Dallo scorso 30 agosto è disponibile su Netflix la prima parte – dodici episodi – di Carole & Tuesday, la nuova, attesissima creazione del visionario regista Shin’ichiro Watanabe (Cowboy Bebop), insieme allo Studio Bones.
Al solo sentire nome di Watanabe, i trenta-quarantenni appassionati di animazione avranno avuto un brivido di nostalgia, ripescando dai ricordi le serate passate su MTV ai tempi della “Anime Night”, appuntamento settimanale nato nel 1999 per portare sul piccolo schermo le migliori novità dell’animazione giapponese.
Fu così che Cowboy Bebop entrò nelle case degli italiani, per diventare molto presto una serie di culto, ancora oggi ricordata come uno spartiacque, capace di riscrivere i canoni di un genere (quello fantascientifico) mescolandolo con molti altri (western, noir, action). Il demiurgo dietro a quell’opera fondamentale, creatore e regista, era proprio Watanabe. E da allora ogni suo lavoro è atteso con impazienza: «sarà ancora possibile quella ‘magia’?».
Le sue serie più note dopo Cowboy Bebop sono state Samurai Champloo del 2004 e Space Dandy del 2014, mai trasmesse in chiaro sulle tv italiane. Anche per questo, girando per la rete, pare proprio che l’attesa per Carole & Tuesday si sia fatta sentire fin dalla release dei primi trailer. Dopo il passaggio tv in Giappone la scorsa primavera, la serie è approdata sulla più nota piattaforma di streaming. E quindi ci siamo: bentornato, Watanabe, dicci un po’.
Carole & Tuesday è un anime musicale, filone da sempre molto amato in Giappone e ben noto anche da noi, ma i tempi di Kiss me Licia e Creamy, così come quelli dei più recenti K-On! e Nodame cantabile, sono lontani anni luce. Qui siamo, letteralmente, su un altro pianeta. È la storia di due ragazze diciassettenni, le Carole e Tuesday del titolo, che sul pianeta Marte, nella metropoli di Alba City, cercano di sfondare nel mondo della musica.
Ritroviamo l’ambientazione fantascientifica, in un futuro non precisato in cui i terrestri hanno colonizzato il pianeta rosso rendendolo una sorta di seconda Terra. Carole è un’orfana che vive di lavoretti saltuari e suona la tastiera per strada, Tuesday è figlia di un’importante politica e i soldi non le mancano, ma scappa di casa con la chitarra (una Gibson Hummingbird) per seguire il suo sogno. Il loro incontro casuale fa scoccare la scintilla e le due, seppur molto diverse di carattere, decidono di comporre musica insieme e tentare la strada del professionismo.
Ad aiutarle arriverà presto Gus, un ex manager sulla via del tramonto che intravede in loro un grande talento e una possibilità di riscatto per se stesso. Parallelamente seguiamo la parabola artistica di Angela, una famosa modella adolescente che vuole debuttare anche come cantante, e del suo produttore Tao, che compone musica servendosi unicamente di intelligenze artificiali.
Quello delle intelligenze artificiali è un tema ricorrente. Queste sono infatti perfettamente inserite nella vita di tutti i giorni, anche come semplici animaletti domestici. Carole ne ha una a forma di gufo che si chiama Ziggy (e non “Jigi”, come erroneamente messo in bocca alle protagoniste, imperdonabile svista di traduzione e doppiaggio), alludendo palesemente allo Ziggy Stardust di David Bowie. Le I.A. svolgono qualsiasi tipo di mansione, dalla sorveglianza degli edifici alla vera e propria creazione di prodotti artistici, e sono largamente usate da tutta la popolazione marziana. Carole e Tuesday invece lasciano un segno in chi le ascolta perché compongono musica alla vecchia maniera – cosa ormai rarissima -, fanno concerti acustici e si presentano come due ragazzine acqua e sapone.
L’aspetto visivo della serie è curatissimo, la città sullo sfondo è dettagliata e brillante, i colori sgargianti. L’idea di “futuro” è resa alla perfezione, sembra di poterlo toccare, nonostante i luoghi della quotidianità siano molto “normali”: l’appartamento, il locale col bancone dove sedersi a bere (che si chiama Slowhand, come il soprannome di Eric Clapton), il fast food, la lavanderia. Ecco però che in un episodio, nella villa di un dj miliardario, tanto famoso quanto sciocco e superficiale, appare un’opera di Banksy (il famoso e recente quadro che si è “autotriturato” non appena acquistato all’asta), ecco che in un dialogo qualsiasi vengono citati “Justin” (Timberlake?), ”Bruno” (Mars?) e qualche altro nome del gotha del pop mondiale.
La storia è perfettamente inserita in un contesto attuale, con richiami nascosti per spettatori attenti. Non possono dunque mancare social media, follower, like, video virali. Le due ragazze cominciano a essere notate quando Roddy, un nerd che poi diventerà per loro un amico prezioso, le scopre a suonare su un palco davanti a una platea vuota e diffonde su YouTube il video dell’esibizione. Tutti gli elementi del nostro presente, mescolato a un futuro forse prossimo (salvo trovarsi su Marte), si fondono tra loro fino a diventare il sottotesto invisibile del racconto.
L’industria musicale è al centro di tutto, nelle sue diverse sfaccettature. Agenti, manager, artisti grandi e piccoli, concerti, festival, pubblicità, ingaggi, anche un talent show televisivo. Questa prima parte della stagione è occupata per tutta la seconda metà dalla partecipazione del duo a Mars Brightest, versione marziana, un po’ semplificata, del nostrano X Factor. Se il ritmo della narrazione giocoforza ne risente, non si può dire lo stesso della colonna sonora, che si arricchisce dei brani degli altri concorrenti, oltre a quelli delle due ragazze. Ogni partecipante ha il suo stile peculiare, viene giudicato da tre giudici bislacchi (uno è una I.A. con l’aspetto di un cagnolino) e si esibisce tra luci sfarzose e atmosfere ricercate.
Il lavoro sul comparto musicale è gigantesco e la colonna sonora è, naturalmente, uno dei maggiori punti di forza della serie (così come lo era in Cowboy Bebop). A cura di Mocky, poliedrico musicista e produttore canadese, si avvale della collaborazione di molti altri artisti professionisti (la lista presente sul sito ufficiale è davvero nutrita), che hanno scritto e composto tutte le canzoni, poi cantate da cantanti veri e non dai doppiatori originali della serie.
Le sequenze in cui Carole e Tuesday suonano sono animate ricalcando i movimenti dei musicisti che hanno registrato i pezzi, per una resa assolutamente fedele e realistica. È il primo anime giapponese a vantare solo brani cantati in inglese, tutti già disponibili su Spotify e raccolti in due CD usciti in Giappone. Dulcis in fundo, i titoli degli episodi richiamano tutti canzoni esistenti, che a volte vengono anche citate dai personaggi stessi. Il prodotto finale è abbastanza mozzafiato. Provate ad ascoltare The Loneliest Girl senza farvi venire la pelle d’oca.
La seconda parte della serie è attualmente in corso di trasmissione sul canale giapponese Fuji TV e dovrebbe concludersi all’inizio di ottobre 2019. Per vedere i nuovi episodi anche da noi su Netflix e farsi un quadro definitivo della serie, quindi, non bisognerà aspettare ancora molto, probabilmente.
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