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“Undone”: un viaggio psicotico nel tempo

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Da pochi giorni disponibile su Amazon Prime Video, Undone è una serie breve (8 episodi di poco più di 20 minuti l’uno) realizzata con la tecnica del rotoscopio da Raphael Bob-Waksberg, il creatore di Bojack Horseman. E in questo inizio d’autunno – particolarmente ricco in novità televisive – Undone è tra i prodotti imperdibili del momento. Per più di un motivo.

La storia racconta di Alma, una ragazza depressa, stanca della propria routine e incerta sulla propria relazione con Sam. Alma ha perso il padre quando era piccola e il rapporto con la madre e la sorella Becca, che sta per sposarsi, non è dei migliori. In questa situazione di tremenda instabilità avviene qualcosa. Qualcosa che le permette di viaggiare nel tempo. Ad aiutarla in questo, peraltro, c’è di mezzo il padre… il quale le rivela di essere stato ucciso.

Di Undone è bene parlare tenendo distinti i due fronti, quello squisitamente tecnico-visivo, e quello narrativo-contenutistico. Tra i due, il primo è sicuramente quello che mi ha stupito, a partire dalla scelta di lavorare secondo l’antica tecnica del rotoscoping. Si tratta una tecnica d’animazione che parte da una base realistica: il disegnatore ricalca le scene a partire da un girato con attori in carne e ossa, trasformando dunque una ripresa dal vivo in una animata.

Tra i primi a utilizzarla ci fu Max Fleischer, che la impiegò anche per la leggendaria, formosa ‘flapper’ Betty Boop. Anche Walt Disney sfruttò questa tecnica: Biancaneve e i sette nani è un esempio virtuoso di animazione in rotoscoping. Passando a titoli meno antichi – ma pur sempre classici – anche Il signore degli anelli di Ralph Bakshi o He-Man e i dominatori dell’universo (questo pur nel contesto della cosiddetta animazione limitata) hanno sfruttato a dovere la medesima tecnica. Undone si inserisce insomma in una tradizione tecnica longeva e creativa, insomma, sebbene a partire dall’avvento del digitale si sia utilizzata sempre meno. Con qualche eccezione, per lo più “d’autore”: penso a Richard Linklater e ai suoi film Waking Life e A Scanner Darkly, o al caso curioso dell’anime I fiori del male, tratta dall’omonimo manga di Shuzo Oshimi.

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Undone, dunque, parte già come opera fuori dal coro, con la specifica intenzione di essere animata ma di intersecarsi con le dinamiche del cinema dal vivo. La scelta del rotoscoping ha infatti permesso ai creatori della serie di muoversi con facilità in un contesto visionario particolarmente efficace, dando vita a un ibrido riuscito che mescola realtà e fantascienza pura. È uno di quei casi in cui la tecnica scelta coincide con le intenzioni del concept: Undone è una serie sui viaggi nel tempo ma anche sulle scelte sbagliate, sulla labilità della psiche umana. L’estetica del rotoscopio, con il suo “realismo relativo”, in costante interferenza tra segno e realtà, offre un’eco interessante a una storia di rimpianti, dubbi, fragilità dei ricordi e in generale delle persone.

La sensazione che attraversa lo spettatore lungo tutta la visione è quindi di stordimento, un trip con sfumature metafisiche in cui la materialità della realtà crolla sotto i colpi potenti della visionarietà. Ci sono alcuni episodi, in particolare, che esplodono di bellezza percorrendo un tragitto in cui passato, presente e futuro si frammentano, ed è la stessa realtà a sgretolarsi. Un’allucinazione dietro l’altra, una sovrapposizione di piani che, visivamente, sono uno spettacolo. Un bel modo di asservire al racconto una scelta di linguaggio.

Passando, invece, alla parte strettamente narrativa, ho trovato sensata l’idea di sintetizzare il più possibile, non oltrepassando gli otto episodi e mantenendo una durata limitata. Il che ha permesso una densità emozionale e una compattezza emotiva che, al contrario, si sarebbero perse.

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Undone

Undone, però, per quanto meravigliosa, manca di equilibrio. Ci sono episodi stupendi, in cui ripensa al concetto di viaggio nel tempo e ai canoni che lo contraddistinguono, mescola i generi cinematografici (fantascienza, thriller, dramma, comedy). Ma verso il finale espone un po’ il fianco, si adagia e perde la sua forza di propulsione, così potente all’inizio.

Da questo punto di vista funziona meglio Russian Doll, serie Netflix sui viaggi nel tempo con un equilibrio che ha del miracoloso e uno splendido finale. Le protagoniste di Russian Doll e Undone hanno molto in comune: entrambe fuori dal coro, inquiete, problematiche. Entrambe alla ricerca di un equilibrio interno che (forse) otterranno con metodi non proprio canonici.

Rosa Salazar interpreta Alma: era stata già protagonista in Alita – Angelo della battaglia, il film di Robert Rodriguez tratto dal manga di Yukito Kishiro. Già lì il suo corpo era deframmentato – nella finzione del cinema non esisteva – e così avviene in Undone: un corpo attoriale che scompare fisicamente ma che diventa immagine pura.

Non c’è perfezione, in Undone: vale per i personaggi che la popolano, vividi e realistici, e vale per lo stile visivo, fotorealistico eppure etereo. Se di primo acchito l’interesse potrà passare per gli aspetti più misteriosi e fantastici della storia, ciò che la eleva sono le vicende emotive e psicologiche dei character, immersi in un’altalena dei sentimenti che varia dall’oscurità della depressione e della schizofrenia alla luminosità di una vita gioiosa, composta da affetto e amore.

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