Nella lista delle grandi gestioni supereroistiche, quella di Brian Bendis su New Avengers, per intensità, durata e bontà dei contenuti, non può mancare. Con quest’opera monumentale articolata in un centinaio di albi sparsi su otto anni di pubblicazione, Bendis ha stravolto tutto quello che i lettori sapevano dei Vendicatori, dimostrando che le storie del gruppo erano un concentrato di azione e avventura che, con il linguaggio giusto, potevano rivaleggiare con i blockbuster del cinema, ma ancora nessuno ne aveva scritte così. Se esistono i film Marvel, è anche merito di New Avengers.
Di cosa stiamo parlando: Nei primi anni Duemila, Brian Bendis ricevette l’ingrato compito di far tornare rilevanti i Vendicatori, ormai popolati da membri di serie B e con storie risibili. «Continuavo a chiedermi perché questi non fossero davvero “gli eroi più potenti della Terra”», ricordò Bendis in un pezzo celebrativo apparso su Comic Book Resources. «Voglio dire, chi cazzo è Fante di Cuori? Dovrebbe essere la squadra con gli eroi più forti di tutti.»
Lo sceneggiatore, che era già riuscito a togliere la polvere da Daredevil e Spider-Man restituendo loro il ruolo di beniamini del pubblico, utilizzò lo stesso approccio che aveva contraddistinto i suoi lavori supereroistici precedenti: cancellare tutto. Prese il vecchio team dei Vendicatori, lo distrusse ricostruendolo dalle fondamenta con nuovi personaggi (Spider-Man, Wolverine, Luke Cage), nuove dinamiche e uno stile che fece subito presa sui lettori.
New Avengers erano i Vendicatori ridotti alla loro essenza, come afferma Capitan America nei primi numeri: niente tecnologie, niente fondi, niente politiche, niente governi, solo un posto dove incontrarsi e avventure da vivere. Bendis mise il gruppo al centro delle vicende dell’universo Marvel, facendo diventare New Avengers il punto d’inizio per ogni grande evento dell’anno, da House of M a Civil War, passando per Secret Invasion o Assedio.
Bendis condivideva con Mark Millar, suo compagno di giochi alla Marvel nei primi anni Duemila, un atteggiamento iconoclasta che si traduceva nell’apertura verso mosse commerciali, nel disprezzo per le tradizioni e nella volontà di smantellare le astruse continuity e rimpacchettare concept vetusti in agili prodotti cripto-televisivi. Dove Millar era uno scapestrato che si faceva vanto di essere un cavallo pazzo incapace di lavorare sulla lunga distanza, Bendis era il cane pastore, il lavoratore indefesso in grado di portare avanti una testata per anni senza (quasi) mai perder colpi.
Per molto tempo, Bendis rese New Avengers una delle poche testate Marvel che non ci si poteva permettere di non leggere. Considerando da dove era partito, un risultato egregio.
Numeri di albi: 114 albi (Avengers 500-503, Avengers Finale, New Avengers 1-64, New Avengers Annual 1-3, New Avengers: Illuminati vol. 1 1, New Avengers: Illuminati vol. 2 1-5, New Avengers Finale, New Avengers vol. 2 1-34, New Avengers Annual vol. 2 1).
Dove posso leggerli in Italia: In Italia New Avengers (nota come Nuovi Vendicatori prima dell’adozione della nomea originale) fu al centro di un importante rilancio di Panini Comics, che nel 2004 ampliò il proprio catalogo varando nuove serie e irrobustendone altre. Il mensile dedicato a Thor prese ad accogliere anche le avventure di Capitan America e dei Nuovi Vendicatori, cambiando nome in Thor e i Nuovi Vendicatori (in seguito Thor e i New Avengers). Le storie scritte da Bendis si trovano nei numeri 74-103, 105-144, 146-149 e 151-170. New Avengers Annual vol. 2 1, che rappresenta la prima metà di un crossover che si conclude in Avengers Annual vol. 4 1, è stata pubblicata in un volume speciale e nell’albo italiano Avengers 1.
In attesa che Panini traduca i rispettivi omnibus Marvel, trovate le storie dei Nuovi Vendicatori anche nei volumi 100% Marvel Best numeri 19, 24, 30, 32, 37, 39, 41, 49, 55, 58 e 66, che raccolgono tutto la prima serie di New Avengers e il primo ciclo della seconda. Da New Avengers vol. 2 7 in poi, le storie tradotte sono recuperabili solo dagli spillati.
Quanto mi ci vorrà per finirlo (conta che vorrei vedere Il padrino prima o poi, sii preciso per favore): I tempi di lettura sono soggettivi, specie quelli dei fumetti (quanto passo a rimirare il tratto o le scelte di un disegnatore, per esempio, o quanto lento sono a comprendere i dialoghi, o quanti dialoghi ci sono in una pagina).
Bendis sa scrivere fumetti al fulmicotone, che a volte si leggono nel giro di dieci minuti, ma alla bisogna stantufferà in una doppia splash page talmente tanti dialoghi da bastare per tre numeri. Una stima personale: ci vorrà una settimana buona (di aprile, magari, per assaporare appieno quel senso di briosa novità che voleva essere New Avengers), dilazionando le sedute in lettura in modo da non farsi andare a noia la scrittura sincopata di Bendis.
Le storie come sono: Con New Avengers, Bendis fece diventare i Vendicatori il palco principale delle pubblicazioni Marvel. Da zona periferica in cui gli eroi di seconda fascia andavano a morire, il mondo degli Avengers si trasformò nel cuore pulsante dell’azienda. New Avengers era talmente centrali rispetto alle traiettorie dell’universo Marvel che ogni singolo pensiero di Fancy Dan doveva passare sopra lo scudo di Capitan America.
Nello scrivere gli Avengers, Bendis riportò l’accento sulle interazioni tra i supereroi in quanto persone, spingendosi fino ai dettagli più concreti (com’è fare colazione quando al tavolo ci sono un milionario, un alieno, un mutante e un ragazzino con i superpoteri?). La cornice da thriller, in cui il punto focale della trama non stava nella scazzottata a fine albo ma nei vari misteri che si dipanavano tra i numeri, fu poi l’ennesimo rifiuto di una concezione paternalistica, pedante e chiara a tutti i costi del genere. Un esempio a caso: New Avengers 11, costruito con un andirivieni tra piani temporali e contenente una falsa pista che a nulla serve se non a tenere desta l’attenzione dei lettori (ma c’è anche una sottilissima messa in scena della sordità di uno dei personaggi, Echo).
Bendis contribuì con un diverso formato di scrittura, pescando più dalle parti di Aaron Sorkin e David Mamet che di Stan Lee: trattava la materia in maniera cinematografica, decomprimeva l’azione ed era sciolto nella giustapposizione spazio-temporale delle scene. Plasmava il tempo del racconto con incredibile precisione, snodando il dialogo su tavole fitte di vignette o su doppie splash-page in cui un lungo monologo poteva essere sfarinato in tanti piccoli pensieri, dando ritmo e dinamicità a pagine intere di gente che discuteva.
La lavorazione naturalistica dei dialoghi (Grant Morrison in Supergods parlava più di una «preoccupante verosomiglianza», che rendeva ogni voce una «melodia in un coro»), i singhiozzi del parlato, le (continue) ripetizioni sono le componenti del “Bendis-speak”. Il problema, dicono i detrattori, è che non si capiva chi stesse parlando, perché in un fumetto di Bendis tutti parlavano come Bendis (e, d’altro canto, in una sceneggiatura di Sorkin tutti parlano come Sorkin).
Personaggi da seguire: In questa serie Bendis sceglie un ruolino di eroi bilanciando popolarità (Wolverine, Spider-Man), preferenze personali (Jessica Jones, Luke Cage, Hood) e figure utili per muovere le trame, come Sentry, misconosciuto personaggio creato nel 2000 da Paul Jenkins e Jae Lee. L’eroe biondo riempie lo slot che fu di Thor – al momento morto in seguito al Ragnarok – e porta alla serie le proprie psicosi, la personalità tormentata e incasinatissima che offre lo spunto per Sentry, il secondo arco narrativo della serie.
Pur essendo una serie di gruppo, Bendis si prende tempo e pagine per sviluppare i singoli personaggi. Spiccano soprattutto Jessica Drew (Spider-Woman), donna dal passato burrascoso e dal futuro ancora più incerto, e inizialmente Sentry, un personaggio in stile Silver Age (un eroe per tutte le stagioni, poteri illimitati) con psicosi moderne che Bendis utilizza in chiave metanarrativa, perdendosi poi negli anni e facendolo diventare un profilo ingestibile e insapore.
L’eroe su cui tenere gli occhi è Luke Cage, che Bendis aveva iniziato a utilizzare già in Alias. Lontano dalla caratterizzazione degli anni Settanta debitrice del genere blacksploitation, qui troviamo il personaggio con una famiglia e nuove responsabilità. La sua è una mentalità da strada, non è abituato a lavorare in gruppo, men che meno in gruppi dall’afrore radical chic di cui a un certo punto diventa perfino il leader. Il suo adeguarsi a queste nuove dinamiche anima il personaggio e la serie tutta.
Tra i suoi momenti migliori c’è Nuovi Vendicatori: Divisi (New Avengers 21-25), in cui manifesta il dissenso nei confronti dell’atto di registrazione dei superumani promulgato da Iron Man in Civil War. Luke si scontra con Tony sulla liceità del decreto, reputato necessario o invasivo dai due schieramenti. È un numero tesissimo in cui vediamo Cage aspettare la mezzanotte in cui la legge entra in vigore, nel suo quartiere, deciso a non abbandonare le sue radici e i suoi ideali, sapendo che le forze armate busseranno alla sua porta per portarlo in prigione.
Storia “Vabbè vai a Gardaland e non fai un giro sul Blue Tornado?”: New Avengers contiene tutto quello che ci si aspetterebbe da un fumetto di matrice supereroistica, ma anche qualcosa in più. C’è la distruzione del gruppo e la sua rinascita, il mistero attorno ai nuovi membri (Sentry, Ronin), le trame dietro alla fondazione dei Nuovi Vendicatori (Secret Invasion), la ricerca del nuovo Stregone Supremo, ma anche un bizzarro gioco metanarrativo in cui compaiono fumetti dentro i fumetti. Bendis ha il gusto per il mistero e lo usa, al pari di tanti alti narratori, come motore propulsore per intrighi a lunga, a volte lunghissima, gittata. Non tutto gli esce bene (vedi l’identità di Ronin), ma è indubbio che provi a tenere viva l’attenzione del lettore e a ripagarla.
Non è il desiderio di distruzione di Vendicatori: Divisi a stabilire il tono generale della serie e nemmeno la frenesia del primo arco narrativo, Evasione, bensì quello immediatamente dopo, Sentry, che indaga le origini del Superman biondo. La storia è un riassunto di tutto ciò che c’è di buono nella serie, così come Rivoluzione, una storia successiva a Civil War che vede i Vendicatori combattere contro la Mano, la setta di Ninja votati alla morte.
L’angolo della vergogna: La centralità ombelicale di New Avengers rispetto alle narrazioni Marvel ha fatto invecchiare molte storie, che restano in larga parte appiccicate a uno status quo momentaneo e influenzato dai puntuali sconvolgimenti dei crossover “evento”. Il lettore non può semplicemente scivolare dentro l’azione ma deve sempre fermarsi un attimo per capire il contesto in cui sono calate le vicende e la saga a cui gli archi narrativi fanno riferimento. E in alcuni casi, New Avengers presenta echi di eventi accaduti altrove, strascichi di scene madre svoltesi su altre testate. Stare al passo con tutto questo non è sempre facile.
Molto criticata è stata l’indifferenza di Bendis per il canone e la tradizione: le sue idee andavano spesso a piegare o modificare eventi del passato, in operazioni di retrocontinuity che non a tutti i lettori sono andate giù. Io sono dell’idea che nulla sia sacro, purché giustificato e messo in scena con intelligenza, quindi non lo rubricherei a difetto.
C’è poi un problema stilistico. Brian Bendis è l’uomo che ha sdoganato la parola “decompressione” rendendola popolare anche fuori dalle tratte aeree («Se ti fischiano le orecchie, decomprimi soffiando con il naso tappato»: consiglio di vita d’oro colato). Capita che a volte si lasci andare la mano, come quando dedica metà di un numero a splash page che mostrano la nascita del Collettivo, un essere che ha assorbito tutta la l’energia dispersa dai mutanti in seguito alla decimazione vista in House of M. Neanche il tempo di aprire l’albo, che è già finito.
La sua idea di umorismo, inoltre, in alcuni frangenti lascia a desiderare, come quando si fa prendere da quella che reputa l’idea del secolo, assoldare Squirrel Girl come bambinaia per la figlia di Jessica Jones e Luke Cage – una trovata buona per una scena, meno quando la fai diventare una sottotrama vera e propria.
Momento preferito: A me di New Avengers è sempre piaciuto come Bendis riusciva a rendere un senso di precarietà in eroi dai grandi poteri, specialmente Strange, che ospitava il gruppo nel suo Sanctum Sanctorum, una sorta di ultimo bastione contro le minacce.
Tuttavia, nel libro dei Nuovi Vendicatori la pagina migliore resta quella degli Illuminati, la congrega di eminenza grigie dell’universo Marvel formata dal Dottor Strange, Iron Man, Charles Xavier, Freccia Nera e Namor. Bendis, con un intricato lavoro di riscrittura, ci svela che questi esseri superintelligenti dalla morale danzerina hanno tramato dietro le quinte dai tempi dalla guerra Kree-Skrull, operando per il bene comune (o almeno così giustificavano tutte le loro nefandezze, tipo bandire Hulk dal pianeta Terra).
Dalla loro prima apparizione in New Avengers 7 passando per il one-shot Illuminati e poi la miniserie omonima, questo gruppo Bilderberg dei fumetti ha lasciato segni permanenti nella Storia Marvel. E non è un caso che Jonathan Hickman, quando prenderà in mano le testate degli Avengers, farà diventare New Avengers la serie che racconta le avventure degli Illuminati.
Questo invece potete anche saltarlo: Vogliamo proprio fare i drastici? Fermatevi ai primi 64 numeri di New Avengers. Dopo – con il riavvio della serie – inizia la fase di rinnovato ottimismo de “L’età degli eroi”, che ha dentro cose interessanti e bei giri di giostra (la focalizzazione su Dottor Strange e Luke Cage), ma si vede che Bendis sta rigirando il cucchiaio nella solita minestra, è impegnato a scrivere mille altre cose e cambiare la formazione del gruppo non gli è bastato per farsi venire idee nuove.
Dialoghi memorabili:
Iron Man che spiega agli Illuminati la nascita dei Nuovi Vendicatori (New Avengers 7) – un dialogo che in tre battute definisce perfettamente le caratteristiche dei personaggi (l’intransigenza di Namor, l’incapacità di recepire il sarcasmo di Mr. Fantastic, l’insofferenza di Iron Man):
Iron Man: «È successo ieri.»
Namor: «Pensavo avessimo un accordo.»
Iron Man: «Qualcuno sa come si dice “È successo ieri” in Atlantideo?»
Mr. Fantastic: «Fortanu Vasyama. Uh, oh… Pensavo lo voleste sapere davvero.»
Luke Cage e le gioie della paternità (New Avengers 22):
Luke Cage: «Crescerò mia figlia nella maniera giusta.»
Iron Man: «Cosa significa?»
Luke Cage: «Peccato che tu non lo sappia.»
Miglior disegnatore: Va da sé che essendo una delle serie più vendute del mercato, New Avengers poteva permettersi di essere disegnata dai Sassicaia del fumetto supereroistico: David Finch, Leinil Francis Yu, Chris Bachalo, Steven McNiven, Stuart Immonen, Frank Cho, Jim Cheung, Oliver Coipel, Alex Maleev, più una tonnellata di disegnatori una tantum.
C’era chi sapeva accentuare la parte comica delle sceneggiature (Cho, Immonen, Bachalo), chi quella spettacolare (Yu, McNiven, Cheung) e chi quella più dimessa (Maleev). Io qui non saprei chi scegliere, forse quello che ci mette più cuore è il sempre scintillante Stuart Immonen, ma pure Leinil Francis Yu regala alcune pagine davvero preziose.
Le uniche vere pecche sono il tremendo Billy Tan, un clone dello stile Top Cow senza arte ne parte, e Mike Deodato Jr., che vola di maniera sopra tutte le pagine e, dopo un paio di episodi, è già a corto di trucchi (il riferimento fotografico, l’abbondanza di ombre e panneggi). Tan comunque resta il peggiore, un cagnaccio della matita senza possibilità di redenzione.
Miglior albo: La gestione di Bendis inizia recuperando una piccola idea di John Byrne, con Scarlet che dà di matto e provoca la morte di Occhio di Falco. Un tot di vicissitudini dopo che non sto qui spiegarvi ritroviamo Clint Barton di nuovo nel mondo dei vivi e Wanda scomparsa dalla circolazione.
Tra saghe spaccamondo, eventi apocalittici e guerreggiamenti frastornanti, Bendis infila La ballata di Clint Barton e Wanda Maximoff, albo spurio in cui Occhio di Falco parte in missione per scoprire che ne è stato di Wanda. Alex Maleev lo disegna tra i vicoli di un villaggio rumeno, con la pioggia, i paesaggi mitteleuropei e le citazioni alla pittura dei primi del Novecento.
È una storia di non detti, che con i Vendicatori c’entra poco, dato che nemmeno compaiono, ma ha un passo quieto e un’intimità soffice che sono anche un segnale di quello che Bendis poteva imporre come autore, dentro la testata Marvel più venduta.
Pagina che mi fa ricordare perché esistono i fumetti: ci sarebbero tantissime splash page caciarone da scegliere (la prima preferita però non è in un albo dei Nuovi Vendicatori), ma preferisco optare per la penultima tavola di New Avengers: Illuminati, in cui il gruppo si scioglie di fronte alle diverse prese di posizione riguardanti l’atto di registrazione dei supereroi. Ognuno va per la sua strada, quasi tutti scioccati dalla proposta di Tony Stark, che si ritrova come alleato solo Mr. Fantastic. Dopo tutte le cose (più o meno buone) realizzate insieme, Reed dice a Iron Man che è stato divertente, «finché è durato», per poi uscire dal covo, situato sotto l’azienda fittizia “Funtime”.
Miglior copertina: Avrei voluto evitare l’effetto asso pigliatutto, però La ballata di Clint Barton e Wanda Maximoff non può non primeggiare in questa categoria, data la copertina devastante disegnata da Alex Maleev. L’autore bulgaro dipinge una copertina che omaggia la secessione viennese, dando l’idea che Gustav Klimt l’avrebbe ritratta proprio così Wanda, se fossero esistite le supereroine nell’Austria di primi Novecento.
Tutto funziona benissimo: i capelli che sembrano fluttuare in questo liquido amniotico, il vello trapuntato di decori liberty, il corpo femminile, esibito e perfetto nel contrastare l’immagine patinata che il fumetto supereroistico ha della donna.
Volendo, dal flusso indistinto di immagini pin-up si può salvare anche New Avengers Annual vol. 1 1, con questa immagine dei novelli sposi Jessica Jones e Luke Cage, che è interessante per la composizione decentrata della coppia, messa ai margini in favore dello strascico confettato.
Se vi è piaciuto, l’algoritmo vi consiglia anche: Qui abbiamo parlato di produzioni colossali che cercano di non scadere nel banale, pur mantenendo sempre molto ritmato l’incedere degli eventi. C’è l’elemento molto sentito della coralità, gli intrighi, il mistero, l’avventura, il complotto.
Ci sta bene quindi proseguire con The Umbrella Academy (fumetto o serie tv, vedete voi), I sette samurai di Akira Kurosawa o La parola ai giurati di Sidney Lumet. Non ha molta attinenza con il genere, ma Matteo ha perso il lavoro di Gonçalo M. Tavares gioca con la coralità di voci mettendo su carta venticinque storie concatenate. E poi, per quello che mi riguarda, non posso che consigliare la trilogia di Ocean’s Eleven – i New Avengers del cinema, in pratica.
Rispiegamelo tutto, ma in un tweet:
KABOOM! Brian Bendis reinventa gli Avengers BANG! per un pubblico di neofiti OINK! Scrive storie thriller GOSH! misteriose e rocambolesche WHAAM! ma esplora anche le relazioni tra i componenti del team, raccontando com’è la vita dentro una squadra di eroi, e persone. AWWWW
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