HomeComics"La storia della mia vita": raccontare Spider-Man attraverso i decenni

“La storia della mia vita”: raccontare Spider-Man attraverso i decenni

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Sulla carta, Spider-Man: La storia della mia vita sembrava una nuova versione di Spider-Man: Blu, la miniserie antologica di Jeph Loeb e Tim Sale di primi anni Duemila. Blu era un viaggio nostalgico nei momenti più importanti della vita dell’Uomo Ragno, filtrati da una lente romantica e crepuscolare. Le pagine di Loeb e Sale rappresentavano un bellissimo ma stucchevole esercizio di stile che non offriva letture inedite del personaggio.

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La storia della mia vita utilizza una struttura simile a quella di Blu e il rischio che si rivelasse l’ennesimo giochino passatista era alto. Le avventure dell’Uomo Ragno dagli anni Sessanta a oggi, scandite per decenni, sarebbero state un altro giro lungo il viale dei ricordi o avrebbe tentato di farsi ricordare per qualcosa che andasse oltre il remake moderno di vecchie storie?

Inaspettatamente, la coppia di Chip Zdarsky ai testi e Mark Bagley ai disegni ha preferito proporre qualcosa di diverso dal compitino ben svolto. Già sceneggiatore della testata Peter Parker: The Spectacular Spider-Man, Zdarsky ha firmato alcune storie davvero ben ragionate sul personaggio, come Finale, il numero che chiude la sua gestione, che parlava degli effetti di Spider-Man sulla vita delle persone comuni. Ne usciva un ritratto accurato di cosa significa essere l’Uomo Ragno.

L’amabile scanzonato che disegnava Sex Criminals e si vestiva da Flash si è rivelato uno sceneggiatore capace e versatile, in grado di gestire storie leggere o fumetti più cupi (come la recente Daredevil). Storia della mia vita pesca più dalle parti di quest’ultimi, asciugando tutto l’umorismo caratteristico di Spider-Man e donandogli gravitas.

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Invece di ambientare la storia in un eterno presente che, con il passare degli anni nel mondo reale, si sposta sempre in avanti, questo fumetto inizia negli anni Sessanta con un Peter Parker liceale, si muove negli anni della tardo-gioventù, poi attraversa tutti i decenni fino a oggi, con uno Spider-Man adulto e anziano.

Mark Bagley, veterano dei fumetti di Spider-Man che ha disegnato il grosso della produzione ragnesca degli anni Novanta e Duemila (The Amazing Spider-Man, The Spectacular Spider-Man, Venom, Web of Spider-Man, Ultimate Spider-Man), qui ritrova lo smalto perso in anni di prove sbiadite e al ribasso. Insieme a John Dell e Andrew Hennessy (chine), e Frank D’Armata (colori) recupera uno stile efficace e abbastanza dettagliato, pieno di calore.

Non aspettatevi meraviglie da queste pagine, perché quella di Bagley è una mano tradizionale e poco incline all’effetto, con una recitazione tendenzialmente monocorde, però il ritmo e il senso dell’azione sono sopra la media del settore, così come la leggibilità della pagina. Bagley se la cava bene nell’invecchiare progressivamente i volti, affaticando gli occhi, facendo cedere la pelle.

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Anche grazie alla resa visiva dei corpi che si spengono pian piano, l’elemento della crescita percepita, della maturità intellettiva, della vecchiaia introduce un afflato drammatico, e lo scorrere inesorabile del tempo rende la vicenda pregnante. Peter ci viene mostrato sì in varie forme fisiche ma anche con dilemmi morali e responsabilità diverse, a seconda del periodo in cui vive.

Ma non è solo il trucco di farci vedere eroi mortali che consideravamo invincibili a fare funzionare il volume. Invece di andare col pilota automatico e limitarsi a ri-raccontare episodi storici della vita di Spider-Man, Zdarsky e Bagley puliscono l’epopea del personaggio dagli elementi più strambi. La Storia americana (la guerra del Vietnam, il Patriot Act) è intessuta a momenti classici del canone ragnesco (la saga del clone, l’ultimo scontro con Kraven, la nascita di Venom, Civil War) e insieme inseriti in un flusso che è più o meno quello conosciuto, ma le scelte che Peter fa sono radicalmente diverse, più consapevoli, più razionali, più sensate e, soprattutto, meno in balia del caso.

Consapevolezza e cognizione di causa sono il carico da novanta che Zdarsky scarica su Peter, enfatizzando quanto l’elemento della responsabilità sia vitale nelle vicende di Spider-Man. Per tutta la sua durata Storia della mia vita insiste sul costante senso di colpa di Peter di poter e dover fare di più con i propri poteri.

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A rendere “solo” buona questa storia – macchiata, nella versione italiana, da un scarsa cura redazionale (in traduzione c’è un orribile calco come «hai salvato di nuovo la giornata» rispetto all’originale «Saved the day yet again») – è il fatto che il team creativo si senta obbligato, nonostante i cambi di rotta, a tornare poi su terreni noti, riproponendo esiti conosciuti. Il fumetto fa molto affidamento alle conoscenze pregresse del lettore, sballottato tra situazioni e personaggi che vengono dati per assodati, ed è impossibile togliere una certa sensazione nostalgica.

La scelta di affidare i disegni a Bagley è un’ulteriore indicazione che Storia della mia vita punta a far riaffiorare ricordi di gioventù nella mente del lettore. Almeno lo fa senza la pigrizia di altri prodotti simili che si limitano a rimasticare le immagini del passato e, come una guida turistica svogliata che indica un quadro e non lo spiega, chiedono a chi guarda di fare il resto del lavoro.

Spider-Man: La storia della mia vita
di Chip Zdarsky e Mark Bagley
traduzione di Pier Paolao Ronchetti
Panini Comics, gennaio 2020
cartonato, 200 pp., colore
23,00 €

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