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Sunday Page: Mark Russell su Daniel Clowes

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Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Questa domenica ospitiamo Mark Russell, autore di alcune satire religiose come God Is Disappointed in You e Second Coming. Ha lavorato per Dynamite (The Lone Ranger, Red Sonja) e DC Comics, scrivendo per quest’ultima Prez e aggiornando le icone di Hanna-Barbera i Flintstones e Svicolone, a cui a ha dedicato due serie nominate ai premi Eisner, Harvey e GLAAD.

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Daniel Clowes è da tempo uno dei miei autori preferiti perché non penso che nessuno (con l’eccezione dei Francois Truffaut) abbia mai catturato così bene allo stesso tempo la fragilità e la sicurezza della giovinezza.

Questa è l’ultima pagina di Like a Weed, Joe (in Italia su Caricature, Coconino Press, 2011), che suppongo, come molti dei fumetti di Clowes, sia per lo meno semi-autobiografico. Parla di un ragazzo che inizia una relazione con una ragazza, mentre è in vacanza al mare con i suoi nonni, d’estate.

Mi colpisce come questa storia combini quelle che sono state probabilmente le tre componenti più grandi della mia infanzia: agire in maniera immatura e senza cuore più di quanto tu non non sia, perché immagini che ti faccia sembrare più adulto, la sensazione che la vita sia qualcosa che ti viene imposto da forze fuori dal tuo controllo, e non avere il coraggio di comunicare i tuoi sentimenti a qualcuno perché potrebbe infrangere la fantasia che il tuo amore sia ricambiato.

Ti ricordi come hai scoperto questa storia?

Non ricordo quando l’ho letta per la prima volta, ma l’ho riletta di recente nel volume The Complete Eightball pubblicato da Fantagraphics ed è una storia che ancora mi parla, come fanno molte storie brevi autobiografiche di Clowes, come Immortal, Invisible.

È stata la prima opera di Clowes che hai letto?

No, la prima cosa che ho letto di Clowes, come molte persone, è stata Ghost World, che mi ha condotto nel mondo più grande dei suoi personaggi, la loro apatia, i fallimenti e i trionfi agrodolci che riempiono le loro vite.

Cosa ti affascina di questa pagina?

Le scelte che compie. Nella pagina finale, il climax emotivo della storia, vediamo la faccia del protagonista due volte in sei vignette e in nessuna delle due occasioni traspare alcuna emozione. Vediamo per lo più nuche e i monumenti banali di un’estate sprecata. In superficie, sembra una scelta tremenda per un mezzo visivo, ma in qualche modo riesce a catturare perfettamente la natura del rimorso. Quella situazione in cui, all’epoca, non ti rendevi conto di stare commettendo gli errori che ti avrebbero perseguiteranno per tutta la vita.

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