Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».
Questa settimana è nostro ospite Marco Tabilio, fumettista, illustratore, animatore. Classe 1987, si è formato presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna (fucina di talenti degli ultimi anni, per quanto riguarda il fumetto “d’autore”). Dopo avere partecipato a numerosi progetti indipendenti, fra i quali una mostra al Comicfestival 2014 di Amburgo e alcune autoproduzioni, Tabilio ha scritto e disegnato nel 2015 il suo primo fumetto lungo, Marco Polo, biografia romanzata dell’esploratore veneziano.
Ho scelto questa pagina tratta da Morte ai cavalli di Bladder Town!, fumetto indipendente di Alessandro Lise e Alberto Talami pubblicato nel 2010 per ernest. Nella tavola si vede Jesus Jones, un abitante di Bladder Town diventato matto a seguito della morte del suo cavallo, che mentre arrostisce uno spiedino di gufi sul fuoco sente un nitrito familiare, è lo spirito del suo cavallo che gli parla… Solo a riassumerla, questa pagina è una meraviglia! Lo spiedino di gufi è probabilmente uno dei motivi che mi ha portato a sceglierla!
Morte ai cavalli di Bladder Town! è una specie di western. A Bladder Town tutti si chiamano Jones, ci sono i cactus e i cavalli, c’è la bella Violett, suo padre parla solo citando versetti di ipotetiche sacre scritture, c’è il perfido Edgar J. Tuna e c’è il limite Wölflin.
Non è un fumetto che mi ha cambiato l’infanzia perché li ho conosciuti allo scorso Treviso Comic Festival allo stand di Beccogiallo; loro come me hanno collaborato con Becco Giallo. Mi hanno conquistato, sono stati la scoperta di quest’anno. Ci siamo rivisti a Lucca Comics, dove mi è stato dato Bladder Town!. Sono un duo fenomenale. Nei loro fumetti la sperimentazione visiva e linguistica, fatta con una libertà senza confini, è al servizio della storia. La narrazione è buffa, un po’ malinconica, molto umana.
Anche se a un occhio disattento può non sembrare, secondo me hanno una considerazione altissima di quello che fanno – e lo fanno al meglio – e una grande stima del lettore, che trova davvero del fumetto puro da godere pagina per pagina (non fatto di splash spettacolari) a gradazione massima. Da autore, del loro modo di raccontare sento vicino un misto di tenerezza e perplessità che vedo in certi loro personaggi.
Ti sono sembrati coerenti nel loro lavoro autoprodotto rispetto ai lavori che hanno pubblicato per gli editori tradizionali, dove a volte si devono fare altre scelte per andare incontro a un pubblico più ampio?
Sì, molto coerenti. Come accennavo, secondo me hanno rispetto e affetto per il loro lavoro e per chi li legge. Rispetto e affetto significa proprio il contrario di scegliere soluzioni semplici e accattivanti per venire incontro al pubblico. Significa raccontare quello che si vuole raccontare, nel modo migliore possibile.
Delle storie di Lise e Talami fatte per Beccogiallo ho letto per ora solo Quasi quasi mi sbattezzo (molto bello) e la storia breve apparsa sull’antologia La traiettoria delle lucciole; non ho avuto ancora l’occasione di leggere Saluti e bici ma rimedierò presto. Sicuramente per le cose fatte per Beccogiallo non hanno cambiato di una virgola quello che avevano intenzione di dire. C’è anche da dire che per quanto più allargato, il pubblico di questo tipo di editoria non sono milioni, ma centinaia o se va bene migliaia di lettori.
Per chiudere, visto che prima dicevi che questo NON è il fumetto che ti ha cambiato l’infanzia, ce n’è uno che invece l’ha fatto?
Non saprei. Leggevo avidamente roba Disney e mi ricordo un bellissimo Paperone di Don Rosa. E sghignazzavo sull’assurdissimo Pinky di Massimo Mattioli, letto a scrocco. Da adolescente sono passato a Bonelli: Dylan Dog, Dampyr, Tex. E avevo come molti una cotta per Gea di Enoch.