The Box Man è – in estrema sintesi – la storia di un tizio che va in giro con lo scooter per trasportare una scatola dal contenuto alquanto misterioso, o forse addirittura pericoloso. Il fatto che questo personaggio somigli un po’ a certi fattorini che si vedono girare oggi per le città (quelli senza le insegne dei grandi gruppi di delivery) rende questo manga particolarmente attuale, considerando quanto questa categoria di lavoratori sia diventata un emblema dello sfruttamento del lavoro e della mancanza di rappresentazione sindacale nella moderna gig economy.
Anche se gli scenari in cui il protagonista di The Box Man si muove sono alquanto lontani da quelli delle nostre città – qui ci si ritrova in un fitto intreccio di stradine e baracche o case di legno – la storia raccontata da Imiri Sakabashira è chiaramente una sfrenata e perversa satira della giornata lavorativa di una persona qualunque. Salvo poi diventare nelle ultimissime pagine una distorta allegoria delle responsabilità di un uomo di fronte a un passaggio generazionale.
Il fattorino è determinatissimo: all’inizio della storia il suo scooter viene distrutto, ma nel giro di poche vignette ne recupera subito un altro. A distruggerglielo è stato un mostro sputafuoco, uno dei tanti incontri surreali che gli accadono nella sua corsa, mentre a viaggiare dietro di lui c’è un animaletto somigliante a un kappa (creatura del folclore nipponico simile a un incrocio tra una tartaruga e una lucertola).
Il manga dell’eclettico mangaka Sakabashira è un racconto frenetico che tiene incollati alla pagina grazie a una manifesta maestria nella regia e alla continua capacità di stupire. A spiccare è in particolare il fantasioso bestiario creato dall’autore, comprendente esseri sempre più folli e pronti a intralciare il percorso del protagonista. La stessa abilità nell’ideare creature fantastiche e farle recitare con imprevedibile fluidità Sakabashira la mostra nelle altre storie contenute nel volume, che vanno ad arricchire un immaginario psichedelico e visionario, ma che non hanno la stessa forza del racconto lungo che dà il titolo al volume.
Per le claustrofobiche ambientazioni descritte con maniacale precisione e le trovate narrative surreali, Sakabashira non può non ricordare lo Yoshiharu Tsuge di Nejishiki, racconto breve di importanza fondamentale nel mondo del fumetto alternativo e d’autore giapponese. Quando uscì Nejishiki, Sakabashira aveva appena quattro anni, ma nel 1989 avrebbe debuttato proprio sulla rivista Garo, principale canale di tutto il movimento gekiga, dove pubblicava anche Tsuge.
In quegli anni, il magazine aveva già visto l’affermarsi di un’altra corrente seminale, l’heta-uma (il fumetto disegnato male di proposito, per ricercare la spontaneità della creazione infantile) di autori come King Terry e Yoshikazu Ebisu. E l’influenza di questi autori è evidente nelle pagine di The Box Man, in particolare nei volti contriti e delineati da segni netti e nelle rigide figure umane che si ritrovano costrette a muoversi goffe, in una sorta di teatro dell’assurdo.
The Box Man è un capitolo importante nella scoperta e affermazione del gekiga in corso in questi anni in Italia, perché permette di comprendere ciò che è successo dopo i primi decenni di produzione degli autori più affermati e riconosciuti (i fratelli Tsuge, Yoshihiro Tatsumi, Shigeru Mizuki). Tra gli anni Novanta e Duemila, Garo intraprese un lento declino che portò alla cessazione delle pubblicazioni nel 2002 per lasciare spazio ad Ax, la rivista dove è stato serializzato proprio questo manga di Sakabashira.
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