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Sunday Page: Giorgio Salati su “Watchmen”

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Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Questa domenica è ospite Giorgio Salati. Milanese, Salati è collaboratore storico di Topolino in veste di sceneggiatore. Al suo attivo ha la scrittura di cartoni animati, programmi tv, racconti per l’infanzia e riviste enigmistiche. La sua ultima opera, in coppia con Armin Barducci, è Sospeso, storia di bullismo edita da Tunué.

salati watchmen

Ho scelto l’apertura delle pagine 6 e 7 del capitolo 9 di Watchmen, uno dei miei fumetti preferiti di sempre, scritto da uno dei miei fumettisti preferiti di sempre. Ero indeciso tra Watchmen e Killing Joke. Killing Joke è una lezione di sceneggiatura in sole 46 tavole, uno di quei gioielli che per anni, quando ho iniziato a fare questo mestiere, tornavo a sfogliare ogni volta che mi incagliavo in qualche scena, giusto per respirare la sceneggiatura perfetta, il fumetto al suo massimo potenziale, sperando che qualche molecola di genio potesse trasferirsi dalle pagine a qualche angolo recondito del mio cervello.

Ho sempre creduto molto nella capacità formativa inconscia, nel masticare continuamente bellezza, digerire, e poi un giorno il tuo cervello ha metabolizzato e riesci a tirar fuori anche tu qualcosa di bello, come se avessi appreso delle lezioni per magia o nel sonno. O quantomeno è così che funziona il mio cervello bislacco e sonnolento.

Watchmen naturalmente è molto più di Killing Joke. Credo si possa definirlo il più grande romanzo a fumetti di tutti i tempi, roba da Premio Nobel per la Letteratura. La profondità dei temi, l’imponente intreccio di personaggi e linee narrative, la complessità del montaggio, lo rende qualcosa per me di unico e irripetibile. Fior di saggisti hanno analizzato l’opera in lungo e in largo e molto meglio di come saprei fare io, comunque.

Estrapolare una sola scena da quasi 400 pagine di perfezione narrativa è quasi impossibile. Per esempio l’intero capitolo 5, “Paurosa simmetria”, è un capolavoro di montaggio e di layout: così come il titolo suggerisce, la prima tavola ha la stessa forma e distribuzione di vignette dell’ultima, la seconda è come la penultima, e così via andando fino all’apertura centrale dove c’è una doppia pagina dal layout perfettamente simmetrico. Tutto questo con una narrazione serrata, dialoghi pregnanti, inquadrature spettacolari eccetera. Forma e contenuto perfettamente equilibrati.

E come mai proprio queste due pagine?

Dopo essere impazzito a sfogliare e ri-sfogliare Watchmen per trovare LA tavola meritevole di essere commentata, ho deciso di lasciar perdere la perfezione formale e trovare una tavola che comunicasse quello che per me è il significato profondo dell’opera (o uno dei significati) nonché l’intuizione geniale di Alan Moore sul medium fumetto.

Il momento in cui viene esplicitata in maniera più chiara la visione di Moore è il dialogo in cui Dr. Manhattan asserisce: «Il tempo è simultaneo, un gioiello dalla struttura complessa che gli umani insistono a guardare un lato per volta, quando il suo insieme si può scorgere in ogni faccia». In questo singolo balloon depositato quasi di sfuggita a vignetta 6 della tavola che vedete a sinistra si può trovare a mio avviso una sorta di “manifesto” del fumetto di Alan Moore.

Il tempo sta a Dr. Manhattan così come il fumetto sta ad Alan Moore. Il fumetto non è un medium piatto e bidimensionale, che può essere generato e fruito in un’unica direzione spazio-temporale. Se vado a vedere un film al cinema ho un solo vettore di fruizione, da un punto A verso un punto B. Non posso alzarmi in mezzo alla sala e chiedere al proiezionista di tornare indietro, poi avanti, poi saltare qualche minuto, non posso chiedere di farmi vedere determinate scene in un ordine deciso da me. Certo, quando guardo un dvd questo è fattibile, ma in maniera sempre più inefficace – un lato per volta – di quanto posso fare con un fumetto. Lo stesso vale per una canzone o un romanzo, ma anche un dipinto o una scultura.

Il fumetto invece è un prisma dalle innumerevoli facce che può essere fruito da più angolazioni. Si può saltare a piacimento da una vignetta all’altra, da una pagina all’altra, avendo sempre sott’occhio la totalità della storia (per questo pur apprezzando anche il digitale è per me più limitato nella fruizione).

Questo concetto è preponderante nell’intero capitolo 4, “L’orologiaio”, sempre di Watchmen. Dr. Manhattan qui ci mostra come esperisce il tempo, cioè non un momento dopo l’altro, ma in maniera simultanea: lui vede attraverso il tempo.

Allo stesso modo Alan Moore ha scelto il linguaggio del fumetto perché è quello che più di tutti gli permette di vedere la storia attraverso, e di farla vedere a noi così come la vede lui. Per questo durante il racconto si concede di saltare continuamente tra svariati piani spazio-temporali, non semplicemente con cambi di scena tra gruppi di tavole, ma addirittura tra una vignetta e l’altra, raccordando il tutto con didascalie tratte da un tempo ancora diverso, e il tutto risulta normale al lettore molto più che se questo sistema ambizioso fosse utilizzato in qualsiasi altro mezzo espressivo. Proprio perché nel fumetto il lettore ha la facoltà di fermarsi, cambiare passo di lettura, tornare indietro, scegliersi le vignette da leggere, essere egli stesso fautore del ritmo e montaggio della narrazione.

Maneggiando un volume a fumetti noi possiamo rigirare tra le mani il prisma, guardare più facce contemporaneamente, scorgere attraverso la narrazione, essere immersi nella storia più che con qualsiasi altro linguaggio espressivo.

In ultimo, riguardo a queste due tavole, mi preme far notare le meravigliose simmetrie, le soggettive dall’alto impatto emotivo (le mani di Silk Spectre bimba che afferrano la palla con la neve o toccano il costume della madre), il parallelismo tra il castello dentro la palla e il maestoso edificio di vetro generato da Dr. Manhattan su Marte, la leggiadra profondità con cui ci addentriamo nella complessa personalità di Silk Spectre madre attraverso i dialoghi fuori campo, e in fondo alla tavola di destra il nuovo riferimento alla relatività del tempo: nella palla con la neve in mano alla bambina il tempo scorre in maniera alternativa, esattamente come nel fumetto che teniamo in mano.

Ti ricordi come e quando hai scoperto Watchmen?

Ho scoperto Watchmen nel 2001. Da ragazzino raramente seguivo i fumetti supereroistici e non ne sapevo nulla. Poi nel 2001 ho frequentato la Scuola del Fumetto di Milano, dove l’insegnante Riccardo Secchi ci ha dato come “compiti” di leggere Watchmen (e se non ricordo male anche Killing Joke, Sin City, Maus e Topolino Noir). Non lo ringrazierò mai abbastanza per questo.

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