HomeRecensioniClassic"Gli Astrostoppisti" di Castelli e Zeccara: un classico ritrovato

“Gli Astrostoppisti” di Castelli e Zeccara: un classico ritrovato

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Era finito nel dimenticatoio per un piccolo problema di circostanza: le storie degli Astrostoppisti nate dalla fantasia di Alfredo Castelli (il creatore di Martin Mystère) e disegnati da Nevio Zeccara (1924-2005) potrebbero ricordare un’altra serie di avventure di una più nota coppia di scanzonati autostoppisti spaziali, anzi galattici. Ma in realtà i personaggi di Castelli arrivano addirittura prima, nel 1971, rispetto alla Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams, il compianto scrittore di fantascienza britannico.

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L’opera di Adams infatti nasce nel 1978 come radiodramma per la BBC prima di trasformarsi in una trilogia in cinque volumi e spandersi attraverso altri media (videogiochi, fumetti, film telefilm, addirittura commedie teatrali), mentre a quel punto il ciclo di quindici storie che potete leggere nel volume pubblicato a fine 2018 da Nona Arte era già concluso.

Le storie degli Astrostoppisti vengono infatti pubblicate tra il 1971 e il 1972 sul Giornalino e le prime sette anche raccolte (a fine 1971) in un volume brossurato degli Albi del Giornalino. Negli anni successivi, soprattutto tra il 1975 e il 1977, vengono pubblicate anche in Francia, ricevendo buoni apprezzamenti da parte delle critica specializzata d’Oltralpe (solitamente piuttosto esigente) che loda il registro comico ma non infantile della fantascienza che Castelli ha saputo raccontare, e i disegni di notevole qualità di Zeccara.

Ora, qui bisogna aprire due parentesi. La prima è che abbiamo visto passare oramai almeno due generazioni di autori italiani “moderni” (tra i quali Zeccara è un ottimo esempio) che hanno pubblicato molto tra gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta ed Ottanta ma che dopo non compaiono praticamente più perché fuori dal circuito Bonelli e Disney (che ristampano sistematicamente molti dei lavori in archivio) e fuori dalle rivalutazioni autoriali che ciclicamente fanno ritornare Crepax, Pratt, Magnus e altri “maestri” indiscussi in edicola, fumetteria e libreria.

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Invece, gli onesti artigiani, piccoli geni capaci di modulare non solo maniera ma anche talento e originalità in tavole che richiamano il gusto delle historietas latinoamericane ma anche il fumetto francese più engagé, di solito scompaiono. Si ritrovano solo in chi coltiva la passione del vintage e le rare volte in cui – come in questo caso – vengono meritoriamente raccolte e ristampate le vecchie storie oggi dimenticate. È un peccato perché c’è un vero e proprio tesoretto sepolto nelle incrostazioni della memoria che giace negli archivi degli editori e poi degli autori e, ahimé, sempre più spesso (come per Zeccara) dei suoi eredi. Molte cose si potrebbero recuperare.

Seconda parentesi: le idee girano. Nella interessante prefazione al volume degli Astrostoppisti è lo stesso Castelli che fa un salto nel passato e confida il suo imbarazzo, scioltosi solo di recente, sulla serie dei due funambolici Kal e Morgan:

«Come vi ho detto – scrive Castelli –, sono stato ispirato da vari autori, ma la serie era farina del mio sacco; tuttavia, qualche tempo dopo, mi sono reso conto che i protagonisti, le tematiche, persino certi setting (“Il Ristorante ai confini dell’Universo”) sembravano copiati pari pari dalla straordinaria Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams.

Era difficile credere che non mi ci fossi ispirato e avessi soltanto colto “un’idea che correva nell’aria”, così, imbarazzato per quel plagio involontario, non ho più fatto tentativi per riproporre la serie».

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Poi, leggendo qualche commento nostalgico di un critico (Fabio Lastrucci sul sito www.fantascienza.com: perché alle volte gli autori leggono anche chi scrive di critica) Castelli si è reso conto che in realtà la farina del suo sacco era anche cronologicamente dimostrabile e ha deciso di collaborare alla riedizione di queste storie.

Il volume che raccoglie tutte le avventure degli Astrostoppisti scritte da Castelli è un omaggio intelligente alla creatività e al mestiere che passavano attraverso le riviste di fumetti degli anni Settanta e in particolare dal Giornalino delle Edizioni Paoline, all’epoca diretto da don Dino Cappellaro. Castelli, quando nel 1972 venne assunto dal Corriere dei Ragazzi, dovette lasciare la serie (perché non poteva continuare a collaborare con un concorrente) a S. Della Barca, pseudonimo di Silverio Pisu che la portò avanti fino al 1978.

Nel 1981 Castelli provò a rilanciarla con i disegni di Ghiro, cioè Roberto Ghiddi, su S&M – Strisce e musica (il supplemento a La Nazione e a Il Resto del Carlino a cura di Bonvi) cambiando il nome in Quelli dell’Astrostop, ma ormai il tempo era passato. Non solo si era già vista molta fantascienza a fumetti ispirarsi più al cinema che non all’illustrazione classica della fantascienza dei pulp e dime books, ma in particolare il gusto di Ghiro va nella direzione di un immaginario che fa l’occhiolino a Guerre Stellari, in uno scomodo formato a striscia che frammenta la narrazione di Castelli.

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I racconti ruotano attorno a una coppia di flaneur d’eccellenza: i due misteriosi astrostoppisti sono figli in realtà di una lunga tradizione di personaggi “contro” e, confessa Castelli, in particolare dei due coraggiosi e generosi cialtroni protagonisti di Mash (1970) di Robert Altman: la coppia Donald Sutherland ed Eliott Gould, nei panni dei medici militari protagonisti, Hawkeye e Trapper, che poi verranno interpretati in televisione per 11 anni dal 1972 al 1983 da Alan Alda e Wayne Rogers.

I due sono perfetti per consentire uno sviluppo del registro comico senza cadere nell’infantilizzazione della serie di avventure, che comunque sono lunghi bozzetti, racconti autoconclusivi da bar (galattico) con tanto di effetto speciale alla fine. Le storie sono ancora gustose e relativamente ingenue, il disegno è eccellente.

Castelli lo conosciamo e la sua opera di soggettista e sceneggiatore è enorme. Una menzione particolare va invece a Zeccara, che esordisce sul Vittorioso e diventa dal 1952 un disegnatore dotato per il disegno tecnico, soprattutto aerei e astronavi, che piace molto al mercato anglosassone. Parte del mitico Studio Giolitti, Zeccara produce da fumetti di guerra per Fleetway (da noi Super Eroica), le storie sci-fi di Willy West, una serie a fumetti di Star Trek e I Fuggiaschi. Zeccara rimane fedele al ciclo di storie degli Astrostoppisti sino al 1978, quando il Giornalino le chiude: sono 36 storie in tutto, sommando quelle di Pisu e di Castelli.

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‌Les bourlingueurs de l’espace, come sono ribattezzati in Francia, è una serie che viene superata non tanto graficamente quanto tematicamente dalla cupezza di temi e pesantezza degli anni Ottanta e Novanta, quando alla fantascienza sociologica si sostituisce il cyberpunk da un lato e il complesso mondo dei manga dall’altro (e spesso l’immaginario del primo incontrerà i temi e gli spazi narrativi dei secondi).

I due hippy ma non troppo, anticonformisti ma con garbo, abili raconteur di avventure del fantastico e del picaresco si allontanano così con le onnipresenti sacche da marinaio (o da reduce dell’esercito) per allontanarsi verso un orizzonte dal quale faranno solo un breve e sfortunato ritorno negli anni Ottanta.

L’edizione lussuosa del volume è corredata da un buon apparato introduttivo, una cronologia preziosa e qualche illustrazione di pregio. Le tavole delle storie, circa 6/8 a puntata, respirano adeguatamente in spazi adatti a valorizzare il lavoro di Zeccara. Manca però un po’ più di gusto nella ricerca delle chicche per gli appassionati: le copertine delle varie edizioni, ad esempio, che sono poche e oltretutto piccole, o un po’ di iconografia del tempo. Bella e giustamente ortogonale rispetto al lavoro di Zeccara l’illustrazione di copertina di Lucio Filippucci, che ha i colori dello stesso Alfredo Castelli.

Gli Astrostoppisti
di Alfredo Castelli e Nevio Zeccara
Nona Arte, gennaio 2019
cartonato, 104 pp., colore
24,90 €

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