La serie HBO Watchmen, tratta dal fumetto di Alan Moore e Dave Gibbons, è iniziata domenica 20 ottobre in America. In l’Italia la trasmette Sky Atlantic, in versione originale sottotitolata ogni lunedì alle tre del mattino a partire dal 21 ottobre, in contemporanea con gli Stati Uniti. La versione doppiata va invece in onda ogni lunedì alle 21.15, a partire dal 28 ottobre.
Ne stanno parlando (quasi) tutti bene: Alan Sepinwall, su Rolling Stone, ha scritto che «in alcuni momenti lo show spumeggia di vita nella stessa maniera mozzafiato delle due precedenti serie di Lindelof», anche se ammette che «ci sono parti che saranno incomprensibili agli spettatori che non hanno familarità con la storia del fumetto». Vox dice che è «una serie enorme e coraggiosa, diversa da qualsiasi altro prodotto tv». Una delle poche testate fuori dal coro è Variety, che reputa la serie non all’altezza delle aspettative. Gli aspetti migliori, secondo la critica, sono i temi contemporanei che tratta e le interpretazioni del cast.
Cosa succede
Lo show inizia a Tulsa nel 1921, in un cinema in cui un bambino sta guardando il serial muto dello sceriffo Bass Reeves, mentre la madre accompagna al piano le immagini suonando la colonna sonora. La cittadina viene però messa a ferro e fuoco da una massa di cittadini bianchi, e la madre, insieme al figlio e al marito, fugge dagli scontri. Il bambino si risveglia in un campo, con in tasca un foglietto datogli dal padre che recita “Prendetevi cura di questo ragazzo”. Entrambi i genitori sono stesi sull’erba, privi di vita, e al suo fianco una neonata piange senza sosta.
La storia salta in avanti, a un 2019 alternativo in cui gli eventi si sono svolti in maniera diversa rispetto al nostro passato. Il presidente degli Stati Uniti è Robert Redford e la polizia è una squadriglia di vigilanti che opera a volto coperto; nessuno sa chi ci sia dentro le maschere gialle dei poliziotti, i passamontagna dei tenenti o le maschere dei detective. Per proteggere l’incolumità degli agenti, se sei un poliziotto non puoi dirlo a nessuno, devi avere un secondo lavoro e un nome d’arte. In pratica, ti comporti come un supereroe statale. Alcuni di questi lo sembrano davvero: hanno nomi di battaglia altisonanti (Red Scare, Looking Glass, Sister Night), costumi – certi più curati di altri – e una vaga parvenza di superpoteri.
La misura cautelare è nata in seguito all’evento noto come “Notte Bianca”, una strage di poliziotti compiuta da parte un gruppo di suprematisti bianchi che si fa chiamare Il Settimo Cavalleria. L’organizzazione, che ha preso il vigilante Rorschach come modello di riferimento, ne indossa la maschera e ne adora i feticci (il suo diario, le sue metodologie), era stata sradicata ma sembra essere tornata in attività dopo che un uomo mascherato da Rorschach ha crivellato di colpi un poliziotto in servizio.
L’attentato porta il commissionario della polizia Judd Crawford (Don Johnson) a chiamare la detective Angela Abar (Regina King) affinché indaghi. Angela era stata ferita durante la Notte Bianca ma ha ripreso a svolgere il lavoro di investigatrice, usando la nuova attività di pasticcera come copertura.
Dopo aver estorto informazioni da un membro del Cavalleria, Angela, che veste i panni di Sorella Notte, conduce la polizia in un covo di suprematisti, ma la retata si dimostra infruttuosa perché gli uomini ingoiano delle pillole, suicidandosi prima di poter svelare dettagli del loro piano.
Adrian Veidt/Ozymandias, che i giornali dichiarano morto, vive in una sforzosa villa di campagna. Riceve dai domestici un orologio da taschino come regalo di compleanno. I domestici sono strani, gli danno un ferro di cavallo invece che un coltello per tagliare la torta di compleanno, quest’ultima impastata con un favo. Veidt comunica loro di aver scritto un testo teatrale che li vede come attori, The Watchmaker’s Son (“Il figlio dell’orologiaio”).
Una chiamata notturna invita Angela a recarsi presso un bosco in cui trova un vecchio in carrozzina – lo stesso che la mattina prima le aveva detto che era in grado di sollevare pesi enormi – ai piedi di un albero. In grembo ha il messaggio “Prendetevi cura di questo bambino”. Sopra di lui, il corpo penzolante del commissario Crawford, impiccato. Tra l’erba, il distintivo macchiato di sangue.
Sotto la maschera (appunti e riferimenti)
Questo primo episodio non potrebbe voler essere più distante dalla fonte originale, eppure c’è un certo modo di trattare gli argomenti come faceva Moore, includendo sottotrame apparentemente dissociate dal resto delle vicende (i siparietti con Adrian Veidt) e usando un simbolismo insistito, che frulla immagini vecchie a nuove suggestioni. Lo schizzo di sangue che cade sullo smiley nel fumetto qui gocciola sul distintivo di un poliziotto (a rimarcare che sono loro il prodotto della trasformazione dei supereroi) e a sua volta lo smiley non è più una spilla ma la forma che assumono i tuorli rotti da Angela durante una dimostrazione a scuola.
Se la polizia ha il suo Anacleto (il veicolo volante di Gufo Notturno), il test di Rorschach è diventato “the pod”, una stanza d’interrogatorio in cui vengono proiettati sulle pareti i simboli dell’Americana (una pubblicità del latte, l’atterraggio sulla luna, il dipinto American Gothic, la foto di un cowboy) mentre i sospettati rispondono alle domande per capire se hanno un bias psicologico. Lindelof preferisce lavorare di sponda, inserendo comunque molti riferimenti diretti (il libro Under the Hood – da noi tradotto con Sotto la maschera – la tazza a forma di gufo da cui beve Abar, la docuserie American Hero Story, in cui si accenna alla storia dei Minutemen e dei Watchmen).
- Lo sceriffo Bass Reeves, le cui gesta aprano la serie, è un personaggio realmente esistito: fu il primo sceriffo nero della zona a ovest del fiume Mississippi. Durante la sua carriera le cronache gli assegnano più di tremila arresti. Nato in schiavitù attorno al 1838, si liberò dal padrone George Reeves, trovando rifugio presso le tribù dei Cherokee, Creeks, e Seminole. Dieci anni dopo l’abolizione della schiavitù, Reeves ottenne l’impiego come U.S. marshal grazie alla dimestichezza con le lingue indigene. Come scrive Den of Geek, «introducendolo nei primi minuti della serie Watchmen fa chiarezza sulle proprie intenzioni. […] Questa versione di Watchmen ha ristretto i propri obiettivi per concentrarsi su tematiche prettamente locali, come i peccati di schiavismo e razzismo commessi dalla nostra nazione».
- In una scena della puntata, una pioggia improvvisa di calamari paralizza per un attimo il traffico: l’evento viene vissuto come un fatto normale dalla popolazione – nella classe dove è ospite Abar all’inizio dell’episodio compare un poster in cui si illustra l’anatomia di un calamaro. Tutto ciò si potrebbe collegare al finale della serie a fumetti, in cui un enorme mostro polipesco provocava la morte di milioni di persone, dissipando le tensioni politiche tra America e Russia. Come, di preciso, non è ancora chiaro. Un effetto collaterale in vigore dopo trent’anni?
- La rivendicazione del Settimo Cavalleria riprende una frase di Rorschach: «Tutte le puttane e i politici leveranno lo sguardo gridando “salvaci!”… E io dall’alto gli sussurrerò: “no”».
- Angela Abar dice di essere nata in Vietnam (che, in seguito all’intervento bellico del Dottor Manhattan, è diventato il 51esimo stato americano, proprio come nei fumetti) e di aver aperto una pasticceria che fa torte lunari. Le torte lunari sono un dolce cinese consumato durante la festa di metà autunno, durante la quale si celebra il culto della Luna. Sono tortine di pasta sfoglia cotte al forno e farcite con un ripieno pastoso, composto da anko (confettura di fagioli azuki) o pasta di semi di loto. Può contenere anche tuorli d’uovo, a simboleggiare la luna piena.
- La fugace apparizione di Robert Redford nei cartelloni a scuola è stata inserita senza chiedere il suo consenso. In un’intervista a Vulture, Damon Lindelof ha raccontato che stavano per proporre a Redford di recitare alcuni brevi messaggi alla nazione che avrebbero chiuso ogni puntata, ma prima che potessero contattarlo l’attore aveva annunciato il suo ritiro dalle scene: «Sì, in effetti sarebbe stato più elegante fare come ho fatto con Alan [Moore], cioè scrivergli una lettera in cui gli chiedo “ho bisogno della tua benedizione per farlo” e ricevere come risposta “Lasciami in pace”».
- Sulla scrivania di Veidt c’è una bottiglia che ricorda da vicino la boccetta di Nostalgia, il profumo da lui prodotto nella serie a fumetti.
- Nel finale, si sente un notiziario radio citare il senatore Joe Keene Jr., politico in corsa per la Casa Bianca. Dovrebbe trattarsi del figlio del senatore Keene, colui che nel fumetto introdusse il decreto che metteva al bando i supereroi.
- Il pilota dialoga con il musical Oklahoma!, che racconta la storia di Laurey Williams, corteggiata dal cowboy Curly McLain e dal sinistro Jud Fry. Il musical è citato in diversi momenti: Crawford viene introdotto mentre è a uno spettacolo realizzato da un cast di attori neri; lo stesso commissario durante la cena a casa di Abar canta una canzone dello show, People Will Say We’re in Love. E il titolo dell’episodio, It’s Summer and We’re Running Out of Ice, è un verso della canzone Pore Jud Is Daid, in cui Curly suggerisce a Jud di impiccarsi, per far capire a tutti quanto l’uomo è importante nelle loro vite. È la stessa sorte che tocca a Crawford, nel finale della puntata.
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