HomeFocusIntervisteJason Aaron: «Per essere buoni scrittori, bisogna essere buoni lettori»

Jason Aaron: «Per essere buoni scrittori, bisogna essere buoni lettori»

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A cura di Andrea Fiamma e Evil Monkey

*English Text

Jason Aaron scrive di bastardi sudisti, ma non è uno di loro. Nato e cresciuto a Jasper, Alabama, Aaron è diventato famoso per le storie dure e crude (The Other Side, Scalped, Punisher MAX) ma si è presto dimostrato in grado di gestire racconti epici (Thor, Doctor Strange), blockbuster (Original Sin, Star Wars) e avventure leggere (Wolverine e gli X-Men). Il suo successo più recente è un ritorno alle atmosfere che lo hanno reso celebre, quel Southern Bastards così vicino al suo cuore (e a quello del disegnatore Jason Latour) e incensato da pubblico e critica.

Eppure i modi di Aaron sono pacati, la sua voce è piana e riflessiva. I calzini di Wolverine e le camicie tartan nascondono il fatto che la persona che le indossa non dà niente per scontato. Panini Comics lo ha portato come ospite alla scorsa edizione di Lucca Comics and Games e noi abbiamo colto l’occasione per parlare con lui di vita, lavoro, influenze personali e pornografia.

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jason aaron intervista lucca comics 2017
Jason Aaron durante Lucca Comics and Games 2017

Iniziamo dalle cose importanti, cioè di quella volta che hai mandato un pacco di film porno a DC Comics.

[ride] Sì, è successo agli inizi della mia carriera, quando stavo proponendo progetti alla Vertigo. Avevo l’idea di Scalped pronta ma l’approvazione stava richiedendo molto tempo. All’epoca lavoravo in un magazzino pieno di sex toy e film porno. Ero il tizio del porno, me ne stavo tutto il giorno in un ufficio circondato da scaffali di film porno e intanto mandavo e-mail a Will Dennis, uno degli editor Vertigo. Così, a un certo punto, mandai alla DC un grosso pacco di film. Penso che Will li abbia distribuiti ai colleghi. Poco dopo il mio fumetto ottenne luce verde.

Nei tuoi lavori c’è davvero molto dalla tua vita. Quanto riesci a mettere di te in fumetti come Thor?

Devi sempre mettere qualcosa di te stesso, a qualsiasi cosa tu stia lavorando, che sia con gli alieni, con divinità o altro ancora. Lo stesso vale per Thor. Sono cresciuto in un ambiente religioso ma sono ateo ormai da gran parte della mia vita, da quando avevo vent’anni. Guardo a Thor come a un essere divino, che era la cosa che lo distingueva da tutti gli altri personaggi Marvel. Fu questa l’idea principale di Stan Lee e Jack Kirby quando lo crearono: questo tizio è diverso perché è un dio. Per me era un elemento cruciale.

La prima serie curata da me si chiamava Thor: Dio del Tuono, il primo arco narrativo era Il macellatore di dei e nel primo numero vedevamo Thor rispondere a una preghiera. Da ateo, ho scritto di un dio in cui avrei voluto credere. È questo il fulcro della mia gestione negli ultimi cinque anni. Vedere Thor affrontare il dubbio, l’idea di essere degno, di essere una brava persona, come se stesse cercando di impressionare me, l’ateo che gli aveva messo davanti tutti quegli ostacoli. Quindi, sì, credo che, in qualsiasi caso, tu debba metterci qualcosa a cui la gente risponderà emotivamente, si spera. Altrimenti hai solo personaggi in costumi ridicoli che si picchiano tra di loro.

Quindi non ti piace il Thor cinematografico, che è tutto meno che divino?

Beh, sì, mi piace, ma non voglio che il mio Thor sia così. Nei film si sono discostati dall’idea di divinità, gli Asgardiani sono più esseri che la gente percepisce come dei. Io voglio andare nella direzione opposta: loro sono davvero degli dei.

thor god of thunder jason aaron

La religione è una componente molto forte dei tuoi lavori. Non so se ci sto leggendo troppo dentro io, ma anche in cose come Dai diari del vecchio Ben Kenobi, una storia densamente intessuta di motivi spirituali (la scrittura, le situazioni da Nuovo Testamento), sei riuscito a inserirci la fede.

Quello che dici ha senso. Non so se mi sono mai seduto a scrivere in modo consapevole, ma di certo l’idea di fede e religione ritorna in molti dei miei fumetti, fin dal primo che ho scritto, una storia breve su Wolverine che incontra una timorata di Dio, realizzata per un concorso della Marvel nel 2001. Tutto quello che ho scritto successivamente sul personaggio di Wolverine, nelle varie testate, parlava della fede e delle cose in cui crede Wolverine. Ma c’è anche la lotta tra figli e genitori, che ovviamente è presente in Star Wars e Thor o in Southern Bastards.

Penso anche al motivo visivo dell’occhio, che utilizzi spesso (Original Sin, Doctor Strange, Southern Bastards).

[Mostra il braccio ricoperto di un tatuaggio raffigurante tanti occhi spalancati, senza aggiungere nulla]

Ecco, non me n’ero nemmeno accorto. Quindi è davvero una cosa a cui tieni molto?

Sì, non so per quale motivo, ma è una delle cose da cui sono attratto. Il perché non lo conosco, ci vorrebbe della psicanalisi per capirlo. Penso di aver fatto abbastanza cose e in vari generi da aver creato delle correlazioni. Però non mi siedo alla scrivania pensando: «Va bene, dove metterò questo tema? E quest’altro?». Sono solo cose che mi interessano, lascio agli altri cercare di capire che cosa significhino.

Il mio è un lavoro egoista, scrivo storie per me stesso. Non so scrivere storie per voi. So quali storie mi piacciono ed è quello che faccio: scrivere storie che vorrei leggere. Per questo penso sia importante essere buoni lettori, se si vuole essere buoni scrittori. Sono l’unico lettore che cerco di compiacere. Scrivo storie pazze disegnate dai migliori disegnatori del mondo. Si riassume tutto a una cosa sola: scrivere ciò che vorrei leggere. È per questo che vedi apparire tutti questi temi comuni nei miei lavori.

scalped jason aaron

Quante ore lavori al giorno?

Dipende. Cerco di scrivere quando mio figlio è a scuola. Mi sveglio, lavoro di giorno, poi di nuovo la notte quando tutti dormono. Lavoro a casa, ho uno studio al piano di sopra, quindi non timbro il cartellino. Dipende anche da quanto devo scrivere in una data settimana e se ho delle scadenze. In realtà ho raggiunto ormai un ottimo equilibrio e sono perfino in anticipo sulle consegne.

Scrivi molto, non hai troppo lavoro?

Non è mai troppo. C’è stato un periodo in cui era tanto, ma non ho mai pensato che fosse lavoro, neanche ora. Sto lavorando su cinque serie diverse ma la differenza non sta nelle ore, è nello spazio che ho in testa. È come cucinare: devo preparare cinque o sei pietanze ma ho solo una certa quantità di spazio sui fornelli e un numero finito di occhi che guardano e controllano le cose che bollono. È quella la parte difficile, mi serve lo spazio.

Quando mi siedo a scrivere è facile, perché ho già tutto pronto in testa. Puoi pensare di farla franca e metterti subito a scrivere ma poi sarà peggio, perché dopo rileggerai il lavoro e dirai: «Oh, ma perché non ci ho pensato su per cinque minuti in più e non mi sono inventato una soluzione migliore?».

È così per ogni lavoro, credo: lo riguardi e pensi che avresti potuto farlo meglio. C’è più pressione a lavorare su progetti vincolanti come Star Wars o su testate dove hai più libertà?

È diverso. E non voglio ripetermi. Quando iniziai ero l’uomo delle storie dure e sporche, quello che scriveva di gente che si sparava o si accoltellava. Per questo mi piace molto Wolverine e gli X-Men, aveva un tono diverso da tutto il resto della mia produzione. Non voglio che le mie serie si assomiglino. Come se fossi un lettore, ogni tanto mi piace cambiare per non annoiarmi.

Ogni serie ha le sue aspettative. Tutti conoscono Star Wars e Thor, è vero, ma questo mi offre dei bei giocattoli con cui divertirmi, giocattoli che sono stati creati da altri autori. Con Southern Bastards nulla esiste se non ce lo inventiamo noi, non abbiamo una rete di sicruezza. Non devi preoccuparti di quello che fanno gli altri ma c’è più pressione su di te: non c’è nulla in quei fumetti se non lo scrivi tu. Mi piace poter fare entrambe le cose.

Su Star Wars ci dicevano sempre se c’era qualcosa da evitare perché in conflitto con i film. Lì i film guidano tutto, mentre alla Marvel ne siamo consapevoli ma nulla più. Lavoro con loro da diverso tempo e mi lasciano fare il mio lavoro. Vogliono solo raccontare una buona storia.

thor femmina donna jason aaron

Come te la sei passata con le controversie sul Thor donna?

La gente era arrabbiata, ognuna aveva un motivo per esserlo. Quando maneggi un personaggio che è in giro da così tanto tempo ci sarà sempre una reazione forte quando cambi qualcosa, questo lo capisco. Nella mia mente però non stavamo cambiando gli elementi che rendono una storia una buona storia di Thor. Tutto quel che riguarda Jane Foster affonda le radici negli inizi del personaggio. L’idea del martello, la promessa della trasformazione, la stessa Jane.

L’altra lamentela aveva a che fare con il fatto che Thor fosse donna. Bene, possono dire quello che vogliono. Riesco instantemente a capire se chi mi sta urlando contro su Twitter ha davvero letto il fumetto o ha solo visto una vignetta online. Quindi, se nemmeno leggi Thor, che ti importa? Non lo leggerai comunque, perché prendersela tanto?

Quando Walt Simonson ha trasformato Thor in una rana nessuno si è arrabbiato.

Allora, la cosa più bella che Walt Simonson abbia mai fatto per me è stata quando annunciammo Jane Foster come la nuova Thor, ancora prima che il fumetto uscisse, e la gente stava dando di matto. Walt aveva letto qualcuno lamentarsene su un forum di Thor. Io e lui non ci eravamo mai parlati e ci eravamo incontrati brevemente solo una volta, ma mi mandò una e-mail per dirmi che aveva letto le critiche e aveva riso perché aveva ricevuto le stesse lettere arrabbiate all’epoca di Beta Ray Bill. Fu molto gentile da parte sua, non mi conosceva e non era tenuto a farlo.

Le recensioni le leggi? Che rapporto hai con il momento che segue la realizzazione del fumetto?

Ovviamente premi e buone recensioni sono gratificanti. Sono contento che questo sia il mio lavoro e che possa mantenermi scrivendo. Non lo do per scontato e ne sono grato ma, di nuovo, il mio lavoro è scrivere storie che vorrei leggere, quindi cerco di non farmi influenzare dalla gente che dice che quella è la miglior storia mai scritta o la peggiore, non cambia il mio lavoro. Non so come sia scrivere per gli altri. Trovo buffo quando la gente mi scrive dicendomi di non aver apprezzato la storia ed esaspera: «Tutti su Facebook la odiano, quindi tutto il mondo la starà odiando». No, significa solo che tu e i tuoi amici la odiate, ma potrebbe non essere vero per gli altri.

La roba che produco per la Marvel ha un pubblico ampio, vogliamo essere inclusivi e avere un pubblico quanto più diverso possibile. Detto questo, non puoi piacere a tutti e certamente non puoi essere premeditato in quello che fai. Devi solo mostrare il tuo lavoro al mondo e sperare per il meglio. A volte verrai sorpreso dalle reazioni positive, altre da quelle negative. Ma, no, niente cambierà mai ciò che farò nel numero successivo. La storia deve essere la storia.

doctor strange jason aaron

Una delle tue più grandi ispirazioni è tuo cugino Gustav Hasford, autore di Nato per uccidere, dal quale Stanley Kubrick ha tratto il suo Full Metal Jacket e a cui hai anche dedicato un blog celebrativo. In che modo ti ha influenzato?

Bella domanda. Ero un ragazzino quando l’ho conosciuto, quindi non è che abbiamo avuto discussioni molto profonde. Era un tipo eccentrico e interessante. Da piccolo sapevo già di voler diventare uno scrittore. Conoscere Gus mi sembrò una cosa magica, era qualcuno che scriveva di mestiere, raccontava storie per vivere. Ero in estasi quando stavo con lui.

È morto prima che fossi abbastanza grande da poter fare discussioni intelligenti con lui, ma ho speso un sacco di tempo a fare ricerche sulla sua vita e a incontrare suoi amici e commilitoni. L’ho idolatrato, ma lui era anche una persona finita fuori controllo, che non si è presa cura di sé fisicamente. Viaggiava per il mondo, aveva una collezione di libri enorme, ma è morto troppo giovane, non ha prodotto abbastanza materiale, non quanto ti piacerebbe lasciare in eredità.

Da una parte c’è l’idea dello scrittore come artista, dall’altra il fatto che è anche un lavoro. Ho moglie e figli, ci deve essere un equilibrio tra le due cose. Amo scrivere e lo farei anche gratis, l’ho fatto gratis per anni, ma i miei figli hanno fame se non li nutro, crescono dentro i loro vestiti. Devi trattarlo come un lavoro se vuoi fare carriera. Quello del fumetto è un settore spietato, e gli albi escono in ogni caso. Se non consegno le sceneggiature per Thor, la Marvel troverà qualcuno che lo farà al posto mio, e anche se scriverò Thor per dieci anni, a un certo punto lo lascerò e qualcuno porterà il personaggio da un’altra parte, che è comunque una cosa buona.

Ho visto che hai un tatuaggio con scritto “Work in progress”. Pensi mai al tuo posto nel settore? Ti senti un “lavoro in corso”?

Non voglio perdere tempo a rileggere le cose che ho scritto. Sono sempre concentrato su quello che sto facendo al momento. Il mio lavoro preferito è quello che scriverò la prossima settimana, non quello che ho davanti. Sono entusiasta dei fumetti che sto scrivendo, penso di essere in una posizione privilegiata, essendo in grado di fare quello che voglio. Cerco sempre di rimanere concentrato senza pensare: «Beh, ero più bravo cinque anni fa». Cerco di migliorare.

Guardo le cose che producono gli altri scrittori, che lavorano da molti più anni di me. Rispetto a loro sono ancora un novellino, sto ancora capendo come fare al meglio questo mestiere. Non voglio arrivare al punto di pensare: «Okay, ho capito, penso di sapere cosa sto facendo, ho scritto questa cosa e alla gente è piaciuta, la rifarò uguale». Voglio fare cose diverse, cose che non ho mai fatto prima, affrontare sfide nuove. È l’unico modo per rimanere freschi e creativi.

southern bastards jason aaron

Immagino che non ci siano fumetti che non scriveresti. Abbiamo scommesso su questa risposta.

Ah, beh, allora voglio sapere che cosa avete scommesso.

Pensiamo che scriveresti di tutto. In senso buono, perché si vede che ami questo lavoro.

Credo che ci siano cose che non scriverei. Però niente che mi venga in mente al momento… Ci sono un sacco di cose che vorrei scrivere. Come lettore, amo i kaiju e Godzilla. Mi piacerebbe scrivere un fumetto di Godzilla. Mi piace Conan, che è stato una grande influenza da ragazzo. E Zio Paperone.

Zio Paperone?!

Oh, sì, mi piacerebbe molto scrivere una storia di Zio Paperone.

Conan sarebbe perfetto per te, anche se forse sarebbe un po’ typecasting.

[ride] Sì, ma mi piacerebbe anche scrivere qualcosa per ragazzi. Ho molte idee per lavori creator-owned in generi diversi. Ho passato la maggior parte della mia carriera alla Marvel, e ne sono molto felice, ma ci sono molte altre cose che mi piace pensare sarò in grado di scrivere un giorno.

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