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“Lassù no”, la carne urlante di Filippo Scòzzari

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Difficile aggiungere qualcosa su Filippo Scòzzari, difficile trovare qualche parola nuova su uno dei fumettisti italiani indubitabilmente più importanti degli ultimi decenni, uno che con Andrea Pazienza, Stefano Tamburini, Tanino Liberatore e Massimo Mattioli ha segnato due delle esperienze fumettistiche e culturali più rilevanti dello scorso secolo ovvero Cannibale prima e Frigidaire poi, riviste seminali che hanno ridefinito l’approccio del fumetto indipendente italiano.

lassu no scozzari coconino

Difficile aggiungere altro che non sia una ostentata ammirazione, come quella di Ratigher nell’introduzione al volume di Coconino Press Lassù no, una raccolta di storie fantasiose e fantascientifiche pubblicate dagli anni Settanta ai Duemila su Frigidaire (tra le altre: Che cosa voglio disegnare, Macchine a Molla, Enzo Ferrari muore, eccetera), AlterAlter (Ossigeno, Un buon impiego), Linus (Fango), Cannibale (Alè), chiusa dalla postfazione dello scrittore Michele Mari, dal titolo eloquente Tutta la merda del cosmo a richiamare l’incipit di uno dei racconti più belli del volume: Che cosa voglio disegnare.

In quella storia Scòzzari espone in prima persona una lista di inconsueti desideri fumettistici che è anche una splendida dichiarazione di poetica: «Io voglio disegnare, come già dissi in altra occasione, atmosfere fumose, cazzotti disperati, indagini straordinarie, passioni indecorose, anime perse ma con grandiose generosità insospettate, vicoli lerci dove si veda se un uomo è un uomo, Freya delle sette isole, navi che salpano a mezzanotte cariche di banane e delitto, con capitani che fuggon da se stessi, tutta la merda del cosmo, e non mi accontento di meno, chi siamo e dove andiamo. Con me, ormai lo saprete, il fumetto ricomincia sempre da zero». E di fronte a tale smodata arroganza, tocca andare a capo. 

lassu no scozzari coconino

Il fumetto ricomincia sempre da zero, con Scòzzari. Difficile aggiungere altro, anche perché è indubbiamente vero. L’immaginario scozzariano (Ratigher ci ricorda quanto l’aggettivo sia in questo caso esatto e significativo, non un mero tributo alla paternità di un’opera ma elemento essenziale, firma di un Autore che esprime un modo unico e proprio di far fumetto) è in questi racconti ottimamente rappresentato come miscuglio di invenzioni visive e linguistiche, che stridono con la realtà anche quando sembrano apparentemente allontanarsene.

Come osserva Michele Mari, la fantascienza di Scòzzari talvolta dialoga polemicamente con quella di altri Autori rivoluzionari (come gli umanoidi – nel senso di Les Humanoïdes Associés – Moebius e Druillet), ma si tratta appunto di un rapporto conflittuale: perché Scòzzari, al contrario di questi, non può fare a meno di fronteggiare la realtà, anche se gli fa schifo (o forse proprio per questo). Scòzzari usa il disegno e la lingua per comprendere la realtà, trascendendola per osservarla meglio.

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Il suo salire (Lassù no: titolo programmatico) non serve ad allontanare lo sguardo ma ad aiutarlo a distinguere meglio ciò che sta sotto. Il suo interesse è verso ciò che si cela oltre il confine del disegnabile, gli odori della vita, la metafora della nostra condizione, l’incomprensione, l’incomunicabilità, gli innamoramenti, le meschinità, tutte quelle strane piccole cose che ci rendono umani, con tutto ciò che il concetto di umano (prima che umanoide) porta con sé. Scòzzari non può fare a meno di rappresentare un’umanità dolente, peccatrice, umanamente fallace anche quando veste i panni del Diavolo in persona: la visione scozzariana è sempre impregnata della carne e delle visceri della realtà, una carne urlante che chiede di essere ascoltata raccontata disegnata.

Ed è questa in definitiva la sua ossessione artistica: disegnare fin dove è possibile tutta la merda del cosmo. Senza cedere alla tentazione tecnica, al pezzo di bravura, alla frase facile, alla soluzione comoda. Inventando il fumetto ogni volta da zero. Come nella storia Appunti per un racconto che non farò, dove il meccanismo narrativo si scompone in una serie di annotazioni sui caratteri dei personaggi, le dinamiche dell’intreccio e la padronanza del mezzo dell’autore. Fino alla nota conclusiva, la più importante e decisiva di tutte, a evocare il primo comandamento dell’arte scozzariana: «Chiedere quando si verrà pagati».

Lassù no
di Filippo Scòzzari
Coconino Press, settembre 2019
Cartonato, 224 pp., colore
25,00 €

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