ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER
Scritto da Jonathan Hickman, artefice del rilancio degli X-Men iniziato con House of X/Powers of X, e disegnato da Russell Dauterman (La guerra dei regni), Giant Size X-Men 1: Jean Grey and Emma Frost di Marvel Comics è una sorta di remake di Silenzio: salvataggio psichico in corso, storia realizzata nel 2001 da Grant Morrison e Frank Quitely e apparsa su New X-Men 121.
L’albo fuoriserie, uscito lo scorso febbraio negli Stati Uniti e intitolato Into the Storm, racconta infatti dell’indagine che Emma Frost e Jean Grey devono svolgere all’interno della mente di Tempesta, trovata priva di sensi sui prati di Krakoa (l’isola su cui risiede la popolazione mutante).
Come ha spiegato Hickman, «stavamo parlando di cosa avremmo voluto raccontare, e Russell ha citato quell’albo degli X-Men come uno dei suoi preferiti. Quindi ci siamo detti: “Al diavolo, faremo la nostra versione di quella storia”». L’albo è stato realizzato in stile Marvel, una pratica che lo sceneggiatore della Carolina del Sud ha adoperato anche in East of West, cioè con una sceneggiatura scritta sotto forma di soggettone, che poi il disegnatore ha sviscerato nel dettaglio.
Silenzio: salvataggio psichico in corso partiva dalla premessa che la gemella malvagia di Charles Xavier, Cassandra Nova, aveva scambiato, all’insaputa di tutti, la sua coscienza e quella del fratello nei rispettivi corpi. Gli X-Men avevano quindi ridotto in stato comatoso Cassandra senza sapere che Xavier era imprigionato dentro la sua mente. Con Charles a piede libero, Emma Frost e Jean Grey partirono per una missione telepatica all’interno del subconscio di Nova/Xavier.
New X-Men 121 rappresentò uno dei picchi del team creativo formato da Grant Morrison e Frank Quitely, chiamati a rinnovare gli X-Men all’inizio del nuovo millennio, nonché uno snodo importante nel canone del gruppo. L’albo faceva parte dell’iniziativa “Nuff Said!” varata dalla Marvel nell’autunno 2001. Ispirata a un vecchio numero di G.I. Joe scritto e disegnato da Larry Hama, il progetto prevedeva che ogni team creativo avrebbe dovuto realizzare un albo senza ricorrere a dialoghi, onomatopee o scritte varie.
Su Amazing Spider-Man Straczynski e Romita Jr. raccontarono la crociata silenziosa di zia May, reduce della scoperta che il nipote era Spider-Man, X-Force mise in scena l’avventura lisergica dell’omonimo gruppo dentro un poro della pelle di Doop, mentre su Avengers Kang il Conquistatore mise a ferro e fuoco Washington, nella quiete più totale. Morrison non rispettò la regola, perché l’albo contiene scritte e dialoghi, ma lo fece con stile, utilizzando le parole nel momento della rivelazione finale, che suona ancora più clamorosa dopo pagine intere di silenzio.
Into the Storm non è un rifacimento propriamente detto, perché il contesto è diverso, tuttavia agli autori basta cambiare qualche dettaglio, mantenendo inalterato il nucleo della vicenda: Emma Frost e Jean Grey partono per una missione esplorativa nella mente di un mutante per svelare un mistero che riguarda il soggetto in questione.
Giant Size X-Men 1 replica così in modo pedissequo ogni momento del materiale originale. Solo un po’ peggio: con meno grinta, meno slancio e uscendo il meno possibile dal seminato per paura di fare qualcosa di – ugh! – nuovo, diverso, originale, salvo poi dimostrare di non essere in grado di rivaleggiare con la fonte quando ci si azzarda a discostarvisi. E, alla fine, gli autori della storia originaria sono ringraziati con un bel “special thanks” nei crediti.
Per esempio, Morrison e Quitely immaginavano il subconscio di Xavier come una torre su un’isola dove convivevano simboli sessuali, estetiche fetish, fantasy e medievaleggianti. Dauterman ci mostra invece l’animo di Tempesta come un baobab (mi sfugge il senso di mantenere il simbolo fallico) insediato da figurine e stereotipi. Ororo è africana, no? Quindi elefanti e felini, e colori violacei rubati alle sequenze di sogno di Black Panther. Vola tutto a un metro da terra, senza provare nemmeno a, chessò, proporre uno studio un pelo più profondo dell’immaginario africano – o di quello personale di Tempesta. A livello di atmosfera e colori, è tutto meno inquietante, più confortevole e rassicurante.
Ancora, Dauterman disegna Wolverine, in attesa della fine della seduta, mentre annusa un fiore di Krakoa con la curiosità innocente di un bambino; nella versione del 2001 leggeva un libro, noncurante, mentre un Ciclope con faccia da cane bastonato ascoltava della musica. Scelte diverse, pesi diversi – la seconda scena mi pare restituisca meglio il senso di preoccupazione.
Nella versione 2020, Jean deve per forza disapprovare la trincatina di Emma perché alcool=cattivo. Nell’originale, Jean era troppo preoccupata per la sorte di Charles per mettersi a giudicare Emma, mentre nel remake si lascia andare a un commento prossemico moralista, togliendo peso alla gravità della situazione.
Inoltre, la posa di Emma nella vignetta di Dauterman ha un che di sbarazzino, come se bevesse per gusto (e l’occhiata di Jean in questo è coerente), mentre nell’originale lo fa per darsi la carica, come una sorsata di superalcolico prima di togliersi un proiettile dal corpo senza anestesia. Poche, precise scelte che cambiano completamente il tono della situazione. Non so se in meglio o in peggio, ma di certo lo cambiano.
Hickman non è uno sceneggiatore che si presta a giochini nostalgici del genere, abbastanza fastidiosi (non per l’idea di omaggiare un classico, benintenso, quanto più per questo ripiegamento verso il passato che non produce nulla di nuovo nel suo confrontarsi con l’originale).
Non è la prima volta che la sua gestione si mostra debitrice di quella di Morrison, e potrebbe essere che questa scelta sia finalizzata a qualcosa di più grande, però questo Into the Storm per ora non dialoga in maniera proficua con Silenzio: salvataggio psichico in corso e si limita a essere un divertissement di poco conto.
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