Per la prima volta nella storia, a causa dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus in corso in tutto il mondo, nelle fumetterie degli Stati Uniti questa settimana non sono stati distribuiti nuovi fumetti in formato comic book (ovvero il singolo albetto mensile spillato). È stato pubblicato solo qualche titolo in formato digitale, perlopiù raccolte di materiale più vecchio e una manciata di sporadiche nuove uscite di DC Comics.
23 titoli soltanto, un’inezia rispetto alle solite centinaia. Senza quello che gli americani chiamano il “New Comic Book Day”, ovvero il mercoledì, il giorno delle uscite dei nuovi fumetti nei negozi specializzati, si è interrotta così una vera e propria tradizione ventennale. Il dato è ancora più rilevante se si considera che le uscite dei fumetti non si erano fermate nemmeno durante la Seconda guerra mondiale o, più di recente, in occasione degli attentati dell’11 settembre 2001.
Negli Stati Uniti l’unico modo per acquistare i comic book è andando in una fumetteria o ordinandolo online. È così fin dall’inizio degli anni Settanta, quando fu creato il “Direct Market” e la vendita dei fumetti fu spostata da edicole e supermercati alle fumetterie, a vantaggio delle case editrici che non erano più costrette a rimborsare i rivenditori per le copie invendute.
L’attuale situazione di “lockdown”, se prolungata per settimane o mesi, potrebbe dunque portare alla più grande crisi del mercato del fumetto americano, con ripercussioni su rivenditori, case editrici e autori. I problemi sono iniziati quando Diamond – il più grande distributore di fumetti in Nord America e Gran Bretagna – ha deciso di sospendere la distribuzione dei nuovi fumetti.
«Abbiamo saputo che migliaia di rivenditori non riescono più a servire i loro clienti come prima. Molti di loro sono costretti a chiudere secondo le direttive del governo o a ricorrere a consegne di persona o sui marciapiedi. Persino quelli ancora aperti stanno ricevendo meno clienti, nella maggior parte dei casi. Una situazione che probabilmente peggiorerà con il tempo» ha affermato Steve Geppi, amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di Diamond, nell’annunciare la chiusura delle proprie attività.
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Non ricevendo soldi dai clienti – ovvero le fumetterie – Diamond ha deciso così alcuni giorni fa di non pagare i fornitori (ovvero case editrici e produttori di giocattoli e altri oggetti collezionabili) per le uscite non distribuite questa settimana. «Mentre il mondo reagisce alla diffusione del Covid-10, la nostra attenzione è rivolta sul proteggere i nostri impiegati, comprendendo i rischi per i nostri affari, valutando i rischi per il nostro settore ed esaminando la disponibilità di risorse del governo» recita la lettera inviata alle case editrici da Stan Heidmann, presidente di Geppi Family Enterprises. «Con l’impatto completo di questa epidemia ancora sconosciuto, una cosa è certa: l’interruzione della catena distributiva influisce sul flusso di soldi su tutto il settore in misura da non sottovalutare.»
Le fumetterie – forse l’anello più debole della catena, ma quello su cui si mantiene tutto il resto del settore – lamentavano problemi già da settimane. «Le vendite sono calate circa dell’80%», affermava un rivenditore a Polygon. «Indossiamo i guanti quando maneggiamo i soldi. Ci laviamo le mani con regolarità», raccontava invece un altro.
Tra le prime ad accorgersi della pericolosità della situazione c’è stata Image Comics, che già il 18 marzo ha assicurato alle fumetterie il diritto di reso su tutte le sue uscite entro 60 giorni. «Con tutto il dovuto rispetto, spingiamo le altre case editrici a mettere in pratica misure simili per aiutare i rivenditori a superare questi tempi strazianti» ha scritto Eric Stephenson, capo e direttore artistico della casa editrice. «Tutti, a ogni livello del nostro settore, devono fare quello che possono per sostenersi a vicenda. Mettiamo insieme le nostre teste e troviamo modi per proteggere le persone che rendono possibile quello che facciamo.»
Con il diritto di reso, le fumetterie possono recuperare il 100% delle perdite derivanti dagli albi che non sono riusciti a vendere, vista la diminuzione delle presenze nei negozi o a causa di chiusure imposte, a seconda degli Stati. All’appello di Stephenson hanno risposto presente altri editori medi e piccoli come Aftershock, Vault, Boom! Studios e Archie, mentre i due colossi – Marvel e DC Comics, che insieme rappresentano il 70% del mercato – si sono mossi in modo più pachidermico.
Il 20 marzo Marvel ha promesso sconti maggiori, ma non il diritto di reso. DC Comics, al contrario, il 28 marzo, ha offerto la possibilità di restituire gli albi distribuiti tra il 18 marzo e 24 giugno, contando sulla possibilità di trovare fonti di distribuzione alternative a Diamond. Sono bastate poche ore perché entrambe le major cambiassero le proprie strategie: Marvel ha annunciato che non avrebbe pubblicato i nuovi fumetti previsti per l’1 aprile nemmeno in forma digitale, dopo aver esaminato le valutazioni delle fumetterie, parlando di una situazione fluida che cambia di giorno in giorno (una posizione su cui si sono allineate quasi tutte le altre case editrici); DC ha promesso e poi distribuito una parte di essi, suscitando lamentele.
«L’annuncio di DC è vergognoso: non fermando le uscite digitali faranno invecchiare prima le storie» ha affermato il rivenditore ed esperto del settore Brian Hibbs. «Si tratta di un tragico errore, e persino una minuscola quantità di spostamento di canale distributivo in questo momento metterà la maggior parte dei rivenditori del mercato diretto in un enorme pericolo economico.»
Un’ulteriore conseguenza, è stato il blocco della produzione di nuovi fumetti per le case editrici più piccole. «Sta iniziando. Due fumetti che sarebbero dovuti uscire rispettivamente in tarda primavera e all’inizio dell’autunno sono ora sospesi a tempo indeterminato» ha twittato la sceneggiatrice Cecil Castellucci il 26 marzo. «Me lo aspettavo, ma è stato comunque un brutto colpo.» Al momento attuale, invece, Marvel e DC non hanno ancora arrestato la produzione.
La situazione in ogni caso è in continua evoluzione, e solo fra qualche settimana, se non addirittura mese, si potrà capire se la portata di questa crisi per un settore – quello del fumetto americano mainstream – già non particolarmente florido. Se si tratterà di un’opportunità per mettere a posto le cose che non vanno o ridimensionare tutto. E, soprattutto, se il mercato diretto riuscirà a sopravvivere.
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