Forse non tutti sanno che Asterix ha un fratello maggiore. No, non è Obelix, il suo grosso compagno di avventure, bensì un pellerossa di nome Umpah-Pah, creato dagli stessi “papà” René Goscinny e Albert Uderzo, che ritorna finalmente in Italia grazie a ReNoir / Nona Arte.
È il 1958. Goscinny è uno dei più prolifici sceneggiatori del mercato franco-belga, scrive i testi di Lucky Luke ed è assunto dal settimanale Tintin, dove collabora sia con Uderzo che con molti altri disegnatori. Quando la redazione chiede ai due amici di creare una serie, loro recuperano un vecchio progetto, nato addirittura per il mercato americano sette anni prima con la complicità di Harvey Kurtzman, ma che non aveva mai trovato un editore. Si tratta delle avventure di un pellerossa di nome Oompah Pah.
Rinnovato il design, cambiata l’ambientazione dal XX al XVIII secolo, l’indiano è pronto a fare il suo esordio su Tintin il 2 aprile 1958 con la prima puntata di “Uompah-Pah le peau rouge”. In poco più di tre anni i due autori realizzano cinque avventure, prima di dover abbandonare il personaggio a causa della mole di lavoro a cui sono sottoposti: nel 1959 insieme ad altri autori hanno fondato il giornale Pilote, per il quale Uderzo disegna la serie Tanguy e Laverdure, e soprattutto sulle cui pagine hanno dato vita ad Asterix. L’impegno di portare avanti tre serie in contemporanea è troppo gravoso per il disegnatore, e d’accordo con Goscinny la serie chiude con il quinto episodio.
Umpah-Pah è un possente indiano della tribù dei Koseekosah (Shavashavahs in originale), le cui avventure iniziano nel momento del suo incontro con un nobile francese, Hubert de Profiterol (de la Pâte Feuilletée), detto Doppio-scalpo. La serie è quindi giocata sulla differenza di cultura tra i due, il selvaggio e l’uomo di corte. Quanto Umpah-Pah è massiccio e forzuto, tanto Hubert è esile, sembra sempre sul punto di spezzarsi. La vita selvatica gli è estranea, abituato a cerimoniali e rituali della nobiltà di Versailles e incapace di muoversi nei boschi senza mettersi nei guai. Umpah-Pah invece è la perfetta incarnazione del “buon selvaggio”: puro, semplice, dal cuore d’oro e non corrotto dalla civiltà. Come è giusto per un personaggio per i ragazzi, non conosce la violenza (a parte una certa predisposizione alle risse) o la vendetta, ed è spinto dalla curiosità e dal desiderio di fare del bene.
La sua superiorità rispetto all’amico è chiara quando, alla fine del ciclo di storie, ci si rende conto che Umpah-Pah non ha imparato nulla dalle usanze dei bianchi, nonostante sia stato addirittura alla corte del re Francia, ma sono invece Hubert e i suoi compatrioti ad uscire arricchiti dalla sua vicinanza. È la stessa ideologia alla base delle avventure di Asterix, in cui i civilizzati Romani si dimostrano ogni volta più incivili dei “barbari” Galli, che resistono sempre e ancora all’invasore e alla sua cultura fatta di decadenza e corruzione.
Le somiglianze tra le due serie sono profonde e ben visibili, quasi come se le storie dell’indiano fossero una prova generale per Asterix. Ovviamente, essendo i fumetti disegnati da Uderzo negli stessi anni, hanno uno stile molto simile – nasoni, linee cinetiche spesse e numerose, personaggi grotteschi -, ma presentano anche molte situazioni ed elementi ricorrenti.
La scrittura di Goscinny è ricca di tormentoni, giochi di parole e invenzioni linguistiche, soprattutto nei nomi dei personaggi, come il vecchio indiano Dente-solitario che diventa Dente-solitario-che-è-caduto-e-ora-non-c’è-più quando perde il suo unico dente, o il nobile prussiano Frantz Ktazenblummerswishundwagenplaftemboom, invenzioni linguistiche che saranno una delle basi dell’umorismo di Asterix. Ma si possono trovare anche molte gag comuni alle avventure del pellerossa e del piccolo gallo: gli animaletti e le galline che Uderzo fa agire sullo sfondo, le cadute di stile dei capitribù Toro Paffuto e Abraracourcix, gli avversari usati come mazze durante le risse… Addirittura in Umpah-Pah compare una ciurma di pirati che, come il successivo Barbarossa di Asterix, va per abbordare e finisce affondata.
Con queste premesse, ci si potrebbe aspettare che Goscinny e Uderzo abbiano inserito numerosi rimandi al pellerossa negli albi di Asterix, ma non è così. Nemmeno in “Asterix in America”, che pure gode della stessa ambientazione geografica di Umpah-Pah anche se con 18 secoli di distanza, si può trovare una citazione diretta. Soltanto una sequenza sembra essere ripresa dall’altra serie, ovvero quando l’indiano catturato da Obelix racconta a gesti le circostanze del loro incontro, in modo analogo a come fa Umpah-Pah nella sua prima avventura.
L’unico contatto, seppur a distanza, tra i due eroi è nel film d’animazione “Le dodici fatiche di Asterix”, in cui il giavellotto lanciato da Obelix arriva fino in America al villaggio dei Koseekosah.
Umpah-Pah in Italia non ha avuto una vita facile. Pubblicato sul Corriere dei Piccoli tra il 1967 e il 1970, quando la redazione aveva un rapporto molto stretto con le Lombard e pubblicava numerosi personaggi del settimanale Tintin, è stato riproposto dal Messaggero dei ragazzi a metà anni Ottanta e da Mondadori in tre volumi tra il 1998 e il 2000.
Venerdì 18 aprile uscirà in fumetteria e libreria per ReNoir / Nona Arte l’integrale di Umpah-Pah in un unico volume cartonato, con una nuova traduzione e una ricca introduzione che ne racconta la genesi. Che il puma, suo totem, gli porti finalmente fortuna e faccia riscoprire in Italia questo fratello dimenticato di Asterix.
Per i curiosi, qui abbiamo messo a confronto 11 scene di Umpah-Pah con 11 scene simili di Asterix.
Umpah-Pah l’integrale
di René Goscinny e Albert Uderzo
ReNoir / Nona Arte, 2014
190 pagine, €24,90