HomeManga"Henshin", 13 fumetti per osservare il Giappone da dentro

“Henshin”, 13 fumetti per osservare il Giappone da dentro

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La parola “henshin” in giapponese significa “metamorfosi, trasformazione”, tema evidentemente caro all’autore della corposa raccolta di storie brevi che porta questo titolo, tradotta in Italia da Bao Publishing nella neonata collana Aiken.

henshin manga niimura bao

L’autore in questione è José Maria Ken Niimura Del Barrio, solo Ken Niimura per gli amici, un mangaka atipico come il suo nome. Non intrappolato nei meccanismi letali della serializzazione su carta come il 90% dei suoi colleghi, Niimura ha potuto riversare la sua formazione multiculturale (nato a Madrid da padre giapponese e madre spagnola, cresciuto in giro per il mondo) su progetti alternativi, alieni alle regole ferree del mercato nipponico.

Dopo il bestseller I Kill Giants (realizzato nel 2009 in coppia con lo sceneggiatore Joe Kelly, nominato ai premi Eisner, vincitore di un Manga Award e diventato un lungometraggio live action di produzione internazionale nel 2017), Niimura si è dedicato a Umami, una serie nata sul web come striscia digitale (qui è possibile leggere il primo episodio) e alla pubblicazione di storie brevi, poi raccolte nel volume Henshin di cui stiamo parlando.

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Il suo stile si allontana dal canone del manga giapponese per accostarsi a quello del fumetto occidentale più autoriale, che si traduce in un tratto sporco, tirato via come se fosse fatto a carboncino, negli sfondi scarni o messi su con quattro linee sbilenche, nei grigi compatti che ricordano poco il retino e molto i pennarelli e le matite colorate (fa venire in mente un’altra autrice “half”, guarda caso, mezza giapponese e mezza americana, la brava Jillian Tamaki).

I suoi protagonisti invece sono molto giapponesi nelle espressioni e nelle abitudini, personaggi bislacchi solo apparentemente alle prese con la vita di tutti i giorni ma in realtà forse coinvolti in “trasformazioni” che non comprendono neanche loro.

C’è un bambino dotato di superpoteri che sua madre fa di tutto per nascondere; una ragazza in visita dallo zio rapinatore; un mangaka di nome Ken (proprio lui) in crisi creativa, che ama i gatti e ne ha uno invisibile; due amici di lunghissima data che dal club di baseball del liceo si ritrovano impiegati frustrati e poi anziani sul viale del tramonto; una bimba che ama l’estate e le enormi granite giapponesi (e dunque è molto depressa in inverno); e poi, nella storia forse più sfacciata e divertente, uno straniero che si trasforma in un mostro gigante quando ha a che fare con la finta cortesia giapponese, fatta di frasi come «sei bravo a usare le bacchette!», «come parli bene la lingua!», «sembri un attore!» e così via. Ed è tutto vero.

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Niimura, da apolide nato altrove, riesce a individuare con precisione tic, situazioni e rituali tipicamente giapponesi per metterli al centro dei suoi brevi racconti (in media una ventina di pagine ciascuno) e ironizzare su di essi, a volte in modo impercettibile e a volte in maniera del tutto smaccata – come nel già citato episodio del mostro – ma sempre con grande leggerezza.

Ne esce fuori uno studio antropologico realistico e credibile, svolto da un autore del tutto consapevole di essere giapponese solo a metà e dunque in grado di analizzare la società in cui è perfettamente immerso con un occhio “esterno”. Ma soprattutto la sua opera è un omaggio sincero e di spietata dolcezza nei confronti di una cultura che, per quanto amata, compresa e assimilata, per quell’occhio esterno resterà sempre, seppur in minima percentuale, inafferrabile.

Henshin
di Ken Niimura
traduzione di Prisco Oliva
Bao Publishing, maggio 2019
Brossurato, 296 pp., b/n
10,90 €

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