Hirohiko Araki è stato tra gli ospiti principali della edizione 2019 di Lucca Comics & Games. Il fumettista giapponese creatore della nota e longeva serie Le bizzarre avventure di JoJo, apprezzata trasversalmente da lettori di manga e non – e tra gli shonen/seinen più originali mai concepiti – è stato protagonista di vari appuntamenti, all’insegna della celebrazione di una carriera senza dubbio differente da quella di tanti protagonisti del manga.
Sarà per la passione per la musica o per la moda in JoJo, sarà per l’amore per l’Italia dimostrato in tante opere e lavori, il pubblico italiano lo ha accolto, a Lucca, con grande calore. Anche per noi di Fumettologica è stato un piacere intervistarlo, per chiacchierare del suo lavoro, delle sue ispirazioni e delle sue ‘bizzarre’ invenzioni narrative.
Lei ha dichiarato: «Ho trovato il mio stile in Italia», spiegando come al centro di questa scoperta ci sia “la posa delle figure”. Quali aspetti l’hanno maggiormente colpita?
La cosa che apprezzo di più e che mi ha influenzato di più nell’arte italiana è la posa nelle sculture rinascimentali, soprattutto le opere di Michelangelo. Sono i corpi in torsione ad affascinarmi di più, in particolare le pose delle braccia, nello specifico il gomito, quando è puntato in avanti, spesso in angolazioni quasi non realistiche o almeno improbabili. Oppure il polso, che in quelle sculture è sempre in torsione.
Se si pensa alla scultura rinascimentale e quel tendere verso Dio, è curioso poi vedere in JoJo che uno dei più grandi personaggi e antagonisti si chiama proprio Dio (anche se in giapponese la parola per Dio è diversa dal nome del personaggio).
Sì, ma poi nel manga questo personaggio cattivo tende proprio allo status di divinità.
Le bizzarre avventure di JoJo è diventato un cult anche per la sua struttura seriale insolita, fatta di stagioni distinte, con durate distinte, e con ambientazioni e protagonisti molto diversi fra loro, anche se uniti dal filo conduttore dell’appartenenza familiare. Inoltre, luoghi e personaggi di JoJo ritornano in diversi spin-off. È stata una sfida difficile creare e gestire un universo narrativo così particolare è strutturato?
Sì, ma in realtà non ci sono stati momenti particolarmente duri. Forse solo perché sono un fumettista abituato a rispettare le scadenze, mi viene naturale. Le uniche seccature ci sono state dal momento che, pubblicando per riviste shonen, quindi indirizzate a ragazzi e bambini, non potevo esagerare con violenza e nudità [Ride, poiché il redattore accanto a lui gli fa notare che ha fatto comunque quel che voleva, Ndr]. Poi questa lungimiranza ora è ripagata trovandomi invitato qui a Lucca, dopo praticamente trent’anni di lavoro, a raccontare la mia attività. È una grande soddisfazione.
Quando iniziò a disegnare la prima serie, si sarebbe aspettato un percorso così lungo per JoJo?
Quando iniziai JoJo sulla stessa rivista era in corso di pubblicazione una serie già molto longeva, Kochikame (titolo intero: Kochira Katsushika-ku Kameari kōen-mae hashutsujo, popolare serie durata 200 volumi, Ndr), che all’epoca era al cinquantesimo volume. In quel momento mi lasciava quasi turbato pensare che esistessero manga così longevi. Adesso che ho praticamente superato quella quantità di volumi, non ci penso proprio. Vado avanti e basta, tranquillamente.
Ci sono progetti che inizialmente aveva sviluppato per JoJo che poi, col tempo, sono stati accantonati?
In realtà ce ne sono tantissimi. Ma non ne posso parlare. Comunque ho un libro di appunti dove mi segno qualunque tipo di idea e spunto che mi viene in mente nei momenti quotidiani più comuni e impensabili. Per esempio se adesso sto bevendo e penso a una goccia d’acqua che cade dalla bocca, quella potrebbe anche essere l’idea per uno Stand.
Nel corso degli anni, oltre ai manga, ha scritto anche saggi. Da poco è uscito anche in Italia un suo “manuale” sul manga. Quali ragioni la spingono a questa attività riflessiva e analitica?
Il mio manuale sul manga è una cosa che ho pensato di realizzare soprattutto per i lettori. Volevo spiegare come lavoro, per dare una sorta di documentazione e una guida in più ai miei fan.
Da diverso tempo ha ormai affiancato il manga all’illustrazione per diversi brand, soprattutto di moda. Cosa cambia, nel suo stile, quando lavora con gli art director di queste aziende, rispetto al rapporto con gli editor delle riviste di fumetto?
Sono due lavori molto diversi, per un motivo semplice: i lavori che realizzo per il mondo della moda sono commissioni, quindi seguo delle indicazioni e preferisco attenermi a esse, come mi è richiesto. I manga invece nascono dalla mia mente e l’unica forma di mediazione che subiscono è quella del confronto col mio editor. Comunque la moda poi entra in qualche modo anche nei miei fumetti, per la fascinazione che ho per gli accessori, che cerco quando possibile di integrare nel design dei miei personaggi. Per esempio mi piace molto il logo di Bulgari.
C’è qualcosa che la stimola nel panorama contemporaneo o moderno dell’arte e degli artisti italiani?
Sono particolarmente affascinato da Giorgio Morandi e dai suoi colori così estremi.
C’è un personaggio tra i molti che ha creato negli anni per Le bizzarre avventure di JoJo a cui è particolarmente legato? Se sì, ci può spiegare il perché?
Josuke Igashikata, il protagonista della quarta serie, perché è praticamente il ragazzo della porta accanto.
Leggi anche:
- JoJo, un bizzarro melting pot di influenze
- Un’app per farsi i capelli come i personaggi di JoJo
- Le scarpe Vans ispirate a “Le bizzarre avventure di JoJo”
Entra nel canale Telegram di Fumettologica, clicca qui.