Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci presenta una tavola. E spiega le ragioni per cui vi è particolarmente legato, o cosa lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».
Questa domenica carteggio con Giorgio Fontana, penna de il manifesto, Internazionale, il Corriere della Sera, Pagina99, IL e Sole 24 ore, sceneggiatore per Topolino, saggista e romanziere. Il suo ultimo romanzo, Un solo paradiso, è uscito nel 2016 per i tipi di Sellerio.
Questo è Hardcore, un arco narrativo di Devil del 2003. Come mai lo hai scelto?
Il Devil di Bendis è un classico senza tempo, e Maleev è in forma strepitosa. Riesce a dare sempre una tonalità cupa e un po’ sgranata a ogni tavola, senza mai essere retorico o appesantire la narrazione. Questa tavola in particolare l’ho scelta perché è piuttosto raro vedere un supereroe Marvel fare qualcosa di tanto brutale a un nemico (nelle tavole precedenti Devil ha sovra-inciso con il sasso appuntito i cerchi sulla fronte di Bullseye). C’è veramente una rabbia primordiale, e viene sfogata apertamente. È una resa dei conti privata e feroce. E più di tutto, mi piace il modo in cui le tre vignette allargano lentamente il campo dal viso sformato dal dolore di Bullseye al corpo di Devil, teso, il sasso in mano – con i balloon che passano dal grido alla voce più bassa, in perfetta coerenza con l’immagine. Poi nel il resto della tavola si apre tutto, e c’è quella cura del dettaglio tipica di Maleev: guarda che belle le scale sulla destra, per esempio.
Ma anche come dispone i membri dell’FBI alla spicciolata. Sembrano l’amico che ti raccoglie dopo uno sfogo violento. O il rumore visivo che Maleev inserisce, un continuo nevischio nero che rende anche i momenti felici di una desolazione abbacinante.
Esattamente – il “nevischio nero” è proprio quello che intendevo parlando della grana delle tavole di Maleev.
È il ciclo che preferisci di Devil?
È il mio ciclo di Devil preferito, sì. Lo trovo veramente straordinario sia per il plot che per il tormento interiore di Murdock (la storia con Milla, poi, è straziante). Lo rileggo spesso. Ma sono un grande fan anche della run successiva, quella di Brubaker e Lark: non era facile gestire quell’eredità, ma l’hanno fatto alla grande.
Editorialmente parlando, Devil è uno dei personaggi più fortunati: dagli anni Ottanta a oggi ci sono solo un paio di gestioni bruttarelle, un lusso di cui non tutti i personaggi seriali possono vantarsi. Secondo te cosa lo ha reso così “a prova di sceneggiatore” rispetto ad altri? Personalmente lo imputo al fatto che sia rimasto nella sua – relativa – nicchia.
Sì, credo anch’io che il fatto di essere un personaggio più defilato possa avere aiutato a gestirlo con maggiore polso, e insieme una buona dose di libertà espressiva. Ma forse c’è anche qualcosa di magico in lui, qualcosa che spesso risveglia le energie migliori di chi si trova a scriverlo. È un personaggio stupendo, tormentatissimo, e per di più con un lavoro quotidiano di spessore – e nel campo della giustizia. È come se difendesse i deboli 24 ore su 24, spesso dimenticando di difendere se stesso. Nessun altro ha questa combinazione esplosiva.