In una lunga intervista raccolta da Ollie Barder per Forbes il mecha designer Kazutaka Miyatake, uno dei quattro fondatori del leggendario Studio Nue, trova il tempo di parlare del designer Syd Mead, recentemente scomparso: «Altre persone da cui ho imparato molto come artista sono state Robert McCall e Syd Mead. Come sapete, in passato Mead è stato coinvolto anche nella produzione di una serie di Gundam. Anche lo Studio Nue ha avuto un ruolo in quel progetto, e Shigeru Morita ha fatto da coach per Syd Mead. Gli ha spiegato cioè le tendenze generali dell’animazione giapponese, dove stava andando e anche che cosa fosse Gundam e soprattutto cosa non fosse, almeno in termini di design. Morita mi ha parlato molto di Syd Mead, e mi ha anche detto che apparentemente Mead ed io eravamo molto simili».
Ma è un altro passaggio dell’intervista di Kazukata Miyatake ad essere illuminante sulla personalità e lo stile di lavoro di Mead: «Quando veniva spiegato a Mead che qualcosa che aveva progettato non funzionava, lui era chiaramente felice. È qualcosa che faccio anche io. Il motivo per cui [Mead] si comportava così è che, in quanto designer, sa che il suo ruolo non termina quando viene inviato il lavoro. Una volta che il cliente guarda il lavoro e dà il suo feedback, lo devi ascoltare e fare tuo quel che dice per poter espandere ulteriormente il tuo orizzonte. Ricevere un feedback che ti dice che il tuo design non funziona in realtà per lui era una opportunità e quindi una cosa buona, che di conseguenza lo rendeva felice e in effetti rende felice anche me».
Syd Mead, nato il 18 luglio 1933 in Minnesota, è scomparso lo scorso 30 dicembre all’età di 86 anni. La sua vita professionale è divisa in due parti che in realtà si sovrappongono: quella di designer industriale per marchi come Ford e Philips, e quella per il cinema e l’illustrazione dalla fine degli anni Settanta. Sua ad esempio è la mano dietro al primo film di Star Trek, girato dal regista Robert Wise, ma il suo lavoro si ritrova anche in Blade Runner, Tron e Alien.
Mead è uno degli illustratori di fantascienza e concept designer per il cinema più importanti del secolo. E la cosa straordinaria è che è nato al di fuori della scuola britannica germinata con il lavoro in televisione per Sylvia e Gerry Anderson, autori e produttori di serie come Thunderbirds, UFO e Spazio 1999, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella visualizzazione dell’immaginario fantascientifico a partire da 2001 Odissea nello Spazio.
Invece, Mead arriva da un percorso diverso, e oltretutto prosegue in una direzione inedita per la maggior parte degli artisti occidentali, perlomeno dei sui tempi. Nel 1983 infatti Mead ha iniziato a lavorare anche con il Giappone, collaborando a Turn A Gundam e a vari altri progetti, aprendo e ibridando gli immaginari fantascientifici orientali più influenti a attenti alla componente tecnica del disegno, quelli dell’anime e del manga.
È difficile sopravvalutare Mead, è più facile non rendersi conto dell’importanza del suo lavoro. È definito “conceptual designer” non a caso, perché il suo lavoro ha attraversato il mondo del consumo (industria automobilistica e degli elettrodomestici) e gli immaginari cinematografici e animati, tracciando idee e pensieri che poi sono diventati oggetti animati o prop da set cinematografico, effetti speciali, macchinari digitali.
Il lavoro di Mead è andato avanti per decenni, con decine di film (da Johnny Mnemonic a Blade Runner 2049). Ma ci sono anche infiniti contributi al di fuori dei film dei quali ha avuto un ruolo centrale, ad esempio come ispirazione del camminatore AT-AT di Guerre Stellari. Lui, nel documentario del 2007 si definiva un “visual futurist” e il suo lavoro consisteva «non nel fare cose ma nel pensare le cose da fare».
Se usiamo la tecnica del Vasari e tracciamo le vite parallele di Mead e di un altro colosso dell’illustrazione fantascientifica britannico sostanzialmente suo coetaneo, cioè Chris Foss (nato nel 1946 e tutt’ora vivente), le differenze emergono in modo più chiaro e il ritratto di Mead diventa più rotondo. Foss è un maestro dall’aerografo, un abile disegnatore di corpi (uno dei suoi primi lavori è Joy of Sex di Alex Comfort, da noi La gioia del sesso), un creatore impressionista di belle astronavi che attraversano scenari alieni e drammatici, altrettanto importanti. Non a caso è una delle voci di punta del ciclo collettaneo sulla Terran Trade Authority di Stewart Cowley e il suo lavoro, pieno di sbuffi e di scie, di colori accesi e contrastati, è molto spesso utilizzato per le cover di libri e riviste di fantascienza.
Invece, Syd Mead è prima di tutto un designer, un illustratore tecnico, legato al design industriale, alla rappresentazione futuribile di macchine e meccanismi. Nel quadruplo DVD The Techniques Of Syd Mead l’artista spiega e mostra come funziona la sua tecnica di lavoro, dal primo abbozzo all’ultimo passaggio di colore, evidenziando la dettagliatissima precisione e coerenza delle sue illustrazioni, che “si tengono” soprattutto dal punto di vista fisico. Cioè, non è detto che i meccanismi, le auto volanti e le astronavi di Mead abbiano alcun senso da un punto di vista aerodinamico o strutturale (perlomeno con in materiali che utilizziamo), ma dal punto di vista fisico sono sono realizzabili perché complete. Sono disegni di oggetti veri, tridimensionali, anche se non (ancora) esistenti.
Questa è la forza del suo lavoro come concept designer rispetto agli illustratori che sono invece spesso disegnatori che vincolano la rappresentazione di un oggetto alla prospettiva dal quale viene visto e dal tipo di emozione che deve suscitare, senza però chiedersi come sarebbe se fosse un modellino 3D o addirittura un oggetto fisico reale in scala 1:1. È questo il caso di Foss, che ogni tanto dimentica la coerenza dello spazio geometrico per evidenziare invece particolari o punti di vista dei suoi “oggetti”.
La morte di Syd Mead ci priva di uno dei principali artisti neo-futuristi, le cui idee e il cui tratto, grazie al cinema, hanno segnato l’immaginario mondiale degli ultimi cinquant’anni. Una volta Mead definì la science fiction come «una realtà in anticipo sui tempi». Il suo lavoro ci ha permesso di guardare fuori dalla finestra in un mondo di macchine possibili, e in molti casi ci ha vincolato e ci continua a vincolare a un’idea tangibile di futuro che era in realtà semplicemente una sua fantasia.
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