Scomparso nel 2012, Jean Giraud – in arte Moebius – è stato un indiscusso maestro del fumetto internazionale, autore di capolavori come Arzach, Il garage ermetico e L’Incal. E come capita ai veri maestri, molti sono i fumettisti e i disegnatori che si sono ispirati al suo lavoro, studiandolo e cercando di carpirne i segreti.
In una intervista del 1996 rilasciata alla rivista messicana La Jornada Semanal e tradotta in inglese dal fumettista e autore di Prophet (Image Comics) Brandon Graham, il disegnatore francese espresse 18 consigli – alcuni piuttosto ermetici, altri più diretti – rivolti a chi vuole fare fumetti. Una serie di preziosi suggerimenti che vale la pena ricordare, per prendere nota.
1. Quando ci si appresta a disegnare, bisogna svuotarsi dei sentimenti profondi come odio, felicità, ambizione, ecc.
2. Per mettere in pratica le proprie idee è importante educare la mano e ottenere la sua obbedienza. Attenzione però alla perfezione e alla velocità, nelle quali non bisogna mai eccedere, come nell’opposto d’altronde. Quando c’è troppa libertà e si disegna di getto – a prescindere dagli errori – non c’è volontà dello spirito, ma solo del corpo.
3. La prospettiva è di primaria importanza. È una regola di “manipolazione” in senso buono, che serve per ipnotizzare il lettore. Per esercitare la prospettiva conviene lavorare sugli spazi reali, più che con le fotografie, .
4. Un’altra cosa da imparare con cura è lo studio del corpo umano, delle posizioni, dei modelli, delle espressioni, dell’architettura dei corpi, della differenza tra le persone. È molto diverso disegnare un uomo o una donna, poiché nell’uomo basta cambiare leggermente le linee per ottenere espressioni diverse. Ma con le donne la precisione deve essere perfetta, altrimenti potrebbero risultare brutte o sgraziate. Quindi, affinché il lettore creda alla storia, i personaggi devono avere vita e personalità proprie, gesticolazioni che vengano dal personaggio e dalle sue “malattie”; il corpo si anima grazie a un messaggio veicolato nella sua struttura, nella distribuzione del grasso, in ogni muscolo, in ogni piega del volto e del corpo. Disegnare è studiare la vita.
5. Quando si crea una storia si può iniziare senza saperne niente, ma serve fare annotazioni (all’interno della storia) riguardo al mondo in cui essa si svolge. Solo così il lettore s’immedesima e s’interessa. Quando un personaggio muore senza avere una storia e una caratterizzazione propria, il lettore non è coinvolto e non prova emozioni. E quando un editor dice: «la storia è inutile, c’è solo un tizio morto, e io ho bisogno di due o trenta persone morte perché funzioni», non credetegli: se il tizio morto – ferito, malato, o nei guai – ha una vera personalità che nasce da uno studio e dalla capacità d’osservazione di un artista, allora le emozioni (e l’empatia) emergeranno. In questo lavoro si deve sviluppare un’attenzione per gli altri, una compassione, e un amore per l’umanità. Ciò è molto importante per la crescita di un artista; se egli vuole essere il riflesso della realtà, deve contenere dentro di sé la propria conoscenza del mondo intero. Deve essere uno specchio che vede tutto.
6. Jodorowsky dice che a me non piace disegnare i cavalli morti. È molto difficile. È molto difficile disegnare un corpo senza vita o che dorme; perché nei fumetti si pone sempre l’attenzione sull’azione. È più facile disegnare persone che combattono, come gli americani disegnano i supereroi. Disegnare persone che conversano è più difficile, perché ci sono una serie di movimenti, molto leggeri, ma che hanno comunque importanza, e che ne richiedono molta, perché c’è bisogno di amore e attenzione per gli altri, per le piccole cose che contraddistinguono la personalità e la vita stessa. I supereroi non hanno personalità, hanno tutti gesticolazione e movimenti uguali (ferocia pantomimica, corse, lotta).
7. Altrettanto importanti sono gli abiti dei personaggi e le condizioni in cui sono. I materiali e i tessuti rappresentano una visione delle loro esperienze, delle loro vite e della loro condizione durante l’avventura. Il che significa dire molto senza parole. In un vestito ci sono moltissime pieghe, uno però deve essere capace di sceglierne 2 o 3: quelle giuste.
8. Lo stile, la continuità stilistica di un artista, è simbolica e può essere letta come i tarocchi. Io ho scelto un po’ per scherzo il nome Moebius quando avevo 22 anni, ma in realtà ha comunque un significato. Se porti una t-shirt di Don Chisciotte, ciò può dirmi molto di te. Nel mio caso, io do importanza a un disegno relativamente semplice, che dia delle indicazioni sottili.
9. Quando un disegnatore esce in strada, non vede le stesse cose che vedono gli altri. Deve essere capace di vedere una documentazione di un modo di vivere e delle persone.
10. Un altro elemento di fondamentale importanza è la composizione. La composizione delle storie deve essere studiata, perché una pagina, o un disegno, è capace di parlare al lettore. Non è una successione di vignette senza significato. Ci sono vignette piene e altre vuote; altre che hanno una dinamica verticale o orizzontale, e in tutto ciò c’è un motivo. Le orizzontali emozionano, le orizzontali calmano; una sequenza obliqua verso destra, per noi occidentali, rappresenta l’azione diretta verso il futuro, mentre una obliqua verso sinistra dirige l’azione verso il passato. I punti di attenzione rappresentano una dispersione di energia. Qualcosa posizionato al centro della pagina focalizza energia e attenzione. Concentra.
Queste sono regole base della lettura, che esercitano una fascinazione, una ipnosi. Un autore deve avere coscienza del ritmo, e inserire trappole in cui far cadere il lettore e in cui non possa muoversi con piacere, poiché piene di vita. Si deve studiare i grandi pittori, quelli che con i loro dipinti parlano. Pittori di ogni scuola o periodo, questo non importa; bisogna studiarne con attenzione la composizione fisica, ma anche emotiva.
11. La narrazione deve armonizzarsi col disegno. Ci dev’essere un ritmo visivo dato dal posizionamento delle parole; la trama deve maneggiarne correttamente la cadenza, per comprimere o espandere il tempo. Bisogna stancarsi di trovare soluzioni per i personaggi e usarli come un regista, studiandoli da ogni angolazione.
12. Attenzione con la devastante influenza dei fumetti nordamericani in Messico [Moebius nell’intervista si riferiva a un pubblico messicano. NDR]. Studiamo poca anatomia e composizione dinamica. Ci interessiamo troppo di mostri, combattimenti, grida e denti digrignati. Tutte cose che mi piacciono, ma ci sono anche molte altre possibilità da esplorare.
13. C’è un legame tra musica e disegno. Ma questo dipende dalla personalità e dal momento. Per circa 10 anni ho lavorato in silenzio. Ora, la musica che ascolto rappresenta il ritmo delle linee. Spesso disegnare è una caccia, trovare la linea perfetta (o solo giusta) è un orgasmo!
14. Il colore è il linguaggio che il disegnatore usa per manipolare l’attenzione del lettore e per creare bellezza. Ci sono colori oggettivi e colori soggettivi; gli stati emotivi dei personaggi influenzano la colorazione, e la luce può cambiare da una vignetta all’altra a seconda dello spazio rappresentato e dell’ora del giorno. Il linguaggio del colore deve essere studiato con attenzione.
15. Specialmente all’inizio di una carriera, un fumettista deve lavorare su storie brevi, ma di alta qualità. C’è più probabilità di concluderle con buoni esiti e piazzarle su un volume che abbia dei curatori.
16. Ci sono volte che, scegliendo un tema, un’esistenza, una tecnica che ci confà o conviene, si è destinati consapevolmente verso il fallimento. Dopo, però, non ci si deve lamentare.
17. Quando un editor rifiuta delle tavole, bisogna interrogarsi sempre sui propri errori. Si devono studiare i motivi del fallimento e da essi imparare. Non è questione di battersi contro i nostri limiti, il pubblico o gli editori. È più una questione di affrontarli come nell’aikido: la forza dell’attacco va sfruttata completamente per contrattaccare.
18. Oggi è possibile trovare lettori in ogni parte del pianeta. Dobbiamo tenerlo presente. Iniziare a disegnare è un modo per comunicare in maniera personale, ma ciò non implica che l’artista debba chiudersi in una bolla. Stiamo comunicando con chi ci circonda, con noi stessi, ma anche con gli sconosciuti. Il disegno è un mezzo per comunicare con una grande famiglia che non abbiamo ancora conosciuto: con il pubblico e il mondo.