Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».
Questa domenica è il turno di Pietro Scarnera. Torinese classe 1979, vive a Bologna dove gestisce il sito di giornalismo a fumetti Graphic News, ed è autore di Diario di un addio, Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi e Recplay. Il suo graphic novel Una stella tranquilla, originariamente pubblicato in Italia da Comma22 nel 2014, ha vinto il Premio Rivelazione ad Angoulême nel 2016.
Google Maps dice che ci sono 1.400 metri tra casa mia e casa di Cristina Portolano. Abitiamo entrambi a Bologna, come tanti altri autori di fumetti, e mentre pedalo verso casa sua mi viene proprio da pensare alla “Bologna, Parigi minore” cantata da Guccini, alla “bohème confortevole”, tanto più che la strada verso casa di Cristina è tutta in discesa.
Probabilmente non avrei mai pensato di disegnare fumetti se la mia famiglia non si fosse trasferita a un certo punto a Bologna, e di sicuro non sarebbe altrettanto divertente farli se non potessi ogni tanto lamentarmi con altri autori come Cristina. Penso che Cristina sia una brava fumettista e una meravigliosa disegnatrice. Mi piace perché è proprio l’opposto di me. È velocissima e io sono lento, le sue tavole sono ricchissime e piene mentre le mie sono minimali e parecchio vuote. Vederla disegnare fa venire voglia di disegnare anche a me, e poi lei mi spiega le tecniche, conosce gli strumenti e ne scopre sempre di nuovi: frequentarla è molto stimolante, è una cosa che ti riconcilia con il fumetto.
Una sera Cristina mi ha aperto i suoi archivi, spiegandomi che lei ha proprio il feticcio della tavola. Infatti i suoi lavori sono conservati con cura, e sfogliando i raccoglitori dell’archivio Portolano si vede quanto è migliorata nel corso degli anni. Mi hanno colpito alcune tavole che ha disegnato per l’antologia di Delebile intitolata Home: ci sono delle signore affacciate al balcone, a Napoli, e la carta è la carta intestata dell’Anm (l’Azienda napoletana mobilità, insomma la società del trasporto pubblico). Un po’ mi sono vergognato dei miei originali, sparsi su mille foglietti a caso.
Una domenica d’estate ho accompagnato Cristina all’Ikea, essendo io uno dei pochi fumettisti automuniti. Allora Cristina era alla ricerca di un’idea per la tavola che doveva disegnare per un’altra antologia di Delebile, Sunday. Mi sembrava perfetto: «Cristì, ti porto di domenica all’Ikea, che è un’idea folle, come minimo mi devi rendere protagonista di questa tavola: la storia è già scritta». Ho dovuto insistere un po’ ma alla fine l’ho convinta, e adesso una delle mie ambizioni della vita – diventare il personaggio di un fumetto – è realizzata.
Il “little Pete” che si aggira afflitto dentro l’Ikea domenicale sono proprio io. Mi riconosco assolutamente. A parte la maglietta a righe d’ordinanza, Cristina ha disegnato proprio le mie espressioni, le mie posture e la disperata rassegnazione che mi coglie in situazioni così affollate e senza via d’uscita. Allo stesso tempo questo little Pete è assolutamente un suo personaggio. Sono certo che mi ha disegnato senza ricorrere a fotografie, non mi ha neanche chiesto di posare dal vivo (anche se sono pronto quando vuoi, Cristina). Ed è per me sempre fonte di grande stupore vedere disegni che nascono senza nessun ausilio visivo, tranne la memoria dell’autrice. In questo senso Cristina è per me una disegnatrice classica, una che conosce l’anatomia (anche se poi magari la distorce).
Come ci si aspetterebbe, è una tavola che richiama le domenicali dei comics americani.
Sì, ma allo stesso tempo ci sono dentro i fiamminghi: Bruegel e Bosch. L’Ikea disegnata da Cristina è a metà tra una strada della New York di Yellow Kid e il Trionfo della morte di Bruegel. Solo che al posto degli scheletrini ci sono i mocciosi che strillano, giocano e si fanno beffe di me. Ci sono anche piccoli dettagli di orrore quotidiano, come il bastone da selfie (vignetta nove) o il bimbo legato come fosse un cagnolino (vignetta 11) e il cuscino Ikea a forma di cuore (vignetta 12) che tenta di risollevarmi il morale.
Penso che rispetto ai disegni di qualche anno fa, che io trovavo belli ma un po’ inquietanti, Cristina abbia trovato il suo equilibrio. Rimangono degli elementi di “disagio” nel suo disegno, ma il suo tratto adesso è molto più pulito e vorrei dire anche risolto. Credo l’abbia aiutata molto in questo senso il lavoro fatto per Quasi signorina, il fumetto in cui racconta la sua infanzia. La bicromia di questa tavola, ad esempio, è figlia del lavoro fatto per quel volume.
Grazie a Cristina ho scoperto che fare fumetti non dev’essere per forza un’attività solitaria. Tempo fa abbiamo lavorato insieme a Predappio città aperta, un reportage a fumetti pubblicato su Graphic News. Lo cito perché da un lato è la storia più strettamente “giornalistica” che ho realizzato per Graphic News, dall’altro perché il contributo di Cristina ha aggiunto un tono dissacrante e divertente che io da solo non avrei avuto.