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Lorenzo Mattotti copertinista del New Yorker

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In collaborazione con Logos Edizioni pubblichiamo un estratto in esclusiva dalla prefazione di Lorenzo Mattotti. Covers for the New Yorker, realizzata da Françoise Mouly, direttrice artistica del magazine New Yorker.

Il libro documenta la ventennale collaborazione tra Lorenzo Mattotti e il New Yorker. Raccoglie per la prima volta le 32 copertine disegnate da Mattotti per la rivista americana, insieme a numerosi schizzi preparatori inediti e illustrazioni realizzate da a corredo di articoli della rivista, oltre a ampi testi descrittivi e un saggio introduttivo di Françoise Mouly, del quale qui riportiamo la prima parte.

Le copertine contenute nel volume sono oggetto inoltre di una mostra in corso dal 6 febbraio all’ 8 marzo, presso l’Istituto di Cultura Italiana di New York.

From Local to Global: a Spectrum of Color

Nel pantheon degli artisti di The New Yorker, che annovera tra gli altri Saul Steinberg, Art Spiegelman, Roz Chast, David Hockney, Barry Blitt, Malika Favre e Jean-Jacques Sempé, Lorenzo Mattotti occupa un posto speciale. Pur non essendo l’autore del maggior numero di copertine della rivista – primato che va ad Arthur Getz, con 212 illustrazioni in 32 anni – in pochi hanno eguagliato la sua opera: pubblicate nell’arco di 24 anni, le sue 32 copertine abbracciano un’ampia varietà di tematiche, nel suo stile inconfondibile. Per questo Mattotti è molto prezioso per The New Yorker e anche per me, che dal 1993 ricopro il ruolo di art director della rivista. Che si tratti di proporre un’idea innovativa o di rispondere in modo originale alla richiesta urgente di una copertina di attualità, posso sempre contare su di lui.

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Nel 1925, The New Yorker viene fondata come rivista umoristica da Harold Ross, un cittadino del Midwest desideroso di immortalare l’eccitante e sofisticata vita della metropoli. La sua idea è di conferire agli artisti un ruolo di spicco nella pubblicazione, accreditandoli come collaboratori e non come semplici illustratori di testi. Durante la Prima guerra mondiale, Ross è di stanza a Parigi, dove scopre alcune riviste umoristiche francesi, come Le Rire e L’Assiette au Beurre

La copertina del primo numero di The New Yorker, pubblicato nel febbraio 1925, raffigura un dandy (poi chiamato Eustace Tilley) che osserva una farfalla attraverso un monocolo. L’immagine è stata ideata e disegnata da Rea Irvin, primo art director della rivista, e risponde alla volontà di Ross di catturare lo spirito degli anni di F. Scott e Zelda Fitzgerald, di Duke Ellington e della sfrenata Jazz Age. Naturalmente, da allora la rivista è molto cambiata: numeri recenti trattano la questione dei rifugiati in Europa o la condizione della donna nel mondo tecnologico. Ma la copertina, priva di scritte o titoli che possano influenzarne l’interpretazione, rispecchia ancora l’importanza e l’autonomia accordate agli artisti. Il logo è rimasto come l’aveva disegnato Rea Irvin (per i titoli all’interno ora utilizziamo una font chiamata “Irvin”), e abbiamo mantenuto l’elemento grafico verticale sulla sinistra.

Le copertine di The New Yorker rappresentano un caso unico nella stampa contemporanea, poiché esprimono il pensiero dell’artista indipendentemente dai contenuti delle pagine interne. Grazie a queste opere d’arte capaci di raccontare storie, spesso divertenti ma a volte serie, bizzarre o polemiche, intere generazioni di lettori hanno conservato i numeri di The New Yorker per settimane, mesi e persino anni. Le copertine della rivista decorano le pareti di molte case e vengono riproposte come stampe di grande successo. Non hanno età, eppure ritraggono un momento preciso. Commentano il passare degli anni. Documentano i radicali mutamenti di opinione su temi quali l’omosessualità e la figura della donna, e al contempo sbeffeggiano con garbo le nostre infatuazioni. Illustrano la cultura delle classi agiate e le tendenze in fatto di moda, da Brooklyn a Parigi, fino a Milano.

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Manhattan Rising. La prima copertina di Lorenzo Mattotti per il New Yorker
“Manhattan Rising”. La prima copertina di Lorenzo Mattotti per il New Yorker, del 21 giugno 1993.

In tutte le copertine di Lorenzo Mattotti è riconoscibile il suo tipico stile, che si avvale dei pastelli a olio, una delle sue tecniche d’elezione. I pastelli consentono di riprodurre colori brillanti con un’ottima resa – fattore importante per una rivista che stampa oltre un milione di copie ogni settimana – e una superficie granulosa che mostra la materialità degli strati di colore.

Ogni immagine, capace di competere con le grafiche delle migliori locandine, esprime un concetto potente tramite una composizione bilanciata. L’occhio è attratto dalla palla di neve oppure dalla figura al centro della scena, o ancora dalla strada che scompare in un paesaggio variegato, mentre gli altri elementi – le tende, gli alberi o i bagnanti – fungono da cornice. Mattotti si distingue dai suoi stimati colleghi per la varietà dei soggetti. La sua prima copertina, Manhattan Rising (21 giugno 1993), è una delle illustrazioni più originali realizzate per la rivista.

Un uomo enorme, più alto dei grattacieli, si erge sulle acque del porto, circondato da edifici che richiamano lo skyline di New York; una visione onirica in cui possiamo leggere la lotta dell’individuo per la sopravvivenza nella Grande Mela.

Spy Glass dell'11 gennaio 1999.
“Spy Glass”, dell’11 gennaio 1999.

Non ricordo cosa disse la direttrice Tina Brown quando le mostrai la copertina; diede comunque la sua approvazione. (Tutte le copertine sono approvate per la stampa dal direttore della rivista, nello specifico Tina Brown dal 1993 al 1998 e David Remnick dal 1998 a oggi.)

Probabilmente l’esplosione di colori brillanti e la consistenza materica erano così vicine a ciò di cui avevamo bisogno per affrancare le copertine da due decenni di pallide scene bucoliche all’acquerello che né io né Tina ci preoccupammo dell’assenza di un contenuto ben definito in quella prima immagine. […]

© 2017 Françoise Mouly, The New Yorker, Art Director

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