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One Piece, il multi-manga dei record

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One Piece è oggi il fumetto – tra quelli seriali e ancora in corso – dei record. In 20 anni di pubblicazione l’opera di Eiichiro Oda è riuscita a cumulare una tiratura di oltre 430 milioni di copie nel mondo (dato di ottobre 2017), generando così, con il solo manga, un volume d’affari impensabile anche per l’intero fatturato di molti editori di fumetto (e non) occidentali.

One Piece è dunque, stando a questi dati, non solo uno dei fumetti più diffusi al mondo ma, molto probabilmente, il fumetto di un singolo autore più venduto di sempre (Asterix se la gioca, con 370 milioni di copie vendute, ma è l’opera di un duo creativo, ultimamente diventato un quartetto).

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La copertina del primo numero dell’edizione italiana di One Piece, edito da Star Comics

Un successo superiore, dunque, a quello cumulato da Dragon Ball nel suo – pur lunghissimo – arco temporale. Ma cosa ha spinto l’opera di Oda a questo livello di fortuna? E cosa ha di diverso, questo, da altri shonen? Mettiamola così: One Piece è molti manga insieme.

Il “multi-manga” di Oda, in effetti, è un prodotto trasversale per contenuto, stile e registri, che riesce a parlare e ad intrattenere molti pubblici diversi. Trasversale perché contiene molte cose diverse, associate e integrate con grande equilibrio. Lo stile del suo disegno è, da questo punto di vista, il più nitido esempio.

Mediando tra due mondi culturali e stilistici – la tradizione dello shonen e la sintesi disneyana – Oda disegna personaggi estremamente esagerati e caricaturali, ma riempiendoli di dettagli e inserendoli in scenari ben definiti e realistici (pur nella loro natura estremamente fantasy). Ne risulta uno stile peculiare, Tezukiano (o Disneyano) alla radice, ma figlio del suo tempo, con tantissime influenze dal semi-realismo degli shonen anni 80-90. Molti personaggi di Oda hanno senza dubbio volti e anatomie assimilabili a modelli cartooneschi antecedenti alla sua epoca, pur mantenendo una verosimiglianza che li tiene lontani dal rischio di diventare “puro disegno”.

Se questo approccio visivo ha certamente contato molto, aiutando One Piece a farsi riconoscere, accettare ed apprezzare da lettori di diverse età e tipologia, è però nel racconto e nella sua articolazione seriale che Oda ha trovato il suo specifico equilibrio. Un multi-equilibrio, naturalmente.

One Piece: un manga, molte (ma molte) storie

La lunga saga di One Piece è composta da tre, grandi strati di racconto: le avventure dei personaggi principali, le ricche vicende di tantissimi personaggi secondari (dai comprimari agli antagonisti) e la Storia del suo (e nostro) mondo. One Piece è, insomma, una saga corale e uno stratificato affresco storico fondato sulla descrizione di un vasto universo immaginario.

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Le avventure di Rufy e compagni sono la base. Rufy è un pirata, e si muove tra i mari in un pianeta in cui imperversa un conflitto costante tra pirati e ‘Governo mondiale’ con lo scopo di divenire il nuovo “Re dei pirati”. Nei lunghi anni in cui One Piece è arrivato fin ad oggi il suo protagonista ha formato la sua ciurma, ha conquistato fama e potere in un modo coerente e graduale. Rufy non entra in scena già nel pieno delle forze o in maniera dirompente: ci viene presentato come un debole bambino e si mette immediatamente nei guai costringendo Shanks, uno dei personaggi centrali, a sacrificare per lui il suo braccio. Solo nell’ultima pagina del primo capito vediamo un Rufy cresciuto, finalmente in grado di cavarsela, ma soltanto all’inizio del suo lunghissimo viaggio.

Il protagonista conosce e recluta i suoi compagni uno alla volta il. E la sua ciurma scopre gradualmente, assieme al lettore, le logiche che regolano l’intero mondo di One Piece. Rufy ottiene finalmente una nave, sconfigge personaggi conosciuti in lungo e in largo, sfida direttamente il governo e stringe alleanze con altri pirati in modo da raggiungere il suo scopo finale. La sua taglia da ricercato salirà gradualmente fino a renderlo, assieme ai suoi compagni, conosciuto in tutto il mondo, al punto da avere emuli che ne rubano il nome, nemici giurati in cerca di vendetta, alleati, sottoposti e addirittura una “ciurma pirata” la quale ne è un vero e proprio fan club.

One Piece, come dicevamo, è una serie davvero corale, come raramente avvenuto nella storia dei manga. I personaggi sono centinaia, decine dei quali tornano a più riprese prendendo parte attiva all’evoluzione della storia. Le “Mini Avventure” sono forse la più originale dimostrazione: di numerosi comprimari seguiamo le avventure nei frontespizi dei vari capitoli, attraverso singole vignette accompagnate da didascalie. Nessun altro mangaka, prima di Oda, aveva fatto questo uso narrativo – ed espansivo – della tradizionale pagina introduttiva con titolo e frontespizio.

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Una vignetta di una Mini-Avventura di Bagy

Si tratta di un uso che, peraltro, ha l’effetto di inserire un linguaggio diverso e per certi versi retro’ – la vignetta –all’interno di un manga moderno, ribadendo l’approccio dell’autore al confine fra tradizione e sensibilità attuali. Un uso tutt’altro che decorativo: molte di queste vignette si ricollegano spesso alle avventure di Rufy e compagni, portando ad eventi fondamentali nella macrostoria.

Tra i più memorabili personaggi secondari ci sono: Bagy, l’antagonista più amato dai lettori, al centro di numerose Mini Avventure; Portuguese D. Ace, pirata la cui ricerca di Barbanera viene raccontata proprio attraverso le Mini Avventure; e un’infinità di altri, alcuni dei quali assenti per anni ma protagonisti di riusciti “ritorni in scena”, talvolta fondamentali per la trama. Basti pensare a quelli di Bagy o del primo grande villain Sir Crocodile ad Impel Down, la prigione sottomarina.

Infine, One Piece è anche il racconto e l’esplorazione di un mondo – Quello della rotta Maggiore, il tratto di mare costellato di isole alla fine del quale si trova l’immenso tesoro del Re dei pirati, lo One Piece – oggetto dello straordinario lavoro di world building di Oda.

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Una mappa del mondo di One Piece

Del mondo di Rufy conosciamo geografia e politica, la sua organizzazione, le sue dinamiche sociali e di potere. Oda non elabora intrighi o piani machiavellici – One Piece è più un’avventura esotico-fantastica che un thriller d’azione – ma gestisce con cura lo sviluppo del contesto politico (legale e criminale) in cui cala i suoi personaggi. Emerge l’esistenza del Governo Mondiale, un’enorme unione di stati assimilabile alle nostre Nazioni Unite, delle sue componenti militari e spionistiche; incontriamo gli “astri di saggezza”, ovvero i suoi capi supremi, a loro volta sottomessi ad un’intoccabile casta nobiliare, invischiata però in loschi affari come i traffici di schiavi e di armi.

Un dettaglio per volta, insomma, il mondo della Rotta Maggiore si chiarisce. Se ne scoprono le strane proprietà (ad esempio: l’esistenza di magici “frutti del diavolo”, che donano poteri soprannaturali a chi li mangia; o la presenza di alcuni “mari del cielo”, sospesi nell’atmosfera) e la bizzarra struttura sociale, composta da numerose razze fantastiche o leggendarie, con diverse caratteristiche, obiettivi, sistemi economici, cosmologie.

Nel corso di 20 anni di storia editoriale, One Piece si è senza dubbio presentato come uno shonen manga simile ad altri per temi e formula narrativa: protagonisti maschili moralmente irreprensibili, largo spazio all’amicizia e al sacrificio personale, enfasi sulla forza di volontà. E quintali di scene d’azione, naturalmente.

Tuttavia, rispetto ad altri shonen di successo, la creazione di Eiichiro Oda è stata diversa sotto un importante aspetto: il world building. La ricca stratificazione del mondo di Rufy, che sembra sempre più vasto dei suoi stessi personaggi, è allora il vero cuore del piacere che questo manga ha offerto a un paio di generazioni di lettori. Pieno di particolari, dettagli, sotto-mondi e sotto-trame, comunità e individualità grandi o piccole, One Piece è stato e resterà non tanto “un pezzo” ma, semmai, “moltissimi pezzi” della storia del manga.

Articolo a cura di Alex Citton

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