventare ricco sfondato, ma farne abbastanza per vivere del mio lavoro. È un uomo saggio. Non si esce vivi dall’autoproduzione”. Io non posso fare altro che sperare, e rivedermi Over The Top.