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Lo strambo Captain Marvel degli anni Sessanta

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Myron Fass doveva essere un bel tipo. Nato nel 1926 a New York, fece il fumettista per tutte le principali case editrici della Golden e della Silver Age: Charlton, Fawcett, Ace Periodicals, Marvel, Quality e altre ancora. Lavorò inoltre per Jerry Iger, l’ex socio di Will Eisner, e per Elliot Caplin, il fratello di Al Capp.

Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta passò dall’altra parte della barricata e si inventò editore di periodici, in particolare di riviste di pin up e di pulp. In quarant’anni di attività pubblicò di tutto, dai porno alle riviste di wrestling e a quelle di ufologia, passando ovviamente per il fumetto. Con l’etichetta Eerie Publications produsse riviste in bianco e nero che cercavano di fare concorrenza alle più famose pubblicazioni della Warren, di cui scimmiottava evidentemente anche i nomi.

La M.F. Enterprises, invece, pubblicò fumetti tra il 1966 e il 1967. In catalogo aveva un western (durato un solo numero) e una serie umoristica (sette numeri) realizzata da Bob Powell, fumettista della Golden Age proveniente dallo studio Eisner & Iger e disegnatore per Topps delle carte di Mars Attacks.

Ma il suo titolo di punta fu un fumetto di supereroi, Captain Marvel (no, non quello di Marvel Comics, in questi giorni nei cinema di tutto il mondo, né quello di DC Comics, che invece nelle sale cinematografiche ci arriverà ad aprile).

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La copertina del primo numero del Captain Marvel di M.F. Enterprises

«Ah, se avessi avuto un centesimo per ogni volta che, negli anni Sessanta o nei primi Settanta, ho detto a una nuova conoscenza o a un tassista che lavoravo per la Marvel Comics e mi sono sentito rispondere: “Ehi, adoravo Capitan Marvel da ragazzino!”», scrive Roy Thomas nell’introduzione all’omnibus del suo Capitan Marvel (quello pubblicato da Marvel Comics).

Chiaramente Thomas non si riferiva alla pubblicazione di Fass ma a un personaggio precedente molto più famoso, di cui l’editore aveva cercato di cavalcare il successo. Era stato il fumetto più venduto degli anni Quaranta, superando anche Superman, motivo per il quale la National (così come si chiamava allora la DC Comics) aveva fatto causa alla Fawcett, che ne pubblicava le avventure.

Serie e casa editrice avevano chiuso nel 1953: nel 1966, quindi, nelle edicole non c’era alcun personaggio con quel nome, e Fass pensò bene di sfruttarlo. Per il suo supereroe l’editore si affidò a una vecchia conoscenza del mondo del fumetto, Carl Burgos, colui che aveva disegnato la prima storia di uno dei primi supereroi della storia del fumetto, la Torcia Umana androide, su Marvel Comics #1. L’albo era stato pubblicato dalla Timely di Martin Goodman, casa editrice che sarebbe poi diventata Atlas e infine Marvel Comics.

Burgos non doveva essere un tizio molto originale. Il suo primo personaggio era un androide supereroe, il nuovo pure. Capitan Marvel era un uomo meccanico costruito da una razza aliena e mandato sulla Terra a combattere i cattivi. Poteva volare, sparare laser dagli occhi e soprattutto separare le sue parti del corpo: braccia, gambe, busto e testa potevano volare in autonomia al grido di “Split!”, per punire il crimine in uno dei modi più bizzarri che la quadricromia ci abbia mai regalato, e ricongiungersi quando Cap urlava “Xam”.

È proprio necessario far notare che “Split-Xam” ricorda la parola magica “Shazam” che Billy Batson urla per trasformarsi nel primo Capitan Marvel, quello della Fawcett?

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Gli straordinari poteri di Captain Marvel e di Tinyman per salvare delle ragazze intrappolate, da Captain Marvel #4

Per ricaricarsi, il Captain Marvel di Burgos doveva sfregare il medaglione che aveva sul petto e poteva inoltre far sparire con il pensiero i suoi abiti civili per sfoggiare la divisa color porpora.

In segreto, l’eroe era il Prof. Roger Winkle della Dartmoor University di Riverview, e l’unico personaggio fisso del cast era un ragazzino di nome Billy, classica spalla che si metteva nei guai per permettere all’eroe di salvarlo.

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Billy è utile anche per rispiegare i poteri di Cap a chi non è stato attento (Captain Marvel presents the Terrible 5 #1)

I suoi nemici, ovviamente, erano altrettanto assurdi, dal terribile Doctor Doom (nessuna parentela) al Doctor Fate (nessuna parentela), dal nemico-amico Tinyman, che decise a un certo punto di abbandonare il circo dove lavorava e mettersi a studiare da avvocato, ad Atom-Jaw (il mio preferito), un tizio con delle vistose fauci in acciaio inox.

Sempre sul filo della violazione del copyright, Cap combatté anche The Bat e un certo Plastic Man, dal nome e dalle abilità pressoché identiche al personaggio della Quality (oggi di proprietà di DC Comics). Forse per evitare di fare la fine della Fawcett, gli autori gli cambiarono il nome in Elastiman alla seconda apparizione.

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Atom-Jaw in lizza come miglior villain dei comic book insieme a Slyde e Stilt-Man (Captain Marvel presents the Terrible 5 #1)

Le vendite del fumetto però non andarono bene. Un articolo apparso su The Wall Street Journal del 13 novembre 1967 parlò di 100mila copie vendute (per le quali un editore odierno stapperebbe svariate magnum di champagne) su 250mila di tiratura. La serie durò quattro numeri più due speciali intitolati Captain Marvel presents the Terrible 5, pubblicati tutti nell’arco di 12 mesi.

Oltre alle vendite non incoraggianti, Fass probabilmente chiuse la testata anche per le pressioni da parte di Marvel Comics: lo stesso articolo del Wall Street Journal sostenne che Goodman gli avesse fatto causa par l’utilizzo del nome.

Non si stenta a credere che il fumetto fosse andato male. Nonostante fossero gli anni della serie tv Batman con Adam West, Captain Marvel risultava davvero ingenua e naif. Le storie erano banali, infarcite di elementi già visti, e i personaggi non avevano alcuno spessore psicologico. Nessuno dei nemici era memorabile, tanto che gli autori stessi ne sbagliavano i nomi: il Dr. Doom dello strillo di copertina, ad esempio, diventava senza problemi il Professor Doom nel titolo della storia.

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Chi vincerebbe tra i Terribili 5 e i Sinistri Sei?

Il protagonista stesso non aveva nessun approfondimento particolare. Erano gli anni dei “supereroi con superproblemi”: nell’aprile del 1966 i Fantastici Quattro litigavano tra loro da quasi un lustro e avevano già affrontato Galactus, Spider-Man aveva perso lo zio Ben da quattro anni e da altrettanto tempo Thor era in esilio su Midgard, gli X-Men vivevano da tre come emarginati e Capitan America era stato scongelato da due.

Un supereroe che aveva come problema principale quello di ritrovarsi con una mano rinchiusa lontano da suo corpo, che non aveva vere motivazioni per il suo agire e che non aveva alcuna vita privata che potesse inserire nella trama degli elementi di attualità non aveva alcuna arma per giocare in serie A.

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Oh no, Captain Marvel, Plastic Man ti ha rubato le gambe! E ora come farai? (Captain Marvel #1)

I testi delle storie furono scritti, almeno in parte, da Roger Elwood, autore di fantascienza non particolarmente dotato e a inizio carriera che sarebbe diventato noto soprattutto come compilatore di antologie di genere negli anni Settanta.

Aggiungiamo poi che i disegni, per quanto realizzati da professionisti, non potevano rivaleggiare né con la potenza di Kirby o la visionarietà di Ditko in casa Marvel, né con la pulizia di un Carmine Infantino in DC Comics.

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Un grande classico: piovre giganti e squali in scene di combattimento confuse, da Captain Marvel presents the Terrible 5 #5 (numerazione fatta a caso, il secondo speciale è il numero 5)

Non si capisce poi esattamente quale fosse stato esattamente l’apporto di Burgos, a cui fu attribuita la creazione del personaggio ma nessuna storia. I disegni del primo numero furono infatti firmati da tale Leon Francho, disegnatore mediocre, legnoso e dalla narrazione spesso confusa.

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Lo strepitoso combattimento del primo numero contro i malvagi patatoni venuti dallo spazio.

La maggior parte degli albi, invece, fu scritta e disegnata da Carl Hubbell, nome che i lettori più attenti potrebbero ricordare nei crediti di qualche fumetto Atlas/Marvel tra la metà degli anni Cinquanta e quella dei Sessanta.

Lautore collaborò a lungo con la Casa delle Idee, disegnando qualche storia horror o di fantascienza per le testate antologiche ma soprattutto svolgendo lavoro di redazione. Il suo pennino era sempre a disposizione per inchiostrare tavole altrui quando i titolari delle serie erano in ritardo con le consegne, ma anche per fare piccole o grandi correzioni sui disegni di Kirby e disegnare redazionali (un’interessante lettura al riguardo si trova sul blog di Nick Caputo, tra i massimi esperti della storia della Marvel). Un professionista rapido, versatile e affidabile, quindi, ma non un grande artista.

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Una delle pagine migliori della serie, scritta e disegnata da Hubbell, da Captain Marvel vs Dr. Darkness, in Captain Marvel #3

Probabilmente fu questo l’errore principale di Fass, affidarsi (per ragioni di budget?) a professionisti solidi ma non all’altezza della sfida. Il suo Captain Marvel è durato un soffio e non ha lasciato nulla in eredità al mondo del fumetto (o meglio, quasi nulla: in fondo è grazie a lui se oggi abbiamo in uscita il nuovo film del MCU… ma di questo ne riparleremo). Rimane una curiosità per i completisti o per gli appassionati del trash.

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Questa scena mi fa impazzire: Captain Marvel è intrappolato e a pezzi ma riesce a liberarsi e ad attivare un ventilatore per sconfiggere Vaporman (da Captain Marvel #3)

Le immagini di questo articolo provengono dal blog di Carl Cafarelli, su cui è possibile leggere tutte le storie di Captain Marvel (qui la prima).

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