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Vi presento gli Skrull. Anche no, grazie

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Lo scorso anno, al momento del suo annuncio, Vi presento gli Skrull aveva tutte le potenzialità per risultare un progetto interessante. Da una parte sembrava in linea con quanto fatto da Tom King su Visione: un cast di personaggi minori, estrapolati dalle loro avventure supereroistiche e calati in un contesto che permettesse di esplorare territori narrativi inediti. Dall’altra aveva due autori, Robbie Thompson e Niko Henrichon, che, seppur di non primissimo piano, potevano contare su un curriculum solido e variegato. Purtroppo, però, una volta uscito, il fumetto si è rivelato una semplice operazione di marketing atta a sfruttare l’onda del film Captain Marvel, dove gli Skrull giocavano un ruolo primario nella trama.

Al centro della vicenda troviamo i Warner, una famiglia americana come tante, sotto le cui spoglie in realtà si celano mutaforma Skrull intenti a prepare un piano d’attacco contro la Terra. Il padre lavora alla Stark Enterprises, la madre nell’ufficio di un senatore, mentre le figlie sono normali studentesse. Se sulla carta le premesse sono interessanti, lo svolgimento risulta banale e piatto. Lo sceneggiatore Robbie Thompson si è limitato a scrivere un compitino, costruendo una specie di spy-story condita con buoni sentimenti familiari senza alcun guizzo particolare. 

Un’attenuante potrebbe essere l’esiguo numero di pagine a disposizione (solo 5 albi), ma la storia non decolla proprio nell’interpretazione delle situazioni raccontate. Da una parte le figlie che manifestano empatia verso gli umani e danno segni di emancipazione dalla crociata Skrull. Dall’altra l’avanzata del temibile piano alieno che minaccia la Terra e di cui la famiglia Warner è catalizzatore principale. Lo sceneggiatore è rimasto incastrato nel mezzo e si è rivelato più preoccupato di chiudere la storia in maniera ordinata che di sviscerarla, finendo per infilare le emozioni dei personaggi tra un’azione e l’altra giusto perché la narrazione lo richiedeva.

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Certo, non mancano momenti riflessivi sulla genitorialità, sull’essere un’adolescente nell’America odierna e perfino sul lutto, ma tutto è solo abbozzato. Durante la lettura non c’è pathos, non c’è empatia, non c’è sorpresa e, soprattutto, viene meno la profondità necessaria per raccontare le dinamiche socio-familiari e umane che gli Skrull, tra un’azione malvagia l’altra, si ritrovano ad affrontare. Ovvero quanto di buono, in potenza, il fumetto aveva da offrire.

Henrichon sembra invece non essersi trovato a proprio agio con il fumetto d’azione e ha realizzato una prova decisamente sottotono. Soprattutto se pensiamo alle potenti tavole viste su L’orgoglio di Baghdad, notevole graphic novel scritto da Brian K. Vaughan e pubblicato da Vertigo nel 2006.

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Lì Henrichon si era impegnato in un tratto ragionato e pulito, influenzato dal fumetto francese, capace di offrire pagine dal forte impatto visivo anche grazie a colori caldi e luminosi. Qui invece ha proposto un segno fine, spigoloso e ricco di tratteggi, forse nella ricerca di un’interpretazione più spettacolare e supereroistica, ma ben poco ispirato e ha usato colori cupi che funzionano nelle scene d’azione ma affossano i momenti più intimi.

Se è vero che era difficile immaginarsi un’altra Visione, è anche vero che da una storia con queste premesse ci si potesse aspettare qualcosa di più, qualcosa di “diverso” dagli standard abituali. Il risultato è un’operazione commerciale destinata a venire presto dimenticata.

Vi presento gli Skrull
di Robbie Thompson e Nico Henrichon
traduzione di Andrea Toscani
Panini Comics, dicembre 2019
cartonato, 112 pp., colore
16,00 euro

Leggi anche: Skrull Kill Krew: la mucca pazza secondo Grant Morrison e Mark Millar

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