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La mia vita con Lloyd. Intervista a Simone Tempia

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In occasione dell’incontro organizzato dalla fumetteria Comics Corner di Genova abbiamo incontrato lo scrittore Simone Tempia, autore del recente volume Vita con Lloyd (Rizzoli Lizard) e curatore dell’omonima pagina Facebook. L’idea che mi sono fatto di Simone prima di incontrarlo era, naturalmente, sbagliata. Leggendo e rileggendo i dialoghi di Lloyd e del suo famigerato Sir intravedo, erroneamente, una pace che involontariamente migro sul suo autore.

Con Vita con Lloyd il nome di Simone Tempia è diventato iconico di un modo di raccontare la vita e i suoi momenti più o meno drammatici con un tono brillante e un approccio illuminante. Quando leggo i racconti mi immergo in questa sorta di universo filosofeggiante composto da haiku tutti contemporanei, e tutto sembra così chiaro da permettermi di immaginare un mondo senza problemi. Così, quando incontro Simone e mi ritrovo davanti a una persona leggermente agitata per l’imminente presentazione, quasi mi stupisco. Poi capisco.

Simone Tempia ha preso tutte le sue paure e i suoi dubbi e li ha trasformati in una sorta di costante e rigenerante confronto con se stesso, un luogo in cui condividere sensazioni e timori, una sorta di seduta psicanalitica racchiusa in una pagina Facebook in cui il lettore può facilmente ritrovarsi e risolvere indirettamente un po’ dei propri problemi.

Leggi l’anteprima di Vita con Lloyd

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Iniziamo con la fatidica domanda: alla fine l’assassino è il maggiordomo?

Sì, naturalmente. Il maggiordomo è una sorta di figura simbolica, tra cui un deus ex machina degli omicidi, e il fatto che Lloyd sia anche un assassino deriva dalla sua genesi. In Shining c’è un barista immaginario di nome Lloyd e il mio Lloyd nasce proprio da lì. È un personaggio positivo? No. Anche perché Vita con Lloyd è un libro molto malinconico, dietro a tutte le battute e lo humor un po’ british c’è questo concetto di una persona sola che affronta la sua solitudine con un amico immaginario. In pratica un modo per affrontare e risolvere i propri problemi, che, a volte, scompaiono nel momento in cui li stai raccontando.

E per te è catartico?

Assolutamente no! Tutto nasce dalla mia vita e dalle mie miserie quotidiane. Chi mi conosce può benissimo comprendere questo libro come un’autobiografia in forma di dialogo. Solitamente il punto centrale della situazione nasce dal presente oppure da un errore già compiuto. Non è particolarmente catartico, ma di certo il mettere le mani nei miei sentimenti per poter scrivere dei dialoghi è quello che in qualche modo mi ha permesso di conoscermi un po’ di più.

Mi ha incuriosito la scelta della figura del maggiordomo. Anche quando è rappresentata in una forma inquietante e oscura, come in Shining, oppure sarcastica (Invito a cena con delitto) è comunque una figura a suo modo rassicurante. C’è una scelta razionale in tutto questo?

Certo: voglio un maggiordomo vero. Visto che non posso permettermelo me ne sono fatto uno immaginario. Poi a un certo punto mi sono interrogato sul perché ci fosse bisogno di un maggiordomo e perché avesse avuto un così buon riscontro. La risposta che mi sono dato è che un maggiordomo è un genitore stipendiato. Questo ti aiuta a scaricarti la coscienza: tu stai stipendiando questa persona quindi mantieni una sorta di dignità e di indipendenza, ma al tempo stesso riesci farti aiutare senza sentirti in colpa.

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Come vivi il successo che Vita con Lloyd ha riscontrato su Facebook e non solo?

Io mi sento bene in Vita con Lloyd, mi permette di incontrare gente ed entrare in contatto con un numero altissimo di lettori. Quando mi sveglio alle sette del mattino e leggo i commenti dei miei lettori sono contento, perché sono in un luogo che mi si confà. Il successo non sono le migliaia di condivisioni e di like. Quello è importante, ma per me non fa la differenza. Quello che lo fa è che da quando ho creato la pagina non c’è stato un singolo commentatore che abbia detto una parola volgare. Molti sono arrivati a confidarsi.

Ma tu non senti una sorta di responsabilità in tutto questo?

Sì, moltissimo. La responsabilità che ho è che tutto quello che viene pubblicato nella pagina sia degno di attenzione. Così come mi sento responsabile del fatto che nel momento in cui questo maggiordomo non avrà più niente da dirmi dovrò farlo uscire di scena, senza creare un legame di dipendenza.

Ho notato che il tuo lavoro è quasi come un contenitore che avvolge più forme e immaginari. Partiamo dal fumetto e dall’illustrazione. Come gestisci questo aspetto?

Questo è un discorso importante. Io stimo tantissimo il mondo del fumetto. Chi fa fumetti per me è un artista, perché riesce a convogliare in un unico medium narrativo più elementi. Collaborare con i fumettisti, per me, significa arricchirmi. Quando qualcuno si propone o quando lo faccio io, mi viene sempre chiesto è se c’è una sceneggiatura e come rappresentare Lloyd. La mia risposta è sempre la stessa: non c’è alcun tipo di indicazione. Il motivo è semplice e risiede nella figura stessa di questo maggiordomo immaginario. Voglio che tutti, non solo i fumettisti ma anche i lettori, si approprino di Lloyd. Se lo faccio io in veste di autore sto privando i lettori di qualcosa di preziosissimo: il loro Lloyd, che non è mio.

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A proposito di fumetto, il libro contiene le illustrazioni di Tuono Pettinato. Come è stato lavorare con lui e quanto ha contribuito, se lo ha fatto, a migliorare il libro?

Collaborare con Tuono è stato facilissimo perché non l’ho praticamente sentito mai. Tuono ha fatto tantissimo perché il suo modo di lavorare al libro ha permesso di lasciare molto spazio alle parole, nonostante sia un artista talmente bravo da essere in grado di inglobare interi blocchi di narrazione. La sua discrezione nell’approcciarsi al volume ha contribuito tantissimo a rendere il libro qualcosa di bello.

Una vita senza Lloyd è possibile?

Certo! E non sarà brutta. Sarà una vita diversa, con meno feedback quotidiani, ma comunque credo che sarà divertente. Non voglio avere paura di restare senza il seguito che adesso caratterizza Vita con Lloyd, sarà una vita priva di certezze ed è giusto che sia così. Ogni tanto bisogna essere liberi di poter volare.

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