Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».
Questa domenica è ospite Bruno Oliveira, disegnatore brasiliano attivo nel mercato statunitense per editori come IDW Publishing e Marvel. Tra i suoi crediti più noti, le serie Drones, Mosaic, Gwenpool e Amazing Spider-Man.
Ho scelto una pagina da Ultimates, il quinto numero, scritto da Mark Millar e disegnato da Bryan Hitch. Ora, questa non è la mia tavola preferita ma è una sequenza molto, molto importante per me. Uscì in un periodo in cui stavo studiando come si racconta una storia e per la prima volta in un fumetto di supereroi l’azione non era una serie di primi piani dell’eroe e del cattivo che si picchiano. Era “girato” con un certo distacco, inquadrando da distante le scene e dando un tocco cinematografico che mi fece scoppiare la testa! Dopo quella pagina, gettai al vento tutte le mie idee sulla narrazione e i supereroi e iniziai a pensare a cose nuove.
Quali erano le idee sulla narrazione prima?
Ho sempre voluto disegnare fumetti e i disegnatori che avevo incontrato fino ad allora erano professionisti che lavoravano per Marvel e DC. Quindi la mia ispirazione principale erano quegli artisti. E lo stesso valeva per le storie che volevo raccontare, era così che la gran parte degli artisti le realizzavano (anche oggi è così, pur in maniera minore). Tutto veniva urlato in faccia al lettore, tutto doveva essere sopra le righe e sorprendente. Raramente si prendevano il tempo di raccontare una storia.
Cosa ti colpì di questa tavola?
Quindi quando vidi questa pagina (che, se non ricordo male, fu proprio la prima cosa che lessi di Bryan Hitch e poi andai a recuperare il resto) rimasi sconvolto. Era diversa, mi ci vollero settimane per capire il perché: la sua sicurezza. Non aveva sempre bisogno di una grossa splash urlata (infatti ne usa pochissime). Mi dette una nuova concezione su come disegnare le scene d’azione. E narrativamente parlando, il modo in cui lo fa aveva senso per me, specie dopo essermi studiato a fondo le regole del disegno, era semplice e chiara, perfetta. Non mi persi mai con l’occhio leggendo la scena, sapevo dove fossero i personaggi, cosa stavano facendo e dove stavano andando.
E quando le disegna, quelle splash, non sono mai banali. Penso alla famosa tavola con Capitan America. Steve non guarda in camera, l’inquadratura è tutto meno che scontata e sembra quasi che Hitch stia cercando di smussare le smargiassate di Millar.
Esattamente, la scena in cui indica la A sulla testa è una di quelle pagine “urlate” che però risulta brillante, invece che stereotipata. Sono d’accordo con te, senza Hitch non sarebbe stato un fumetto altrettanto cinematografico. I lavori prima di Hitch come The Authority utilizzavano già le vignette orizzontali e quel senso pulito di racconto è una cosa di cui Millar ha sicuramente approfittato.
Pensi che Ultimates sia il miglior lavoro di Hitch?
Da un punto di vista narrativo, secondo me sì. Ma come disegnatore, preferisco altre cose. Ultimates è troppo perfetto! I suoi disegni sono bellissimi ma se guardiamo Fantastic Four o Authority vediamo uno stile più sciolto, più espressivo e spontaneo. Ultimates ha dei disegni troppo tecnicamente inappuntabili. È noioso come segno, anche se racconta la storia alla perfezione.