Il disegnatore americano J.M. Ken Niimura sarà presente a Lucca Comics and Games 2018, dall’31 ottobre al 4 novembre, in collaborazione con Bao Publishing.
C’è un filone nei racconti per ragazzi che mischia il fantastico con l’elaborazione di un trauma (una perdita, un lutto, un rimosso, una psicosi). Si tratta di storie low fantasy in cui l’elemento immaginario è spurio e circondato da un contesto quotidiano. Un ponte per Terabithia, Sette minuti dopo la mezzanotte, La collina dei conigli sono esempi molto simili tra di loro di questa definizione.
I Kill Giants è un altrettanto valido rappresentante del sottogenere e potrebbe essere facilmente studiato in paragone con i titoli citati. Protagonista del fumetto è Barbara Thorson, ragazzina outsider bollata dai compagni come “stramba”. Vive con il fratello e la sorella maggiore, che fa da genitore a entrambi. A chi le chiede cosa fa tutto il tempo sulla spiaggia dietro casa sua risponde di avere «un lavoro importante» da fare, proteggere la città dai giganti, creature temibili che minacciano da tempo la popolazione. Sistema trappole, prepara difese e gira con la sua borsetta a forma di cuore contenente un’arma potente, Coveleski.
A dieci anni dalla sua pubblicazione originaria, la storia si è dimostrata inossidabile all’erosione del tempo e delle mode. Merito della scrittura di Joe Kelly (fumettista di lungo corso ma anche membro dei Man of Action, il team dietro a Ben 10), ancorata al terreno con i bulloni, e al bianco e nero sbavato e imperfetto di J. M. Ken Niimura. Anzi, col tempo ci ha guadagnato, e si tratta di un’opera più rilevante oggi di quanto lo fosse nel 2008.
È un fumetto per ragazzi dove l’umorismo, la leggerezza e i meccanismi per arruffianarsi quel pubblico sono confinati a qualche pagina appena. Barbara Thorson è un personaggio che gli autori non vogliono in alcun modo edulcorare o invogliarci ad amare, è sgarbata, irruenta senza motivo, ribelle senza una causa, gioca a Dungeons & Dragons con altri ragazzi e lo fa in maniera troppo violenta perfino per i loro standard. Sui suoi capelli arruffati campeggiano un paio di orecchie da coniglio.
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Niimura non fa alcuno sforzo per renderla canonicamente bella e Kelly non si spreca a renderla simpatica. I due ci fanno immedesimare, più che con Barbara, con Sophie, una bambina che vorrebbe esserle amica. Come lei, vorremmo avvicinarci alla ragazza, entrare in empatia con la protagonista, tentare di volerle bene, ma il rapporto è difficilissimo, pieno di incomprensioni e allontanamenti.
Il fascino di Barbara sta proprio in questa distanza siderale rispetto a tutti e tutto, che fa venire voglia di tentare l’ennesimo approccio. La guardiamo dall’alto, con fare condiscendente come fa la sua psicologa scolastica, o dal basso, come Sophie, ma il nostro sguardo non è mai orizzontale rispetto al suo. Tranne nel finale, in cui si capisce il perché di questi comportamenti. All’epoca, mettere un personaggio del genere al centro della scena era una scelta tutt’altro che ovvia, come potrebbe invece esserlo ora, in un momento di narrazioni attente alla rappresentazione femminile.
Spoglio e non-finito, il tratto di Niimura acuisce la sensazione di freddo e desolazione della storia. Disegna il mare gelido, il vento che batte freddo sulla spiaggia, l’isolamento e l’ansia. Le vignette non sono mai ferme, si agitano di continuo. Irrequiete come Barbara, inclinano la linea dell’orizzonte, sono solcate da ombre o linee cinetiche. Leggendole, l’osservatore non è mai a suo agio, non riesce mai a rilassarsi. La confusione, nel senso migliore del termine, innerva tanto i disegni quanto la sceneggiatura.
Kelly e Niimura conducono la vicenda con mano sicura, confondendo i piani della realtà. La sicurezza con cui Barbara conduce la sua crociata, la presenza di spiriti e fatine non aiuta a chiarire la questione. Siamo noi, lettori e comprimari, a liquidare il pericolo dei giganti come parto di una mente troppo fervida, o è lei a ad aver perso ogni senso del reale?
Kelly ci avverte dei limiti dell’escapismo. Va bene utilizzare la fantasia per curare le ferite psicologiche o fuggire da una situazione incomprensibile, ma questa fantasia deve poter in qualche modo portare a una soluzione, non può limitarsi a un placebo. Il rischio è quello di chiudersi fuori dal mondo e non riuscire più ad affrontare i propri traumi. Attraverso il suo ruolo di paladina contro i giganti, Barbara sostituisce un problema ingestibile con uno più alla sua portata. È al comando, come quando gioca a D&D. Diventa sarcastica, insensibile e incapace di comunicare. Ma le ferite, la distruzione, quelle sono vere e restano tali anche se distogli lo sguardo.
È vero che Barbara ha «cose più importanti a cui pensare» che guardare l’ultimo film delle gemelle Olsen con le sue compagne di classe, ma rifiutare qualsiasi contatto e alzare un muro fino a non vedere più la luce del sole non è la scelta opportuna. Aprirsi agli altri è difficile, può significare dolore ma è lo scoglio da superare per entrare in contatto con gli altri. E in essi trovare conforto.
I Kill Giants Titan Edition
di Joe Kelly e J. M. Ken Niimura
traduzione di Caterina Marietti
Bao Publishing, settembre 2018
cartonato, 240 pp, b/n
19,00 €